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CORSERA STORY - EDITORIA: SPENDING REVIEW PER GIORNALISTI NEW SPENDING PER PEDIATRI

L'opinione del Corrierista

In piena campagna «spending review» che significa tagli agli sprechi di politici e di pubblici amministratori - i quali, se non brillano per parsimonia e onestà, conoscono però qualche parola straniera di cui servirsi per occultare i loro abusi -, è stata decisa dal Governo una drastica riduzione delle cosiddette provvidenze all’editoria, con lo scopo, e comunque con il risultato, di eliminare la stampa libera, critica nei loro confronti.
È vero che in tal modo vengono eliminate anche testate di partiti e movimenti politici non inquadrati nei due grandi gruppi che si avversano in Parlamento ma, avendo il potere di legiferare, i nostri politici sono più potenti di Gesù Cristo. Questi, infatti, era capace di resuscitare Lazzaro com’era prima di morire; loro, invece, sono capaci di resuscitarlo anche cambiandogli le sembianze. L’abbiamo visto con il referendum che abolì il finanziamento dei partiti e con la successiva legge che lo rimpiazzò con i rimborsi elettorali. Rimborsi protagonisti, in questi mesi, di clamorosi scandali e reati.
Ma sarebbe un’inesattezza affermare che con il decreto legge 63 del 18 maggio scorso, convertito nella legge 103 del successivo 16 luglio, sono state tagliate provvidenze all’editoria per eliminare sprechi e realizzare, anche in questo settore, risparmi contribuendo a tamponare la falla del debito pubblico, quasi sempre esistente nei sistemi economici. I quali, anche e proprio grazie a tale debito, si sono sviluppati ed hanno portato popoli poveri e semianalfabeti - come l’Italia degli anni 50 - a figurare tra le prime potenze industriali del mondo.
Io sono grato al presidente del Consiglio Mario Monti perché - sia pure tartassandoci con micidiali imposte quando poteva ottenere lo stesso scopo con opposte teorie e provvedimenti di politica economica -, ha costretto gli italiani a «tirare la meccanica», come dicevano gli antichi carrettieri per frenare o rallentare il loro rudimentale veicolo afferrando e tirando indietro l’asta del freno dentato esistente fuori della sponda, in sostanza un primitivo sistema di blocco progressivo delle ruote di legno ferrate.
L’economia italiana e di Paesi simili aveva proprio bisogno di tirare la meccanica dinanzi al consumismo sconsiderato e insensato, agli sprechi, all’assenteismo dal lavoro, all’imprevidenza e al parassitismo non solo dei politici e dei pubblici amministratori, ma anche purtroppo della classe media e dell’ex classe operaia ed operosa, quelle appunto degli anni 50. Estromessi dal potere governativo, i politici non resistono molto però in apnea o fuori dall’intricato sottobosco prodigo di ricchi stipendi, vitalizi, incarichi, commesse, appalti, tangenti, escort.
Perché dico questo? Perché mercoledì 18 luglio scorso, due giorni dopo i funerali della stampa indipendente celebrati, come detto, con la conversione in legge del decreto strozza-giornali da parte del Parlamento, nella chiesa sconsacrata di Santa Marta in Piazza del Collegio Romano a Roma il ministro dei Beni e delle Attività culturali Lorenzo Ornaghi ha assistito a una strana messa cantata: quella con cui, tolte le provvidenze ai giornali finanziate ovviamente dalle tasse pagate dai loro lettori, si annunciava un nuovo, inedito stanziamento di fondi a favore dell’editoria, diretto però non ai giornalisti ma ai pediatri.
Che c’entrano i pediatri con l’editoria nessun intervenuto l’ha spiegato né tantomeno giustificato. Come nessuno potrebbe né spiegare né giustificare un contributo finanziario ai giornalisti per visitare, assistere e curare puerpere, partorienti, neonati e fantolini. Uno stanziamento di 2 milioni di euro complessivi per i primi 28 mesi di esperimento, pagati dalla società Arcus di proprietà del Ministero dell’Economia, non è molto in verità, ma solo l’avvio di un nuovo rubinetto destinato a diventare una grossa condotta, capace ora di innaffiare poche carrozzine che in breve diverranno grandi carrozzoni.
Il tutto per incrementare la diffusione della lettura dei libri, sin dai primi minuti di vita, di 60 mila neonati raggiungibili. Non è necessario definire assurda un’iniziativa per di più inspiegabilmente chiamata «In vitro» anziché, più propriamente, «In libro». Iniziativa limitata, per di più, a 6 aree geografiche popolate dal 4,7 per cento della popolazione italiana; il che significa che, se essa continuerà, lo stanziamento dovrà schizzare ad oltre 40 milioni di euro per un analogo periodo.
Ma chi ha suggerito la peregrina iniziativa a questo nuovo ministro, rettore dell’Università Cattolica di Milano, non sposato e senza figli, poco conosciuto come politico quindi digiuno di carrozzine e di carrozzoni, illustre invece come amministratore di un quotidiano cattolico e giornalista egli stesso in quanto direttore della rivista «Vita e Pensiero», oltreché componente dei comitati scientifici di numerose riviste e autore di volumi e saggi pubblicati da giornali italiani e stranieri?
Ha avuto l’idea dalla dottoressa Rossana Rummo, direttore generale per le Biblioteche e gli Istituti culturali del Ministero dei Beni e delle Attività culturali? Ritengo che tutto possano fare oggi gli alti dirigenti della Pubblica Amministrazione italiana, fuorché decidere di aumentare le spese neppure per fini altamente culturali, sociali e umanitari. E allora da chi viene l’intelligente «trovata» di sostituire decine di migliaia di giornalisti e poligrafici esperti di informazione e comunicazione con qualche migliaio di pediatri? La Fimp, loro Federazione nazionale, afferma anzi che sono i genitori quelli che, «anziché perseguire ad ogni costo le proprie aspirazioni di autorealizzazione», devono «affrontare le sfide dell’educazione e della crescita dei figli e considerare le preoccupazioni che ne derivano come proprio dovere».
A Santa Marta ha presentato il progetto il presidente del Centro per il Libro e la Lettura Gian Arturo Ferrari. È lui che ha avuto l’idea? Certamente sarà un esperto di libri per essere stato per 13 anni amministratore delegato della berlusconiana Mondadori decidendo lui quali libri pubblicare. Solo che in un’intervista a Il Giornale.it Ferrari ha detto: «Diciamo la verità: la lettura è un’attività asociale, faticosa e anche noiosa». E in un’altra a La Stampa.it: «I veri lettori sono 4 milioni che rappresentano l’8 per cento degli adulti; il nostro primo obiettivo per il momento è di arrivare almeno al 10 per cento». Con che? Con 2 milioni di euro, 60 mila neonati e i loro pediatri?

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