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AZIENDA ITALIA A COLLOQUIO CON LE FORZE POLITICHE PER IL RILANCIO DEL PAESE

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Mentre a villa Pamphilj continua la serie di incontri del Governo con i rappresentanti delle istituzioni e delle parti sociali per un confronto sui progetti di rilancio del Paese, parallelamente in maniera senz'altro più snella si sta muovendo un insieme di imprenditori che durante il lockdown, per far fruttare la stasi che ha bloccato l’Italia, ha creato un’associazione senza scopo di lucro finalizzata a rimettere al centro le istanze del mondo del lavoro, senza lasciare nessuno indietro. Non solo imprenditori quindi ma anche lavoratori autonomi e dipendenti, artigiani e commercianti nonché ricercatori e studenti, categorie queste ultime delle quali ci si ricorda solo quando si cercano protagonisti per nuovi slogan.
Azienda Italia il nome scelto, a richiamare la spina dorsale che tiene insieme il tessuto produttivo del Paese: le aziende appunto, dalle pmi alle realtà industriali. Il lockdown visto come occasione di “studio matto e disperatissimo”, ma non per rovinarsi la salute come fece Leopardi bensì per definire un piano strategico di azione da qui al 2050, che può riassumersi nella contrapposizione lavoro vs aziendalismo, costo vs investimento. Dopodiché, non appena sono stati autorizzati gli spostamenti tra regioni, la presentazione della strategia a quante più persone possibili, attività che ha fatto registrare già oltre 500 iscrizioni.
“Portare al centro del dibattito politico il mondo del lavoro, questo l’obiettivo. In parole povere, un cambio di paradigma: non dare soldi sulla base di un assistenzialismo già sperimentato al Sud ma investire nel territorio; non percettori di reddito di cittadinanza che trascorrono otto ore in casa senza far nulla ma lavoratori dediti a un’attività vera che nelle stesse ore sul posto di lavoro possano anche imparare e vivano l’esperienza come formativa”, così spiegano il presidente e responsabile delle relazioni istituzionali Karim Shahir Barzegar e il vicepresidente e segretario Andrea Minazzi. Entrambi sono spesso a Roma per incontrare esponenti di Governo, politici, imprenditori e sottoporre loro il piano strategico, al fine di suggerire politiche di coesione che favoriscano la creazione di valore e prosperità per la comunità nonché di rivalutare l’impresa come bene sociale al servizio di una collettività cui restituire opportunità equamente distribuite ed accessibili e un sistema meritocratico che finalmente assegni all’Italia il ruolo di leader innovativo, culturale ed imprenditoriale. Come trasformare il reddito di cittadinanza in lavoro desiderabile? “Con interventi sul costo del lavoro e sul cuneo fiscale: pensiamo all’abbassamento Irpef al 22% in tre anni per i redditi fino a 28.000 euro e alla riduzione del costo fiscale e previdenziale a carico delle imprese, fino a 750 euro al mese, per i lavoratori fino a 35 anni e oltre i 55 per 5 anni dall’assunzione. Se riflettiamo sulla recente crisi generatasi dal Covid-19, un cassintegrato perde fino al 40% della capacità di spesa, con una ricaduta su tutta la filiera”. 5 gli anni di durata per le misure più urgenti, quei 5 punti che nel piano strategico vanno immediatamente attuati, nei primi 100 giorni del dopo-pandemia.
Ed ecco quindi, non esaustivamente, che di questa strategia immediata fanno parte il sostegno all’export, con una logica consortile per le aziende produttrici che volessero dotarsi del marchio Made in Italy, credito di imposta fino al 15% del fatturato export certificato e la partecipazione da parte di Stato e/o regioni alle spese di promozione, non tralasciando una certificazione obbligatoria per i prodotti di manifattura estera se in presenza di analoghe produzioni italiane; nel turismo, un credito di imposta per 5 anni pari al 15% del totale sostenuto per villeggiare in Italia e del 10% per i successivi 5; la liberalizzazione delle fasce orarie per commercio, artigianato e pmi con detassazione fino al 100% di straordinari, lavoro notturno e festivo e sostegno all’occupazione in attività aziendali artigiane con Irpef agevolata al 15% per 5 anni in favore di neoassunti con contratti di formazione e bonus contributivo fino a 750 euro per tre anni; incentivi agli investimenti come il salvataggio d’impresa con investimenti diretti, detassazione totale di tutti gli utili reinvestiti negli anni successivi e detrazione degli investimenti per rinnovo, digitalizzazione, ricerca, innovazione, fonti rinnovabili fino al 95% per 5 anni e fino al 50% per i successivi 5 e detrazione fiscale fino al 95% per gli investimenti esteri e nazionali in startup che reinvestano gli utili o li redistribuiscano a soggetti domiciliati fiscalmente in Italia. E ancora, mutui prima casa garantiti dallo Stato fino al 130% del valore di rogito, con l’eccedenza utile alla riqualificazione energetica; ugualmente, garanzia da parte dello Stato fino al 100% su finanziamenti a privati; azzeramento imposta di registro e ipotecaria per la prima casa per gli under 35. Provvedimenti urgenti per una ripartenza e un assestamento più solido, da cui si dipanano più lontano nel tempo quelli al 2050, che vertono su temi caldi quali scuola, sanità, benessere sociale e carcerario, infrastrutture, agricoltura, revisione del codice degli appalti, attrazione investimenti esteri e rientro delle produzioni in Italia, immigrazione, ricerca; ma anche progetti quali “Roma 2050”, per restituire alla capitale il ruolo di motore economico e biglietto da visita dell’Italia. Se non sarà indetto prima un Giubileo straordinario, il 2050 sarà anno giubilare e Roma sarà di nuovo ancor più sotto gli occhi del mondo intero: il piano prevede proposte articolate su turismo, cultura e servizi correlati.
Ovviamente, parlare di rimettere al centro il mondo del lavoro fa subito venire in mente il sindacato. Com’è intesa la relazione con le parti sociali? Il presidente Barzegar e il segretario generale Minazzi spiegano la natura del rapporto: “Una collaborazione. Esiste ancora il retaggio culturale per cui tra aziende e sindacati gli accordi si raggiungono con un do ut des, qualcosa in cambio di qualcos’altro: questa antiquata visione è uno dei mali dell’Italia. Va perseguita la prosperità dell’azienda che è anche quella del lavoratore e viceversa. Invece non si esce da una idea del sindacato come corporazione e del capoazienda come padrone, con innumerevoli contratti nazionali che generano livelli e confusione”. E continuano con la generalizzata paura di esporsi: “L’inno di Mameli, l’inno degli italiani, recita ‘siam pronti alla morte’. Ma chi mai oggi lo direbbe? Nessuno. Regna disillusione, per cose molto minori di quelle che accadono qui la gente in altri Paesi scende a protestare in piazza. In Italia c’è tanta genialità quanto lassismo. Per questo bisogna riformare il sistema scolastico, dal quale poi si genera una bassa qualità dell’elettorato. Bisogna poter garantire pari accessibilità alle opportunità e il decisore non può essere ignorante. Così come ci siamo ormai abituati alla bassa qualità dell’informazione”.
Una politica attenta al benessere collettivo e lontana dagli interessi di categoria, alla ricerca di un beneficio duraturo che ricada su tutti, questo auspica Azienda Italia. Come procede il dialogo con i rappresentanti politici? “I colloqui stanno andando molto bene, continuiamo a incontrare le forze politiche e con alcuni stiamo ragionando innanzitutto per portare sui tavoli del Governo le nostre proposte, che vorremmo presentare in maniera sintetica e propositiva senza la sterile critica all’azione perpetrata in questo momento. Speriamo e crediamo che gli incontri diventeranno più concreti a livello istituzionale. Cosa ci hanno detto? È difficile dire no a tali proposte, è chiaro che sono sempre migliorabili e vanno integrate in un programma di Governo o legislativo nazionale, ma riscuotono ovunque consenso”. Non sono solo idee. Sembra più di un manifesto, anche se ancora meno di un programma politico. Staremo a vedere. Intanto lancia un appello pubblico: “Secondo i nostri calcoli purtroppo avremo a settembre un milione e mezzo di disoccupati in più. Un disastro per il sistema-Paese, paragonabile al bilancio di una guerra. Per la ricostruzione del dopoguerra, chiamiamo a raccolta chi ha esperienza concreta nel rimettere in sesto l’azienda-Italia: civil servants che vogliano tornare a credere in un’Italia protagonista nel mondo”.

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