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TRASPORTO AEREO, OVVERO QUANDO SI RISCHIA DI VOLARE NEL CAOS

a cura di UBALDO PACELLA

Il trasporto aereo in Italia è percorso da una trama di precarietà che ne mina la competitività, acuisce i problemi di vecchia data, condiziona la fragilità dei vettori come del sistema aeroportuale, con il risultato di imbrigliare ogni strategia, impedendo quelle scelte coraggiose che sole possono favorire un rilancio concreto e integrato del settore, recuperando valore, occupazione, qualità dei servizi, accessibilità del Paese. Una politica del trasporto aereo appare sempre più come un’araba fenice, dispersa nel dedalo degli interessi di parte, dei progetti rinviati, il tutto scandito da un’accentuata marginalità dei diversi operatori rispetto ai compiti gravosi del Governo. Assorbito dalle emergenze economiche, dal patto di stabilità europeo, invischiato nella ragnatela delle esigenze pre-elettorali dei partiti che lo sostengono, l’Esecutivo non lascia traccia di sé nel panorama dei trasporti terrestri, navali o aerei. Cadono sostanzialmente nel vuoto appelli, richieste o decisioni sia che vengano dalle parti sociali, dai settori produttivi, dal territorio, sia dalle sollecitazioni europee. Finita di fatto nel dimenticatoio l’Autorità dei trasporti che unanimi consensi aveva suscitato, per essere poi ben presto liquidata da una riduzione delle competenze ma più ancora da indicazioni di nomine di stretta osservanza politico-partitica, naufragate nel contrasto di interessi o in figure scarsamente inclini ad affermarsi per la riconosciuta autorevolezza più che per le proprie referenze di schieramento, poco o nulla si è fatto o deciso soprattutto in tema di trasporto aereo. Un limbo che ogni giorno costa al sistema in termini di competitività, di mercato, di mancata integrazione. La classe dirigente italiana, anche quella dei professori o dei banchieri, resta aliena dal comprendere che di mancate scelte si muore. Domina su tutto l’eterna palude dei vincoli o dei veti incrociati, poiché ogni mossa genera inevitabilmente pregiudizio per questo o quel potentato. Ecco così, come scrivevamo alcuni mesi or sono, che il piano degli aeroporti non ha trovato ancora un padre nobile. Il Ministero sembra avvalersi di uno studio dell’Enac autorevole e condiviso, elaborato con riconosciuta competenza sulla scorta delle scelte strategiche adottate dall’Unione Europea sulla revisione delle reti TEN-T, che prevede anche per il trasporto aereo un’articolazione della rete transeuropea secondo due livelli: «core network», ovvero la rete fondamentale, e «comprensive network», la rete estesa e complementare caratterizzata da una decisa integrazione di carattere modale e territoriale. Spinta dalla necessità di superare carenze strutturali e limiti operativi che la «spending review» ha ulteriormente accentuato, come pure da interessi di lungo respiro che l’abilità del suo presidente Vito Riggio ha saputo abilmente pilotare alla scadenza del suo mandato fissata per il 30 novembre, in questi mesi l’Enac ha voluto battere un colpo. Spicca tra tutti il via libera al contratto di programma con l’AdR, la società degli aeroporti di Roma, deciso dal consiglio di amministrazione dell’Enac, capace di sbloccare, una volta confermato dal Tesoro, investimenti per oltre due miliardi di euro destinati a cambiare volto, c’è da augurarselo, allo scalo intercontinentale più importante d’Italia adeguandolo, in strutture, efficienza, innovazione, ai migliori aeroporti del continente, così dal farlo uscire da uno stato di progressivo degrado che nuoce all’economia come all’immagine dell’Italia. Una decisione apprezzabile senza dubbio, che dovrà tradursi in positivi effetti occupazionali e produttivi, non solo in indubbi vantaggi per gli azionisti, primi tra tutti quelli del Gruppo Benetton. Sono anni infatti che l’AdR promette mirabolanti piani di sviluppo, di trasformazione strategica, di investimenti innovativi senza aver messo mano al portafoglio, sino a che gli aumenti richiesti e le garanzie offerte dal contratto di programma non fossero certificate da accordi con i competenti organi istituzionali. Un modello imprenditoriale per così dire facile, ove il rischio d’impresa è assai modesto, per non dire inesistente, con progetti che vedranno la luce di fronte a garanzie certe, in termini di tariffe e di tempi. Torniamo ad approfondire le caratteristiche del sistema aeroportuale europeo così come sono state decise a Bruxelles. La rete dovrà essere imperniata su punti di collegamento principali di tipo internazionale, che garantiscono i collegamenti tra l’Unione Europea e il resto del mondo. A questa si affiancheranno gli scali cosiddetti «comprensivi», che assicurano le rotte all’interno dell’Unione e, in misura minore, con i Paesi esteri, in modo da favorire la creazione di una fitta maglia su scala regionale in grado di garantire l’accesso ad ogni area dell’Unione, offrendo garanzie anche alle aree periferiche, alle isole, ai territori meno popolosi e infrastrutturati. Gli aeroporti di primo livello, come potremmo sinteticamente definirli, comprendono gli scali che hanno un volume annuo di passeggeri pari o superiore ai 5 milioni con un delta del 10 per cento, oppure con un movimento di aerei commerciali pari o superiore a 100 mila, con volume di carico pari o superiore a 150 mila tonnellate; oppure con un volume di passeggeri al di fuori dell’Unione di un milione. A questi si affiancano tutti i nuovi aeroporti che sostituiscono un punto di collegamento internazionale che non possa più svilupparsi nel sito storico preesistente. Gli scali di secondo livello, come punti di collegamento dell’Unione, comprendono gli aeroporti con un movimento annuo di passeggeri compreso tra 1 e 5 milioni, e di seguito tutti gli indicatori corrispondenti a quelli già ricordati per il primo livello, con volumi complessivi di traffico ad essi inferiori. Sono infine individuati come collegamenti regionali quelli che assicurano un movimento di passeggeri da 500 mila a 899 mila, o quelli che hanno un transito di passeggeri compreso tra 250 mila e 499 mila, unitamente a quello di merci compreso tra 10 mila e meno di 50 mila tonnellate, oltre agli aeroporti situati su un’isola o su una regione interclusa di uno degli Stati dell’Unione Europea. Le strategie di programmazione nazionale per il trasporto aereo debbono adeguarsi agli obiettivi generali della politica europea. Cosa questa che appare per l’Italia assai lontana sia in termini di efficienza, sia di operatività del sistema, soprattutto per la frammentazione eccessiva degli scali, per la mancanza di criteri di economicità e di efficacia di gestione, per le carenze del sistema di integrazione modale con strade e ferrovie, fattori che limitano le opportunità aeroportuali, l’accessibilità e la presenza delle compagnie aeree. Elementi qualificanti di una moderna politica del trasporto aereo dovranno essere una maggiore efficienza della capacità esistente di movimentazione di aerei, passeggeri e merci, compresi gli impianti di controllo del traffico aereo, lo sviluppo dell’integrazione con ferrovie, strade e porti, il potenziamento delle connessioni e dell’accessibilità degli aeroporti con il traffico terrestre, verso le metropoli, le grandi città, le aree produttive, privilegiando il trasporto su rotaia e l’alta velocità, la sostenibilità ambientale degli scali, meglio nota come «green airport», la diffusione di un’efficiente catena logistica tra nodi e piattaforme intermodali, un miglioramento diffuso della sicurezza generale e d’esercizio negli aeroporti, e attività di sostegno a favore di scali regionali. Il trasporto aereo, vale la pena sottolinearlo, contribuisce per oltre il 6 per cento alla formazione del prodotto interno comunitario, ed occupa oltre 5 milioni di persone, con una produttività del lavoro di 158 punti rispetto ai 100 della media europea. Per il 2011 l’Eurostat ha certificato un flusso di passeggeri complessivamente trasportati pari a 748 milioni, insieme a circa 11 milioni di tonnellate di merci. Gli aeroporti risultano la porta fondamentale di accesso all’Europa per il 70 per cento dei passeggeri. Il mancato adeguamento del trasporto aereo nel suo complesso incide con una perdita di competitività economica stimata in circa il 3 per cento del prodotto interno, fattore assai più rilevante per il nostro Paese piagato da una crisi che sta corrodendo la struttura portante del sistema produttivo. Il traguardo in Europa che l’Italia deve raccogliere e moltiplicare, per recuperare almeno una parte del proprio ritardo strutturale, è quella di realizzare il «core network» e i 10 corridoi prioritari TEN-T tra il 2013 e il 2020, con 50 miliardi di euro per il bilancio dell’Unione rispetto a un fabbisogno complessivo di oltre 250 miliardi di euro entro il 2030, attraverso l’apporto di nuovi strumenti finanziari e l’attrazione di consistenti capitali privati. Le gravi difficoltà del trasporto aereo italiano, oltre alla fragilità dei sistemi aeroportuali, vanno ricondotte in sintesi alla crescita dei costi del carburante, che rappresenta circa il 60 per cento dei costi d’esercizio delle compagnie aeree, alla contrazione della domanda, più marcata rispetto agli indici della IATA, che rappresenta tutte le compagnie aeree del mondo, la crescente competizione delle compagnie low cost nei prezzi e nel costo del lavoro, che fanno ricadere gli oneri sul settore pubblico e hanno registrato una crescita compresa tra il 13 e il 22 per cento negli ultimi 5 anni. Si uniscono, a questi, attori strutturali come l’insufficienza del pacchetto europeo sul trasporto aereo, l’incompleta attuazione del programma Single Sky, il ritardo nel processo di innovazione tecnologica, il mancato impulso del progetto SESAR. Occorre coraggio e determinazione, invero modesta, da parte dei futuri Governi per invertire la rotta, evitare lo stallo odierno, uscire da una spirale di perdita di competitività del trasporto aereo, che brucia risorse senza accrescere il valore industriale e sociale del settore. Alcuni punti qualificanti sono una più incisiva e determinante presenza italiana in sede comunitaria, attraverso la costruzione delle direttive comunitarie nei vari campi di applicazione del traffico aereo, dalle capacità aeroportuali alle emissioni degli aerei, dalla sicurezza allo sviluppo delle tecnologie, alla liberalizzazione dei servizi. Bisogna rendere operativo il Single European Sky, promuovere la revisione degli accordi bilaterali e multilaterali tra Europa e resto del mondo, definire nuovi assetti degli accordi internazionali di navigazione aerea con riferimento a possibili alleanze tra compagnie europee e internazionali, promuovere l’integrazione dei fattori di produzione a partire dal capitale umano, dalle tecnologie di gestione, dal controllo e dalla sicurezza del volo. Tutto ciò si realizza con nuove e coerenti politiche di medio periodo, 2020-2030, del trasporto aereo, basate su uno scenario definito attraverso il Piano nazionale degli aeroporti, il rilancio competitivo delle compagnie nazionali o la loro eventuale aggregazione, un’accentuata integrazione modale, il potenziamento dei collegamenti metropolitani come pure del sistema ad alta velocità, la messa a punto di master plan aeroportuali coordinati con la crescita dei sistemi sociali e produttivi del territorio. Gli aeroporti costituiscono i gangli vitali di una moderna rete di traffico aereo, la loro importanza assume un rilievo strategico sia nella produzione di valore, sia nella competitività, sia nel captare capitali di investimento o sviluppare flussi di traffico a vantaggio delle imprese, del turismo, del territorio. Offrire linfa vitale ai più importanti aeroporti è una condizione indispensabile per ogni politica di rilancio. Va salutata, quindi, positivamente la firma di un nuovo contratto di programma sino al 2044 tra Enac e Aeroporti di Roma, che prevede per lo scalo di Fiumicino un incremento medio nel periodo 2012-2016 dei diritti di imbarco, che incorporano i costi di vari servizi, pari a 8,5 euro a passeggero rispetto alle tariffe attuali. Una decisione che ha scatenato, com’è ovvio, le vibranti proteste delle compagnie aeree, le quali lamentano, a ragione, una grave carenza nella qualità e offerta dei servizi, proponendo una dilazione nel tempo degli oneri aggiuntivi, direttamente connessa ai miglioramenti promessi ma non realizzati dall’AdR. Il continuo rinvio degli investimenti rende lo scalo romano il lumicino consunto del sistema continentale, frenando ogni crescita. Basti ricordare che nel 2011 a Fiumicino sono transitati 37,7 milioni di viaggiatori, rispetto ai 69,4 milioni di Londra Heatrow, ai 61milioni del Charles de Gaulle di Parigi, ai 56,4 di Francoforte, ai 49,8 di Amsterdam, ai 49,7 di Madrid e persino ai 37,8 di Monaco di Baviera. Un nanismo capace di condizionare non solo l’intero trasporto aereo italiano, ma la crescita e la competitività generalizzata dell’Italia, sempre meno rilevante nelle grandi rotte di traffico mondiale, a dispetto di una tradizione, di un patrimonio culturale, di un’attrattività potenzialmente molto più rilevante di quella di altri centri continentali. Le gravi difficoltà del trasporto aereo sono del resto certificate dalla IATA, secondo la quale il 2012 si chiuderà con un pesante ridimensionamento dei bilanci rispetto al 2011, in particolare per i vettori europei che potrebbero arrivare a perdere oltre un miliardo di dollari rispetto ai 400 milioni di utili netti registrati nel 2011. Tornata dopo anni a un effimero utile nel terzo trimestre del 2012, l’Alitalia, sembra prigioniera di questa spirale negativa, anche se una flotta rinnovata e l’aggressiva politica commerciale appena tracciata dal nuovo amministratore delegato Andrea Ragnetti, potrebbero favorire risultati meno deludenti. Saranno necessarie, a parere del vicedirettore del Certet-Bocconi, Oliviero Baccelli, profonde modifiche strutturali alle grandi compagnie europee per rilanciarsi. Dovranno ricalibrare la loro presenza nel medio raggio affrontando la concorrenza delle compagnie low cost, fronteggiando quella sempre più arrembante delle medio-orientali e asiatiche nel lungo raggio. Nuovi modelli operativi a partire dal 2013 produrranno un riposizionamento nei mercati del quale si dovranno valutare gli effetti. L’Air France ha deciso, ad esempio, un rinnovo degli allestimenti interni dei Boeing 777 e dei nuovi Airbus 380 per adeguarli ai più alti standard della clientela business, e diversificate offerte per quella economy. Il trasporto aereo italiano è entrato nella fase cruciale. Si supera il turno vincendo resistenze, clientele, artefatte ancorché modeste e marginali posizioni di potere o residuali rendite di posizione, pena la definitiva marginalizzazione dell’Italia dalle rotte commerciali, dai ricchi flussi di traffico, dai centri nevralgici delle decisioni. Restare in lizza è possibile, gli operatori devono dimostrare di non avere paura, ma soprattutto esprimere quelle idee vincenti che ancora tengono a galla il Paese. 

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