RUBEM VALENTIM, LA PITTURA CANDOMBLÉ A ROMA DAL 18 NOVEMBRE
L’Instituto Rubem Valentim e l’Ambasciata del Brasile in Italia, in collaborazione con la Galleria d’arte Almeida & Dale, presentano a Roma nella Galleria Candido Portinari di Palazzo Pamphilj, dal 18 novembre 2022 al 30 gennaio 2023, la mostra personale Rubem Valentim: l’impronta brasiliana, a cura di Cristiano Raimondi e Daniel Rangel, quest’ultimo da giugno 2021 direttore del Museu de arte moderna di Bahia. In occasione del centenario della nascita dell’artista (Salvador, Bahia nel 1922), la retrospettiva raccoglie circa trenta opere tra dipinti, sculture, rilievi e collage realizzate in periodi diversi con un focus sul periodo romano della sua pittura. Valentim ha lavorato nella capitale italiana tra il 1965 e il 1966, un periodo durante il quale iniziò ad utilizzare la tecnica della tempera nei dipinti, che divenne più complessa incorporando una scelta più vibrante di colori e i tipici simboli ispirati al Candomblé e Umbanda così come gli xangô’s axe (simboli del Candomblé). Questi furono i risultati del suo passaggio a Roma e delle costanti visite precedenti al British Museum.
Il titolo della mostra è ispirato dal “Manifesto ainda que tardio” (“Manifesto anche se in ritardo”), scritto da Valentim nel 1976, un testo che testimonia lo sforzo di trovare una comunicazione universale tra i simboli delle religioni di matrice africana. La considerazione ieratica data ai segni visivi è guidata dalle lezioni del costruttivismo assimilato in Brasile. La geometria è al servizio dell’impegno di creare strutture sensibili che possano essere affiancate alle specifiche espressioni della cultura popolare e sincretica di Bahia. Come osserva il curatore Cristiano Raimondi, “Fondamentali inoltre le relazioni diplomatiche tra Italia e Brasile - ad esempio São Paulo è una città molto italiana -, relazioni che forse con il tempo sono andate un po’ perdendosi ma necessarie per l’apporto ricevuto da entrambi in Paesi. In passato mi sono occupato dell’artista lucchese Alfredo Volpi, a due anni immigrato con la famiglia: qui pressoché sconosciuto, in Brasile invece importante quanto lo è in Italia Giorgio Morandi”. Lo stesso Candido Portinari cui è intitolato lo spazio espositivo nella sede diplomatica romana (quello che un tempo era la Casa do Brasil in cui espose Valentim) è un artista brasiliano di origine italiana, i cui genitori erano emigrati dal Veneto; da non dimenticare poi l’indispensabile opera portata avanti dallo spezzino Pietro Maria Bardi che, emigrato in Brasile e naturalizzato, fondò nel 1947 con la seconda moglie, l’architetto Lina Bo Bardi che tra l’altro riscoprì tutte le culture popolari brasiliane, il MASP - Museu de arte de São Paulo, del quale fu curatore e presidente per 45 anni.
La prima mostra personale di Rubem Valentim fuori dal Brasile fu nel 1965 alla Casa do Brasil a Roma, come parte dell’itinerario della rappresentazione brasiliana alla 31° Biennale veneziana. L’esposizione romana era affiancata da un catalogo con testi di Murilo Mendes, poeta surrealista brasiliano, e del critico d’arte Enrico Crispolti. Prima di questa data la sua opera era stata presentata non solo alla trentunesima Biennale di Venezia (1962) ma anche alla mostra “Alternative attuali/2 - Rassegna internazionale di pittura, scultura, grafica” curata da Enrico Crispolti a L’Aquila nel 1965, anno nel quale un suo dipinto fu acquistato da Palma Bucarelli, allora direttrice della Galleria nazionale d’arte moderna a Roma, esposto in una mostra e recensito da Giulio Carlo Argan nel 1966 ed è ora esposto in occasione della mostra in ambasciata.
La mostra è accompagnata da un catalogo, edito da Mousse Publishing, che contiene il saggio critico di Cristiano Raimondi e Daniel Rangel, il Manifesto dell’artista, la cronologia ragionata realizzata da Claudia Fazzolari e una selezione di immagini delle opere.
RUBEM VALENTIM (Salvador, Bahia, 1922 – São Paulo, 1991) utilizza tecniche diverse per esprimere il simbolismo che scaturisce dall’universo delle religioni afrobrasiliane soprattutto Candomblé e Umbanda. Gli strumenti del lavoro, la struttura fisica dei terreiros (centri di culto), e la simbologia delle entità appaiono come segni: immagini stilizzate create da una sobria estetizzazione di queste forme. Questi emblemi, che sono già originariamente geometrici, vengono rigorosamente strutturati nei suoi dipinti, rilievi e sculture. Nel 1966 partecipa al World Festival of Black Arts in Senegal.
L’artista definisce le sue sculture di cemento allestite nella Praça da Sé di São Paulo come il simbolo sincretico della cultura afrobrasiliana. La sua opera “Temple of Oxalá”, che consiste in rilievi ed emblematici oggetti bianchi, è stata una delle opere più importanti della sedicesima Biennale Internazionale di São Paulo nel 1977.
LA GALLERIA D’ARTE ALMEIDA & DALE. Fondata nel 1998, questa è una delle più rilevanti del Brasile e ha come obiettivo presentare l’opera e l’eredità di artisti brasiliani a importanti collezioni e archivi nazionali e internazionali. Tra gli artisti trattati figurano nomi quali Willys de Castro, Di Cavalcanti, Flávio de Carvalho, Mestre Didi, Alberto da Veiga Guignard, Alfredo Volpi, Jandira Waters, Rubem Valentim, Roberto Burle Marx. Recentemente, con la direzione di Antônio Almeida e Carlos Dale, la programmazione della Galleria ha incluso l’opera di numerosi esponenti della storia dell’arte brasiliana, organizzando retrospettive di livello museale ideate da curatori esterni. Le pubblicazioni che accompagnano sempre le mostre sono ampiamente riconosciute per la loro originalità e per il livello dei contributi critici.
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