Coca Cola, MCdonald’s ed altri sponsor dell’Expo: è uno scherzo?
Contraddizioni dell’Expo 2015: una riguarda la convivenza di multinazionali come McDonald’s e Coca-Cola, sponsor dell’evento, con realtà che puntano sulla difesa della biodiversità e contro l’omologazione alimentare come Slow Food. In effetti è un bel colpo d’occhio per il visitatore che arriva all’Expò e magari trova anche i padiglioni vicini, soprattutto perché alcuni marchi hanno ben poco a che fare con i principi di qualità, salute ed eccellenza alimentare che ispirano l’Expo e la Carta di Milano
Expo Milano 2015. La prima sfida, quella dell’organizzazione, è stata vinta: adesso ci auguriamo che, placate le polemiche, saranno i contenuti i veri protagonisti dell’Expo. È un banco di prova importante per la città di Milano presa d’assalto dai visitatori dell’esposizione, ma è soprattutto un’opportunità per il futuro del nostro pianeta perché si discute del tema più importante di tutti: il cibo che mangiamo e l’impatto che ha sull’ambiente e sulle persone. «Nutrire il pianeta» non significa, infatti, soltanto scoprire le eccellenze provenienti da tutte le parti del mondo (anche perché per questo sarebbe bastata una fiera con ben altre ambizioni), ma investire energie fisiche, intellettuali e politiche per il miglioramento, interrogarsi sulle diversità, riflettere insieme sulle grandi problematiche dell’innovazione in campo alimentare, richiamare i Governi e le imprese alle proprie responsabilità per combattere gli sprechi ed educare i cittadini alla corretta alimentazione.
La vera sfida dell’Expo inizierà probabilmente tra sei mesi, quando le luci della ribalta si spegneranno e tireremo le somme, al netto di tutte le polemiche che hanno preceduto (e probabilmente accompagneranno) questo evento. Una di queste riguarda la convivenza di multinazionali come McDonald’s e Coca-Cola, solo per fare qualche nome (che tra l’altro sono sponsor dell’evento), con realtà che puntano sulla difesa della biodiversità e contro l’omologazione alimentare come Slow Food. In effetti è un bel colpo d’occhio per il visitatore che arriva all’Expo e magari trova anche i padiglioni vicini, soprattutto perché alcuni marchi hanno ben poco a che fare con i principi di qualità, salute ed eccellenza alimentare che ispirano l’Expo e la Carta di Milan, il documento che il prossimo ottobre sarà consegnato al Segretario dell’Onu Ban Ki-moon come eredità culturale dell’Expo Milano 2015. Non sono del tutto d’accordo, però, sul fatto che la loro presenza in un’esposizione universale sia controproducente o scandalosa.
La globalizzazione, d’altronde, è anche questo e non possiamo chiudere gli occhi ignorando la realtà che ci circonda; ciò che conta è che le multinazionali vivano l’Expo come un reale momento di confronto e non semplicemente una vetrina mondiale. Sarebbe una bella vittoria ottenere l’impegno del mondo delle imprese a un maggior dialogo con le associazioni dei consumatori, a etichette più chiare e leggibili e pubblicità con messaggi trasparenti, senza scritte in caratteri microscopici che possono ingannare i consumatori. Questa stessa trasparenza, d’altra parte, la dobbiamo pretendere anche a casa nostra. Un esempio? Nello spazio espositivo di Eataly, tra le eccellenze in vendita si trova naturalmente il foie gras, che come forse non tutti sanno si ottiene dalle anatre o delle oche (di sesso maschile) attraverso un’alimentazione forzata superiore ai reali fabbisogni. L’alimentazione forzata si ottiene introducendo con una sonda esofagea l’alimento direttamente nello stomaco degli animali. Questa tecnica in francese si chiama «gavage» che in italiano corrisponde a «ingozzamento».
In Italia l’allevamento degli animali attraverso l’alimentazione forzata non è consentito. Non è però proibito vendere e consumare il fois gras: tuttavia quello che lascia interdetti è la presentazione che ne viene fatta nei negozi Eataly dove si dice che si ottiene da animali «rustici» che vivono all’aria aperta, alimentati con mais no-ogm e che la lavorazione del fegato è fatta in modo tale da esaltarne il gusto.
Viene anche detto che l’alimentazione è forzata, ma lo si dice in francese ovvero «gavage». Forse non sono riusciti a trovare un termine in italiano adeguato, ma in ogni caso non ci sembra una comunicazione corretta per i consumatori; intendiamoci, ognuno di noi ha il diritto di acquistare gli alimenti che desidera, ma ha anche il diritto di sapere come sono prodotti, soprattutto se si tratta di alimenti ottenuti con tecniche che nel nostro Paese non sono consentite.
Insomma, l’Expo deve servire anche a richiamare le aziende ad una maggiore cultura della trasparenza, controlli e leggi adeguate da parte dei Governi e naturalmente sempre più spirito critico nei consumatori. Una cosa è nutrire il pianeta, come c’è scritto nel claim dell’Expo, ma con rispetto delle materie prime, dei consumatori e naturalmente del pianeta.
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