una soddisfacente soluzione per gli ospedali psichiatrici giudiziari
Esprimo soddisfazione per la rapida approvazione del decreto legge che ha prorogato di un anno l’entrata in vigore della riforma che prevede il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari. Il Governo è stato costretto a prorogare questo termine perché non sono state ancora realizzate le strutture sanitarie, le cosiddette Rems che sostituiranno gli ospedali psichiatrici giudiziari e nelle quali saranno eseguite le misure di sicurezza.
Infatti le Regioni devono ancora completare i lavori di realizzazione delle nuove strutture e di riconversione di quelle preesistenti. E, con questo decreto legge, è stato imposto che queste opere vengano completate e che la riforma entri in vigore dal 31 marzo 2015. Per fare in modo che questo termine venga rispettato, il ministro della Giustizia ha già convocato i direttori degli ospedali psichiatrici giudiziari ed ha avviato un’attività di collaborazione e monitoraggio con la Magistratura di sorveglianza.
Inoltre con questo provvedimento è stata anche prevista, nel comma 2 bis, l’attivazione, presso il Ministero della Salute, di un apposito organismo di coordinamento del quale faranno parte i rappresentanti dei Ministeri della Salute e della Giustizia e quelli delle Regioni, e che avrà il compito di attuare uno stretto e continuativo coordinamento e monitoraggio delle iniziative per realizzare tutte le opere per il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari.
Comunque, se le Regioni dovessero continuare a ritardare i lavori per le nuove strutture, questo decreto legge prevede che il Governo potrà intervenire attivando i propri poteri sostitutivi anche con la nomina di un proprio commissario straordinario. Il decreto legge ha anche ribadito un altro fondamentale principio: quello secondo cui, nello scegliere quale tipo di misura di sicurezza deve essere applicata, il giudice deve tendenzialmente optare per le misure non detentive, ad esempio la libertà vigilata, considerando invece come residuale, come extrema ratio, il ricorso al ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario o in una casa di cura e di custodia.
Con questa norma, oltre ad affermare un principio di tutela della libertà dei cittadini, si intende contribuire a creare le basi per il definitivo superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari. Peraltro la legge di conversione del decreto legge non si è limitata a dettare questa norma e a prorogare il termine per l’attuazione della riforma, ma è andata oltre, introducendo una disposizione che rappresenta un basilare principio di civiltà giuridica. Mi riferisco a quella in base alla quale la restrizione all’interno degli ospedali psichiatrici giudiziari non può essere senza limiti di tempo, ma deve avere una durata massima non superabile, e questa deve essere pari al massimo della pena prevista per il reato che è stato commesso.
Fino ad oggi una persona poteva rimanere rinchiusa in un ospedale psichiatrico giudiziario a tempo illimitato. E questo anche se il reato che aveva commesso era di lievissima gravità. La vecchia normativa, infatti, prevedeva che la misura del ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario poteva essere disposta a condizione che fosse stato commesso un qualunque reato e che il colpevole fosse affetto da un’infermità mentale e socialmente pericoloso; per pericolosità sociale si intendeva, e si intende, la probabilità di commettere nuovamente un qualsiasi altro reato anche di lieve gravità.
A queste condizioni, in base alla vecchia normativa, anche per lievi reati si poteva rimanere rinchiusi in un ospedale psichiatrico giudiziario anche per tutta la vita, tanto che si parla di ergastolo bianco, con l’unico limite che il giudice doveva rigiudicare, ogni sei mesi, se la persona continuava ad essere socialmente pericolosa. Questo limite, relativo al dovere di rigiudicare ogni sei mesi la pericolosità sociale dell’internato, è il motivo per cui la Corte costituzionale aveva ritenuto legittima questa disciplina. Ma è evidente che si trattava comunque di una scelta legislativa assai discutibile proprio perché - trattandosi di persone affette da infermità mentale che difficilmente venivano curate e che quindi difficilmente cessavano di essere socialmente pericolose - poteva facilmente accadere che, anche per reati di lievissima gravità, rimanessero recluse negli ospedali psichiatrici giudiziari anche per molti anni, se non per tutta la vita, arrivando così, nella sostanza, a scontare pene detentive lunghissime, o addirittura una sorta di ergastolo anche per reati di lievissima entità.
Con questa legge, invece, si è sancito il principio che la restrizione negli ospedali psichiatrici giudiziari non può comunque superare una durata pari al massimo della pena prevista per il reato che è stato commesso. Si è anche precisato, però, che per quanto riguarda le persone che hanno commesso reati molto gravi, in particolare delitti per i quali la legge prevede la pena dell’ergastolo, esse dovranno rimanere negli ospedali psichiatrici giudiziari fino a quando continueranno ad essere socialmente pericolose.
È stato sancito, quindi, un significativo principio di civiltà giuridica cercando anche di contemperare, da un lato, la tutela della libertà personale e, dall’altro, la salvaguardia della collettività e della sicurezza pubblica. Da un lato infatti, nella consapevolezza che la restrizione all’interno degli ospedali psichiatrici giudiziari incide sulla libertà personale come una vera e propria forma di pena detentiva, è stato previsto che questa restrizione deve avere una durata massima e questa durata non può che essere rapportata alla gravità del reato desumibile dall’entità della pena per esso prevista dalla legge.
Dall’altro, per tutelare la collettività dinanzi a persone socialmente pericolose, si è previsto che questa durata massima debba essere uguale al massimo della pena anche se il fatto è di lieve gravità e che, per i delitti puniti con la pena dell’ergastolo, si possa rimanere ristretti negli ospedali psichiatrici giudiziari anche senza limiti di tempo. Questo perché, di fronte a persone che abbiano commesso reati particolarmente gravi, si è data giustamente prevalenza alle esigenze di tutela della collettività, anche perché si tratta comunque di reati per i quali la legge già prevede la pena dell’ergastolo.
di Cosimo Maria Ferri
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