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possibilità di tornare alle mutue. perché no?

Luigi Corazzesi Sanimpresa

Cassa sanitaria integrativa del Servizio Sanitario Nazionale fondata dalle parti sociali attraverso il contratto del commercio, Sanimpresa fu ideata, insieme a tutte le parti sociali del territorio, da Luigi Corazzesi, allora segretario della FILCAMS CGIL del Lazio del settore commercio, e inserita nei contratti di categoria. Sono trascorsi quasi 10 anni, la Cassa si è sviluppata ma l’attività svolta, cioè l’assistenza sanitaria e sociale alle categorie di riferimento, potrebbe avere bisogno di qualche aggiornamento in riferimento sia all’andamento della Sanità pubblica sia alla crisi economica in atto. Ne illustra i risultati, le prospettive ed eventuali riforme proprio Luigi Corazzesi, oggi vicepresidente.
 
Sanimpresa è stata realizzata nel 2003 per il mondo del commercio e successivamente sono stati sottoscritti i contratti dei settori del turismo e della vigilanza privata. Quindi in questi tre comparti vige l’obbligo di versare ad essa la quota prevista che è attualmente di 252 euro l’anno, corrisposti completamente dalle imprese, e per il settore della vigilanza privata di 207 euro. Sono già tre anni che il turismo e il commercio, seppur pagando di più, sono solidali con la vigilanza, garantendo le medesime prestazioni sanitarie pur fornendo, quest’ultima, una quota poco più bassa.
Sanimpresa è un’associazione non a scopo di lucro, registrata come associazione di diritto alla Prefettura di Roma e all’anagrafe dei Fondi sanitari contrattuali del Ministero della Salute. Da un lato può erogare le medesime prestazioni previste nei livelli essenziali di assistenza, quindi dal Servizio Sanitario Nazionale; da un altro i Fondi sanitari contrattuali che erogano le prestazioni previste dal Servizio sanitario nazionale sono obbligati a destinare il 20 per cento dell’intera spesa sanitaria a prestazioni di carattere sociale: fisioterapie, ospedalizzazioni domiciliari, odontoiatria, non autosufficienza.
Sanimpresa ha compiuto una scelta prima ancora che l’imponesse il Ministero, il suo Piano sanitario ha interpretato la volontà delle parti sociali. Perché si costituisce una Cassa quando con la riforma del 1978 è stato istituito un Servizio Sanitario universalistico? Noi siamo per la sua difesa assoluta, vogliamo essere soltanto integrativi. Partendo da questi principi abbiamo inserito nel nostro Piano il rimborso dei ticket e siamo intervenuti nelle prestazioni in cui esistono lunghe liste di attesa spesso incompatibili con lo stato di salute degli assistiti. È la ragione per la quale nasce un Fondo sanitario integrativo. Se il Servizio Sanitario Nazionale accolla i costi alle famiglie, queste pagano di propria tasca, per un’assistenza che esso non è in grado di garantire, 30 miliardi l’anno. Quindi 108/109 miliardi sono quelli spesi dallo Stato, 30 miliardi quelli che spende il privato.
Conoscendo le difficoltà economiche che attraversano il Paese e le famiglie, giunte al punto di domandarsi se andare al supermercato o in farmacia, c’è bisogno di Fondi che mettano le persone in condizioni di non sborsare somme di questa natura. Le parti sociali avevano già visto bene, all’inizio del 2000, nel costituire un Fondo. Quindi noi rimborsiamo tutti i ticket sanitari, fino a 700 euro all’anno ad ogni assistito, per tutti gli accertamenti diagnostici ed esami ematochimici. Riconosciamo nel nostro Piano sanitario tutta l’alta diagnostica radiologica nella quale si riscontrano le liste di attesa.
Una mammografia a Roma richiede un’attesa di 9 mesi; con il nostro sistema se si chiede oggi, si ottiene domani. Nell’alta diagnostica concediamo radiografie, tac, risonanza magnetica, tutte le prestazioni costose, tutti gli interventi chirurgici, i trapianti di organi; nella fase post operatoria dei piccoli interventi l’ospedalizzazione domiciliare, cioè le cure a domicilio come medico, infermiera, fisioterapista e medicinali; lo stesso nei 120 giorni dopo i grandi interventi. Inoltre tutte le visite specialistiche; la maternità viene inserita per gli accertamenti necessari al suo proseguimento.
Alle persone colpite da infortuni sul lavoro o da malattie invalidanti - sla, sclerosi multipla, Parkinson, ictus, infarto, malattie irreversibili ancora oggi perché manca la ricerca, rimborsiamo già da 4 anni 1.500 euro al mese per 5 anni, pari al costo mensile della badante compresi i contributi. Eroghiamo un pacchetto oncologico a domicilio e una quota per odontoiatria. Abbiamo modellato il Piano secondo le esigenze e secondo le difficoltà che ha la sanità nella Regione Lazio, con una vocazione fortemente inclusiva, contro forme di corporativismo. Abbiamo dato l’opportunità a tutte le categorie del mondo del lavoro, industria e artigianato, di aderire alle medesime condizioni di costo e di prestazioni.
Abbiamo dato la possibilità all’iscritto di inserire il proprio nucleo familiare con un costo per il primo familiare di 252 euro come l’assistito, per poi scendere, e più la famiglia è numerosa meno paga. È una formula diversa dal sistema assicurativo perché noi applichiamo il massimale familiare per ciascun componente. Per i grandi interventi manteniamo la copertura di 110 mila euro per ogni componente della famiglia: nel sistema assicurativo i 110 mila euro si dividono con tutto il nucleo familiare. Abbiamo aperto la possibilità di iscriversi alle aziende del settore commercio e turismo, ai titolari di piccole e medie imprese e al loro nucleo familiare.
Quando si va in pensione e si potrebbe aver bisogno di maggiore assistenza, diamo l’opportunità di rimanere iscritti alla Cassa fino all’ottantesimo anno di età. Un esempio: il pensionato costa attualmente alla Cassa il 780 per cento di quello che egli versa a noi annualmente; se paga 100, essa ne spende 780. Abbiamo dovuto costruire questo modello di solidarietà perché il pensionato da solo non reggerebbe o farebbe affondare la Cassa. Abbiamo costituito un fondo di solidarietà tra le generazioni: la Cassa accantona ogni anno 4 euro per ogni iscritto; essendo questi 83 mila, accantoniamo dai 320 ai 350 mila euro all’anno. Per consentire alla Cassa di conseguire il pareggio, quest’anno il pensionato, anziché 320 euro, ne avrebbe dovuto pagare 2.200/2.300.
Certo, questo accantonamento di solidarietà tra le generazioni non può essere usato per tutti gli attuali pensionati, altrimenti per il futuro non resterebbe nulla per i giovani. La Cassa ha una vocazione solidaristica aperta a tutti. Pur pensando che vada riformata, riteniamo che sia una delle Casse «uniche» in Italia specialmente a livello territoriale. È nata prima dei Fondi nazionali da un’intuizione delle parti sociali di Roma e del Lazio già dalla metà degli anni 90. Da quando fu varata la riforma delle pensioni, la nostra riflessione fu che, se il sistema previdenziale non avrebbe retto, quello assistenziale non sarebbe andato meglio. Nel 1995 si pensò di costituire un Fondo integrativo poi realizzato nel 2003. Oggi riteniamo che bisogna compiere ulteriori passi avanti.
Il primo deriva dal fatto che fino ad oggi siamo costretti ad avere convenzioni solo con cliniche e laboratori privati. A Roma abbiamo 400 strutture convenzionate, 4.000 in Italia e poi in tutto il mondo: chiunque si reca in un altro Paese trova l’assistenza. Per gli Stati Uniti occorre una polizza sanitaria, la nostra copre anche quell’esigenza. Abbiamo due obiettivi in prospettiva: cercare - ancora non vi sono riuscito ma non desisto, di ottenere convenzioni in «intra moenia» con le strutture ospedaliere, perché, se a Roma rimborsiamo 5 milioni di euro, vanno solo a cliniche private e a laboratori di analisi. Nell’ospedale si pratica l’intra moenia, oppure se il medico da esso dipendente compie un intervento chirurgico in una clinica privata, parte del compenso va a lui e parte alla struttura ospedaliera; è un sistema che non si capisce. Quali interessi ci sono dietro? Interessi di potere a mio avviso.
Occorrerebbe una sala operatoria aperta 24 ore su 24 , 365 giorni all’anno, programmata come una fabbrica. Le liste di attesa indicano che gli interventi chiesti dai cittadini sono programmati. Ma se un chirurgo decidesse di aprire una sala operatoria 24 ore su 24, non potrebbe starvi sempre, quindi verrebbe presto intaccato il suo potere. Ma a noi interessa contribuire a migliorare il servizio ai cittadini. Vorremmo che la Regione Lazio, che ha la responsabilità della sanità, lavorasse non solo con noi ma con tutti i Fondi, stringendo convenzioni tra essi e le strutture ospedaliere.
Realizzare una convenzione del genere è frenato da un lato dalla burocrazia, dall’altro dal fatto che il costo delle strutture pubbliche è molto più alto rispetto a quello delle strutture private. E c’è anche altro: se in una clinica privata un intervento costa la metà di un ospedale pubblico, c’è qualcosa che non va. Noi riteniamo che vadano rimosse queste incongruenze, che il tariffario dei settori pubblico e privato sia lo stesso, perché l’assistenza che forniamo per un intervento chirurgico eseguito in un ospedale pubblico ad un nostro iscritto che ci versa una quota annua sociale di 252 euro, ci costa il triplo, e non possiamo sostenerla.
L’altro aspetto è che la tutela non può averla solo chi lavora. Noi siamo per la realizzazione, di una «mutua»; l’istituto del mutuo soccorso esiste dal 1880, ne sono nati tantissimi in Italia. Si darebbe la possibilità di iscriversi ad essi a singoli cittadini e ai loro familiari. Oggi ai Fondi aderiscono circa 8 milioni di lavoratori dipendenti; compresi i loro nuclei familiari, si arriva a 12 milioni di utenti. Gli italiani sono oltre 60 milioni, i 2 terzi non hanno la possibilità di una copertura, che con le mutue potrebbe darsi. Siamo intenzionati ad andare anche in questa direzione per fornire prestazioni di carattere sociale rientranti nel welfare: non autosufficienze, fisioterapie, assistenza domiciliare ai disabili e quanto lo Stato non riesce a garantire a tutti. Porto l’esempio della Regione Lazio ma il problema riguarda il Paese. Se non riesce a «passare» le fisioterapie a tutti i disabili, possiamo contribuire noi: tre prestazioni a carico della Regione, due a carico nostro. Per la Regione non aumenterebbero i costi mentre migliorerà il servizio ossia la qualità della vita delle persone disabili. Questo è il modello cui puntiamo, in un sistema universalistico composto anche dai Fondi integrativi del Servizio Sanitario Nazionale.
Quindi difesa di quest’ultimo fino in fondo. Ma poiché non può dare tutto da solo, va integrato, migliorato, eliminando sprechi, riorganizzandolo, fornendogli un sostegno. In Francia una legge lo scorso anno ha obbligato i cittadini ad avere una mutua; nei Paesi nordici come in Svezia la fiscalità generale finanzia il costo di molti servizi a carattere sociale; in Germania un fondo finanziato dal 2 per cento delle retribuzioni provvede all’assistenza obbligatoria nella fase post lavorativa e soprattutto per le persone non autosufficienti. L’Italia ha solo il sistema assicurativo; dobbiamo elaborare progetti, una polizza come la nostra che costerebbe 3 mila euro al cittadino, da noi costa solo 252 euro garantendo tutta l’assistenza agli iscritti. Proponiamo un modello basato su tutele a costi accessibili, bassissimi. Il nostro fondo è gestito pariteticamente da organizzazioni sindacali e associazioni imprenditoriali. Noi siamo solo una Cassa che segue le scelte delle parti sociali e le aiuta negli indirizzi.   

Tags: Marzo 2014 sanità assicurazioni polizze pensione sanimpresa

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