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Le professioni per l'Italia. Aziende e professionisti schiacciati dal fisco

Maurizio de Tilla e Anna Maria Ciuffa

Si parla sempre di evasori e di corrotti, mai di contribuenti onesti; ora si propone un «plauso» a questa benemerita categoria. Avevamo già avanzato un’analoga richiesta: un bollino blu premiale.

Molte aziende sono in deficit in quanto oberate di imposte. Per ogni 10 euro guadagnati, 6,5 euro vanno allo Stato. Il total tax rate per l’anno 2014 si è attestato al 65 per cento. Ben più basso è il prelievo fiscale in Germania (48,8) e Regno Unito (33,7). Senza considerare ordinamenti di particolare favore verso le imprese come quello della Croazia (18,8) e dell’Irlanda (25,9). Il tax rate gravante sulle imprese viene calcolato in percentuale sugli utili totali e comprende le imposte sul reddito, i contributi sociali e previdenziali, le tasse sui dividendi e sul capital gain, nonché le tasse su rifiuti, veicoli che bisogna superare per essere in regola con l’Erario. Le aziende italiane impiegano in media 269 ore all’anno.


Imprenditori e professionisti sono, quindi, tartassati dal Fisco con astronomiche percentuali di imposizione fiscale che non hanno uguali nel mondo. Qualcuno ha denunciato anche una pressione fiscale superiore all’80 per cento. Lo sviluppo e la crescita sono inversamente proporzionali alla pressione fiscale. E in Italia si continua a non capire ciò. Tra Iva, 770 e modello unico vi sono oltre 400 scadenze da rispettare. Per gli anticipi subito un acconto superiore al 100 per cento per l’Ires e l’Irpef. La pressione fiscale non è più tollerabile. Gli onesti finiscono per pagare anche per i disonesti. Con l’assurdo che gli onesti vengono soggetti ad accertamento e perseguitati. Mentre i disonesti se la passano franca. Per costoro gli episodi di accertamento e sanzionamento sono isolati e riguardano una minima percentuale, con esclusione dei corrotti.


Intanto la delega fiscale ritarda i propri tempi e forse ha bisogno di una proroga. Fino ad oggi pochi sono i decreti giunti al traguardo della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. Tra gli altri, operativo è il decreto sulle semplificazioni e la dichiarazione precompilata, con tutti i connessi evidenziati inconvenienti. Pronte sono, altresì, le nuove misure sulla modifica della composizione e sulle funzioni delle Commissioni censuarie (nell’ambito dell’ampia riforma del Catasto). Intanto alcuni temi importanti non sono stati ancora affrontati. Come si è detto, le tasse esagerate finiscono per danneggiare la ripresa e vessare i cittadini. Ma ancor più grave è la burocrazia che è stata segnalata come la «tassa peggiore». Bisogna affrontare con immediatezza il tema della riforma della pubblica amministrazione. Più rapido e più lineare deve diventare l’avvio di un’impresa, il lancio di una nuova attività. La burocrazia con le sue stratificazioni lo impedisce.


In Italia occorrono mesi e mesi per aprire una nuova azienda. Nel Regno Unito bastano quattro giorni. E non va bene nemmeno il versante del contenzioso, vessato sotto l’aspetto contributivo. Per contenere il numero dei processi il Fisco ha elevato a livelli esagerati ed esosi il contributo unificato del giudizio amministrativo. Per un appalto del valore di un milione, servono 6 mila euro per il ricorso al Tar e 9 mila per il Consiglio di Stato. Fondata è, quindi, la protesta dell’Unione Nazionale avvocati amministrativisti che ha osservato che «visto che il margine di guadagno dell’impresa non supera il 5-6 per cento, cioè 50-60 mila euro, i costi rappresentano il 2-3 per cento del valore dell’appalto». In Francia, Svezia, Finlandia non è previsto alcun contributo. In Spagna è previsto un contributo fisso (di 300 euro per il primo grado, 800 per il secondo). È stata da tempo denunciata l’incostituzionalità della normativa che impone esosi e illegittimi contributi.


Si parla sempre di evasori e di corrotti, mai di contribuenti onesti; ora si propone un «plauso» a questa benemerita categoria: avevamo già da tempo avanzato un’analoga richiesta. Oggi è diventata attuale la proposta di introduzione di un bollino blu del contribuente con tanto di «certificazione di onestà fiscale» per cittadini, imprese e professionisti che consenta loro di accedere ad un regime premiale. Il veicolo da usare potrebbe essere proprio la delega fiscale.


La parte premiale potrebbe consistere, da un lato, nell’abbattimento delle imposte per un periodo di tre anni e, dall’altro, nella compensazione, anche parziale, dei crediti vantati nei confronti della P.A. con le somme dovute a titolo di imposte. Questi riconoscimenti sarebbero importanti. Ma quel che è ben più rilevante è l’attestazione che acquisirebbero moltissimi cittadini, professionisti ed imprenditori onesti.


L’imposizione Iva per i professionisti è, poi, illegittima. Si è fatto rilevare che l’Ordine degli avvocati di Parigi ha presentato ricorso al Consiglio di Stato francese, formulando una richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia europea al fine di verificare la compatibilità della Direttiva 2006/12, CE sul sistema unico di imposizione Iva con la Carta dei diritti fondamentali. Il caso è relativo al riconoscimento del diritto di ogni cittadino, anche non soggetto ad Iva, di dedurre l’imposta sui servizi legali ed altri servizi connessi, alle stesse condizioni di coloro che, invece, sono soggetti a tale imposta.

Tags: Luglio Agosto 2015 contribuenti professionisti professioni IVA Maurizio de Tilla corruzione fisco

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