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ANTONIO TAJANI: TRASPORTI, REGOLE, DIRITTI E DOVERI AL SERVIZIO DEI CITTADINI

Vicepresidente della Commissione europea e responsabile per la politica dei Trasporti, Antonio Tajani ha una lunga esperienza nelle istituzioni europee. Tra i fondatori, nel 1994, di Forza Italia, da quello stesso anno fino al 2008 è stato deputato al Parlamento europeo, dove ha fatto parte di varie commissioni parlamentari: Esteri, Affari costituzionali, Trasporti e Turismo, Pesca, Sicurezza e Difesa. Eletto nel 1999 capo della delegazione di Forza Italia al Parlamento europeo e membro dell’ufficio di presidenza del gruppo del PPE e dei Democratici europei, ha fatto parte della Convenzione che ha elaborato il testo della costituzione europea, non adottata in seguito all’esito negativo dei referendum in Francia e in Olanda. Nel primo governo Berlusconi è stato portavoce del presidente del Consiglio. Laureato in Giurisprudenza nell’università Sapienza di Roma, come giornalista ha svolto vari incarichi: redattore de «Il Settimanale», conduttore del Giornale Radio1 Rai, responsabile della redazione romana de «Il Giornale», inviato speciale in Libano, in Unione Sovietica, in Somalia.

Domanda
. Può delineare un bilancio del lavoro svolto nell’ambito della Commissione europea?
Risposta. Il bilancio di un anno di attività è entusiasmante. Il risultato più importante che abbiamo ottenuto, in pochi mesi, è la riforma del sistema del trasporto aereo denominata Open Sky, basata sull’accordo intervenuto dopo decenni di trattative tra l’Unione Europea e gli Stati Uniti, ed entrato in vigore lo scorso settembre. L’intesa prevede una liberalizzazione dello spazio aereo sopra l’Atlantico e l’eliminazione di ogni tipo di limitazione per tutte le compagnie aeree europee e statunitensi. Ora gli aerei in partenza da qualsiasi località europea possono compiere voli intercontinentali in una sola o in entrambe le direzioni. Possono inoltre servire gli aeroporti dei due continenti in qualsiasi combinazione e ordine e, soprattutto, effettuare scali in qualsiasi punto.

D. E più in particolare che cosa prevede Open Sky?
R. Sopprime tutte le restrizioni applicate alle rotte, ai prezzi o al numero di voli settimanali, e consente a tutti i vettori europei di compiere trasporti internazionali partendo da qualsiasi Stato dell’Unione Europea e atterrando in qualunque aeroporto nordamericano, operazione finora non consentita. Le compagnie europee erano obbligate a far partire e atterrare i propri aerei solo nel Paese di appartenenza. Inoltre ora possono collegare città all’interno degli Stati Uniti, come già consentito alle compagnie americane nell’area UE. Nessun contraente potrà limitare unilateralmente il volume del traffico, la frequenza o la regolarità del servizio, né tantomeno il tipo di aerei impiegati dalla controparte. L’accordo rientra nella politica dell’Unione Europea diretta a creare, entro il 2010, uno spazio aereo comune nel quale rientrano, oltre agli Usa, i Paesi vicini del Mediterraneo e quelli più ad oriente. Considerando l’elevato numero di passeggeri che ogni anno si spostano da un continente all’altro, l’accordo dà vita al più grande mercato del trasporto aereo internazionale e comporterà enormi vantaggi per gli utenti. Liberalizzare tale mercato crea più concorrenza, più scelta e, inevitabilmente, una maggiore riduzione dei prezzi.

D. Quando avverrà tutto ciò?
R. Open Sky dovrebbe essere attuato nel 2011, quindi spero che tutti gli Stati membri, ai quali ho inviato una lettera per accelerare i tempi, accettino la mia proposta. La riforma avvantaggerà i cittadini perché abbasserà il costo dei biglietti, abbrevierà le tratte, ridurrà i tempi, il carburante necessario e l’emissione di anidride carbonica, stimolerà lo sviluppo della tecnologia europea con il progetto Sesar di un unico sistema di controllo del traffico aereo, quindi aumenterà la sicurezza. Saranno ridisegnate le tratte, eliminando gli zig-zag e riducendo di 100-150 chilometri la lunghezza di ciascuna.

D. Che cosa cambierà nei sistemi di controllo del traffico aereo?
R. Dai 27 oggi esistenti si passerà a uno solo. Lo giudico un grande risultato a favore della sicurezza, dell’ambiente e dell’economia, e ne sono veramente fiero. Nascerà inoltre, in Europa, un nuovo modello di compagnia aerea. Non vi saranno più società di Stato i cui dissesti sono pagati dai cittadini: saranno private, secondo il modello usato dalla greca Olympic Airways e, più recentemente, dall’Alitalia. Adottare queste soluzioni in un momento di crisi economica è un fatto positivo. Inoltre, sempre nel settore del trasporto aereo, abbiamo varato nuovi e importanti regolamenti sul funzionamento degli aeroporti e sui diritti dei passeggeri.

D. E nel trasporto marittimo?
R. Abbiamo approvato un «pacchetto marittimo» sul quale il Parlamento, la Commissione e il Consiglio europei discutevano da anni; prevede ulteriori garanzie per i viaggiatori e per le compagnie di navigazione, maggiore sicurezza, misure per individuare le responsabilità in caso di incidenti, azioni contro l’inquinamento. Tutti i sistemi di trasporto dovranno avere norme analoghe per la tutela dei passeggeri.

D. E per la sicurezza ferroviaria?
R. Abbiamo tenuto lo scorso mese a Bruxelles una conferenza in cui il ministro dei Trasporti Altero Matteoli è stato tra i principali relatori. Sebbene il livello di sicurezza esistente è già elevato, la recente tragedia di Viareggio ci insegna che la liberalizzazione del servizio impone la massima attenzione. L’Unione Europea ha solo il potere di regolamentare la materia, ma io mi batto perché l’Agenzia europea abbia più poteri, analogamente a quelli, non soltanto regolamentari, delle Agenzie per la sicurezza del trasporto marino e aereo.

D. Sono previste altre iniziative nel settore dei trasporti?
R. Ho avanzato varie altre proposte e potrei elencare numerosi risultati nel settore delle reti transeuropee. Tra essi, la deroga per i finanziamenti italiani relativi al traforo del Brennero; l’ammodernamento della Stazione Tiburtina di Roma; gli interventi per la linea Berlino-Palermo, per il cosiddetto «corridoio 24» e per il nodo di Torino. Ho cercato anche di contribuire allo sviluppo delle infrastrutture.

D. Quali previsioni fa per lo sviluppo futuro del sistema dei trasporti?
R. Abbiamo cominciato a mettere le basi per un nuovo concetto delle reti transeuropee, al servizio del mercato interno europeo. Ritengo necessario aggiornare il progetto politico di apertura verso il Sud e l’Est, argomento di discussione con il Governo italiano nella grande conferenza di questo mese a Napoli, con la partecipazione di numerosi rappresentanti dei Paesi africani e dell’Europa dell’Est anche per intravedere nuove interconnessioni tra reti europee e africane. Trasporti e infrastrutture saranno determinanti per la crescita economica e la stabilità politica dell’Africa. Dobbiamo competere con la Cina, il Brasile, l’India, che sono e vogliono essere presenti nel Continente africano, diventato un immenso mercato. Dobbiamo partecipare a questa sfida cercando di essere protagonisti. Finora abbiamo guardato troppo ad Est e poco a Sud, dobbiamo recuperare il terreno perduto.

D. Quali effetti produrranno i nuovi rapporti con la Libia?
R. Le iniziative intraprese dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi avvantaggiano tutta l’Europa, perché dobbiamo ricordare che il presidente libico Gheddafi è il leader non solo di questo Paese ma anche dell’Unione africana. Berlusconi gli ha dato dell’Europa un’immagine diversa dal passato: quella di un continente che non vuole colonizzare l’Africa, ma che si mette nei panni degli africani. Nei miei viaggi in quelle aree ho raccolto segnali positivi. Lo sviluppo di quei Paesi è legato soprattutto alla realizzazione di infrastrutture; possiedono le necessarie disponibilità finanziarie, ma occorre chi le realizzi. Gli europei hanno le carte in regola per farlo. Dobbiamo contribuire alla stabilità politica dell’Africa, vi sono ancora troppe situazioni instabili in Somalia, in Eritrea e altrove.

D. Ma che cosa in particolare l’Europa dovrà e potrà fare?
R. Il vero nodo da incidere è la povertà; l’Europa oggi fa molto, ma dovrà fare di più. Se nei prossimi anni non aiuteremo l’Africa a raggiungere la stabilità politica e ad avviare la crescita economica, nei prossimi decenni milioni di africani si sposteranno nel Nord Africa e poi in Europa. La ricetta basata sulla realizzazione di infrastrutture e trasporti è fondamentale per affrontare e risolvere questo problema. L’Europa sta investendo, ma occorre anche una presenza politica, un coordinamento da parte della Commissione europea. Alla conferenza di Napoli gli africani non partecipano da osservatori, ma da protagonisti.

D. Questa è la linea strategica; ma nella pratica?
R. Diffonderemo un documento sul futuro della politica dei trasporti in Europa che ho già presentato al Parlamento e alla Commissione. In materia esiste il «libro bianco» predisposto dal precedente commissario Loyola de Palacio, valido fino al 2010, che dobbiamo aggiornare per il periodo 2010-2020. All’ordine del giorno figura anche il problema della riduzione dell’inquinamento, che non può essere disgiunto da quello della competitività delle aziende; ritengo possibile attuarla salvaguardando contemporaneamente quest’ultima. Lo scorso settembre al Parlamento europeo è stato presentato un piano urbano per il trasporto nelle città e sono in atto una serie di iniziative, ad esempio sulla sicurezza stradale, che è una delle priorità perché al centro di ogni nostra azione deve esserci il cittadino.

D. Ritiene che si possa decongestionare il traffico nelle città?
R. A tal fine stiamo lavorando sui sistemi di trasporto intelligenti ITS, argomento esaminato dal Consiglio informale dei ministri dei Trasporti che si è tenuto a Stoccolma. Decongestionare significa anche ridurre l’inquinamento e, attraverso una serie di informazioni, aumentare la sicurezza stradale. Più informazioni si hanno, più si viaggia sicuri, fermo restando che non bastano i mezzi di trasporto intelligenti in quanto servono anche conducenti intelligenti; se chi guida non lo è, non basta il mezzo cosiddetto intelligente.

D. E sulle «stragi del sabato sera»?
R. Abbiamo tentato di stabilire un tasso alcolico massimo uguale in tutta Europa, ma non si è trovato l’accordo. Lo stesso avviene, a causa degli egoismi degli Stati, sulle infrazioni compiute dai conducenti transfrontalieri: io insisto, ma trovo resistenze di tipo giuridico sulla possibilità di far pagare le sanzioni a chi, avendo una targa straniera, attraversa con il semaforo rosso, supera le velocità consentite, guida senza cintura o in stato di ebrezza. Non accetto che un pirata della strada in Italia possa farla franca solo perché ha una targa francese o di un altro Paese. Purtroppo gli Stati membri pongono una serie di problemi giuridici e respingono le normative comunitarie nel timore che pregiudichino le prerogative statali. Non vogliamo togliere nessuna prerogativa, solo salvare vite umane.

D. A che punto è il progetto Galileo?
R. Stiamo incalzando l’Agenzia Spaziale Europea affinché siano rispettati i tempi di realizzazione del grande sistema europeo che permetterà all’Europa di competere con il GPS americano e con quelli russo e cinese. Galileo costituisce una grande sfida per la tecnologia e la ricerca europea e consentirà di fornire ai cittadini una serie di nuovi servizi. Una base del sistema è situata in Italia, nel Fucino. Occorre ancora tempo, forse il completamento avverrà nel 2015. Spero che a tal fine siano determinanti i prossimi cinque anni di lavoro della Commissione europea.

D. È adeguata l’informazione in Italia sull’attività delle istituzioni europee?
R. No. La gente spesso le confonde. Le principali sono la Commissione, il Consiglio e il Parlamento europei. Il Consiglio d’Europa non è un organismo comunitario. Dovremmo comunicare maggiormente con i giornali, ma anche questi dovrebbero essere più attenti e recettivi per quanto avviene in Europa. L’80 per cento della legislazione italiana è frutto dell’applicazione di normative europee, e nel Governo c’è anche un ministro per le Politiche comunitarie che ha il compito di far accogliere dal Parlamento direttive e normative europee.

D. Qual è il programma della nuova Commissione?
R. Mi auguro che svolga un ruolo politico energico per la crescita dell’Europa, per la definitiva uscita dalla crisi, per dare ai cittadini le risposte che gli Stati membri da soli non riescono a dare; che non sia il regno della burocrazia, che proponga idee e non solo sanzioni, che risolva in anticipo i problemi con il dialogo e il confronto, senza polemiche. La Commissione europea non è nemica degli Stati membri, deve solo far rispettare, con modi intelligenti, i trattati e le normative europee. Nessuno dei suoi commissari deve operare a vantaggio esclusivo del proprio Paese.

D. Sull’immigrazione si è raggiunto un accordo?
R. Il vicepresidente Jacques Barrot, commissario per Giustizia, Libertà e Sicurezza, competente per l’immigrazione, sta esaminando alcune proposte. Qualche settimana fa abbiamo stanziato 614 milioni di euro per l’accoglienza dei rifugiati politici da parte di 10 Stati membri. Inoltre il programma di Stoccolma, presentato dalla Commissione europea, prevede fermezza e nello stesso tempo solidarietà, rispetto dei diritti umani e il rafforzamento di Frontex, l’agenzia incaricata della difesa delle frontiere esterne europee e del riaccompagnamento degli immigrati irregolari a casa loro. Barrot ha accettato la mia proposta di istituire una sezione di frontiera dedicata al Mediterraneo; la Commissione europea ha compreso che deve essere solidale con i Paesi maggiormente esposti all’immigrazione, Spagna, Francia, Italia, Malta e Grecia. I premier Silvio Berlusconi e Josè Zapatero hanno ragione nel chiedere «più Europa», perché l’immigrato, regolare, irregolare o rifugiato politico, giunge in questi Paesi sia per restarvi sia anche per recarsi in altri. Per fronteggiare il fenomeno diventa indispensabile, pertanto, una maggiore solidarietà europea.

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