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LUIGI BINELLI MANTELLI: I COMPITI DI IERI, OGGI E DOMANI DELLA MARINA MILITARE ITALIANA

L’Ammiraglio di Squadra Luigi Binelli Mantelli, Capo di Stato Maggiore della Marina Militare Italiana: «Nel nuovo strumento militare che va delineandosi, meno reparti, piattaforme e mezzi; maggiore disponibilità all’impiego,  interoperabilità; struttura di supporto più snella e migliore qualità di vita del personale»

Intervista all’Ammiraglio Capo di Stato Maggiore

Nato in provincia di Brescia da famiglia di origine piemontese il 4 dicembre, giorno in cui si celebra Santa Barbara, patrona della Marina Militare, l’Ammiraglio di Squadra Luigi Binelli Mantelli è dal 2 marzo scorso il nuovo Capo di Stato Maggiore della Marina Militare. Dopo aver frequentato il Collegio navale «Francesco Morosini» e l’Accademia Navale di Livorno dal 1969 al 1973, si è laureato in Scienze Marittime Navali e ha percorso tutti i gradi della carriera militare acquisendo sempre più responsabilità operative e comandi: dal cacciamine Platano alla corvetta Albatros, dalla fregata Grecale all’incrociatore Giuseppe Garibaldi. Dal 2001 al 2004 è stato Capo Reparto Pianificazione generale dello Stato Maggiore della Marina; dal 2004 al 2007 Capo Ufficio generale del Capo di Stato Maggiore della Difesa; dal 2007 al 2009 Sottocapo di Stato Maggiore della Marina e dal 2009 al 2012 Comandante in Capo della Squadra Navale. Dalla guida del «braccio operativo» della Marina situato in località Santa Rosa a Roma, è arrivato all’apice della Forza Armata, nel quartier generale dell’edificio di 31 mila metri quadrati sul Lungotevere delle Navi, progettato esattamente cent’anni fa, nel 1912, dall’architetto Giulio Magni e che accoglie i visitatori con le ancore di due corazzate austriache della prima guerra mondiale. Da qui l’Ammiraglio Binelli Mantelli guida la Forza Armata a lui assegnata con slancio, passione, fermezza e attenzione costante ai suoi uomini, agli equipaggi, al personale che sempre ricorre nei suoi discorsi.
Domanda. Quale ruolo svolge oggi la Marina Militare per l’Italia?
Risposta. L’Italia è un Paese marittimo e sul mare basa la prosperità e il sostentamento attraverso relazioni e scambi commerciali con gli altri Paesi. La Marina Militare, pertanto , è uno dei suoi biglietti da visita più rappresentativi. Abbiamo assistito alla fine dell’era del bipolarismo ed è in via di esaurimento anche l’epoca delle grandi missioni di stabilizzazione di crisi in altri Paesi. Lo scenario futuro riporta alla ribalta i ruoli essenziali della Marina Militare. In primo luogo la garanzia del libero uso del mare, con un’attenzione particolare agli Oceani Indiano e Pacifico. L’Oceano Indiano è un’area di grandi opportunità economiche e commerciali ma anche di grandi rischi sia perché Paesi di primo piano puntano alla leadership, sia perché nel vicino Golfo Persico transita il 40 per cento dei beni da e per l’Europa. Il libero uso dei mari costituisce un fattore fondamentale per l’economia globale e in particolare per quella italiana, che dipende notevolmente dai traffici marittimi.
D. Quali sono gli altri ruoli?
R. Il secondo, a sostegno dell’economia, è la promozione del Made in Italy e quello che una volta si chiamava «Naval Diplomacy», consistente oggi nel mostrare le navi migliori e più moderne, sia per la tendenza al riarmo da parte di marine dell’Oceano Indiano, sia per la necessità di sostenere la nostra industria cantieristica e della difesa. Un terzo ruolo è l’apporto marittimo alle finalità politiche dell’Unione Europea e della Nato, che chiedono ai partners una maggiore assistenza. Oggi in Europa sono 4 le Marine Militari fondamentali: francese, inglese, spagnola e italiana.
D. Quale attività la nostra Marina può svolgere all’estero?
R. La crisi libica ha mostrato che bisogna essere pronti a intervenire, normalmente «stand off», cioè stando fuori dal Paese interessato; nessuno Stato di una certa dimensione accetta l’arrivo di truppe straniere per risolvere i suoi problemi; si può aiutarlo solo dal mare e dall’aria. Questi ruoli di presenza, sorveglianza, garanzia del libero uso dei mari, capacità d’intervento e deterrenza richiedono una capacità operativa tale da sconsigliare ad altri azioni inconsulte. Questi sono i ruoli che vedo per il futuro della Marina in uno scenario tutt’altro che tranquillo perché caratterizzato, oltreché dalla pirateria, dal terrorismo e dalla guerra simmetrica, da un confronto tra Paesi dalla forte capacità militare e economica.
D. E per quanto riguarda l’Italia?
R. Garantire la sicurezza marittima è un’esigenza primaria del nostro Paese e la Marina Militare per mezzi, mentalità e tradizione è l’organismo a ciò deputato nelle acque di interesse nazionale che si estendono ad ovest fino al Golfo di Guinea e, ad est, fino all’Oceano Indiano, il cosiddetto «Mediterraneo allargato». La sicurezza marittima ha lo scopo di evitare le ripercussioni, sulla terra, delle attività criminose proiettate dal mare e di assicurare il libero svolgimento di tutte le attività marittime legali, necessarie per l’economia mondiale. In questo contesto e tenendo conto dei compiti derivanti da leggi specifiche, le funzioni della Marina sono la «difesa e sorveglianza integrata degli spazi marittimi» e la «proiezione di capacità sul mare e dal mare».
D. Di quante unità è dotata la Marina Militare italiana?
R. Il suo braccio operativo, la Squadra Navale, conta poco meno di 16 mila fra uomini e donne, pari a circa metà del personale complessivo della Forza Armata. Ma parlare di Squadra Navale è riduttivo perché in essa sono comprese tutte le componenti operative della Marina: 25 navi d’altura, 10 da pattugliamento, 3 da ricerca idrografica, 2 navi-scuola ossia velieri, altre unità a vela; la Forza da sbarco costituita dal reggimento San Marco, la componente aerea, i sommergibili, 6 battelli e le forze speciali. La flotta ha bilanciato le proprie capacità e raggiunto una flessibilità d’impiego. Lo stesso avviene per la portaerei Cavour, capace di svolgere varie attività: supporto umanitario, operazioni militari, diplomazia, cooperazione, addestramento di forze appartenenti a vari Paesi.
D. Quali sono le principali attività attualmente in corso?
R. Il contributo della Marina nel ruolo interforze tattico e operativo in ambito Unione Europea e Nato va distinto da quello che essa fornisce in modo autonomo alla difesa nazionale. La Marina arriva dove le altre Forze non possono, e prepara l’ingresso ad una forza maggiore. Nelle crisi in Libano e in Libia ha prelevato e condotto al sicuro cittadini italiani e di altri Paesi; è particolarmente adatta a un impegno flessibile, non invade territori, si giova di una particolare libertà di manovra. È intervenuta nella recente crisi libica ma ha anche inviato una portaerei in soccorso della popolazione civile terremotata di Haiti.
D. Quali interventi sono più visibili?
R. La sorveglianza nel Mediterraneo sui flussi migratori e su tutte le attività che vi si svolgono . Siamo inoltre impegnati nel Corno d’Africa nelle operazioni antipirateria «Atalanta» sotto l’egida dell’Unione Europea, e «Ocean Shield» sotto l’egida della Nato. Contro la pirateria che insidia i mercantili nazionali dell’Oceano Indiano operano i Nuclei Militari di Protezione del San Marco; attualmente vi è impegnata la nave Scirocco cui subentrerà la San Giusto come «flag ship» di un ammiraglio italiano che assumerà il comando dell’operazione. Inoltre la Marina «presta» proprio personale al quartier generale dell’operazione a Northwood, e nel prossimo dicembre con la San Marco assumerà per un semestre il comando dell’«Ocean Shield». L’impegno verso la Nato si concretizza, altresì, nella costante presenza di unità d’altura e di personale nei due gruppi navali delle Forze di rapido intervento. Non meno rilevante il contributo periodico all’operazione Active Endeavour per prevenire attività di terrorismo e di traffico d’armi e per la sicurezza della navigazione. Dall’avvio dell’operazione alla fine di ottobre 2011 sono state completate poco meno di 90 attività di protezione. Oggi sono presenti 5 nuclei nell’area di operazioni.
D. Si può battere la pirateria?
R. Come le grandi epidemie, cova sempre sotto la cenere; esisterà nelle misure in cui il diritto internazionale è labile. In Somalia siamo intervenuti e siamo stati i primi a sollevare il problema davanti alla Comunità internazionale e ad inviare una nave per combatterla nel 2006. Ma non si può debellare soltanto imbarcando sui mercantili i Nuclei Militari di Protezione; questo è un atteggiamento difensivo, le guerre si vincono all’attacco. Dall’avvio dell’operazione dei NMP, il 28 ottobre scorso, sono stati eseguiti circa 90 interventi di protezione su 115 richiesti degli armatori. Ora stiamo finalmente agendo sulle basi a terra dei pirati.
D. Come procede l’ammodernamento dei mezzi navali?
R. Pur nel quadro generale di risanamento dell’economia del Paese, come le altre Forze Armate la Marina sta attuando una delicata quanto ambiziosa opera di ristrutturazione e snellimento. Intende continuare a svolgere un ruolo di protagonista nel processo di trasformazione. Stiamo facendo ogni sforzo per salvaguardare la capacità operativa grazie a un efficiente strumento aeronavale che compensi con la qualità la riduzione della quantità. Abbiamo raggiunto la piena operatività della portaerei Cavour e delle unità della Classe Andrea Doria, l’ingresso in linea dei nuovi elicotteri e sommergibili e la graduale realizzazione delle fregate della Classe Bergamini. Seguiranno nuove unità di supporto logistico, pattugliatori veloci, unità anfibie, idro-oceanografiche e di supporto subacqueo polivalente che sostituiranno quelle via via radiate.
D. Quali nuovi mezzi sono in arrivo?
R. Varata nel luglio 2011 battendo il record dei tempi, la nave Carlo Bergamini entro la fine dell’anno sarà consegnata alla Marina con il sistema di combattimento completato; avrà poi bisogno di un periodo di addestramento e a metà del 2013 potrebbe essere operativa con un anticipo di quasi un anno anche rispetto al programma francese; a mio parere la Fremm italiana è diversa da quella in costruzione in Francia; ha due elicotteri NH90 a bordo, un’estesa capacità di difesa aerea e potrà avere anche una capacità balistica. Questo tipo di nave può essere impiegato lontano dalla madrepatria e per tempi prolungati, può contrastare la pirateria e partecipare ad operazioni militari. Il nostro obiettivo è quello di arrivare a 10 Fremm, attualmente siamo sicuri di arrivare a 6.
D. Come rimpiazzate le navi giunte al termine della vita operativa? La Marina potrebbe vendere parte della flotta?
R. La congiuntura finanziaria ci ha costretto a revisionare i mezzi in uso per allungarne la vita e far fronte al ritardato rinnovamento dello strumento aeronavale. I ricavati della vendita di unità non più in linea operativa sono diretti a sostenere la nostra cantieristica e l’industria della Difesa. L’operazione non è indirizzata alla sola cessione dei mezzi ma soprattutto all’assistenza tecnica, logistica e operativa post-vendita e all’addestramento degli equipaggi. Più una nave è vecchia, più la sua manutenzione costa; alcune hanno equipaggi abbastanza numerosi e costosi. Entro 5 anni dismetteremo circa 26 unità.
D. In che consistono le dismissioni di infrastrutture?
R. Da tempo la Marina è concentrata nei tre poli aeronavali di La Spezia, Taranto-Brindisi e Augusta-Catania. Quindi fin dagli anni 90 abbiamo reso disponibili alcune infrastrutture, poi sono subentrati i «pacchetti» per ricavare denaro per il risanamento della finanza pubblica. Oggi si parla di nuovo di accelerare le dismissioni; l’ostacolo non è la volontà della Marina ma i problemi burocratici; le infrastrutture non sono della Forza armata ma dell’Erario, occorrono leggi sulla spartizione del ricavato e compratori che non è sempre facile trovare. Noi sosteniamo che bisognerebbe stringere accordi sia con enti locali sia in campo nazionale per giungere a risultati finanziari soddisfacenti per lo Stato e per le Forze armate.
D. Sarà facile vendere infrastrutture?
R. Ci piacerebbe cedere infrastrutture invendibili per mancanza di compratori, perché possederle costituisce un costo. Le dismissioni sono un problema complesso. Nell’ambito del nuovo strumento militare che si sta delineando, gli arsenali faranno parte integrante del comando logistico e resteranno fondamentali per l’operatività della flotta. Presenti nei tre principali poli aeronavali, saranno stabilimenti di lavoro più piccoli ma più moderni di quelli attuali; assumeranno altre funzioni e si apriranno all’indotto industriale locale. Credo che nei prossimi cinque anni si possa parlare di assunzioni di un certo livello, fondamentali perché da questo personale dipende l’esistenza stessa degli arsenali.
D. Come riequilibrare il bilancio della Marina militare?
R. Il problema non è solo della Marina. Abbiamo una spesa rilevante per il personale, discreta per l’investimento e sufficiente ma incongrua per l’addestramento e la manutenzione, per cui siamo costretti a dismettere in anticipo alcune navi. Il ministro della Difesa Giampaolo Di Paola ha ritenuto necessaria anche una riduzione del personale a parametri europei: 50 per cento del budget per il personale, 25 per cento per investimenti, il resto per l’esercizio. Meno reparti, meno piattaforme, meno mezzi, maggiore usabilità, maggiore disponibilità all’impiego, capacità interoperabili, più snella struttura di supporto, miglioramento della qualità di vita del personale.
D. Le risorse sono sufficienti per la preparazione del personale?
R. La formazione è fondamentale e la mia azione punta a contrarne i tempi. Abbiamo l’esigenza di far acquisire la laurea agli ufficiali, ma l’obiettivo vero è dare loro una formazione coerente con l’limpiego. Cerco di ridurre i tempi dell’Accademia, di inviare prima possibile allievi e giovani ufficiali all’impiego, di farli entrare subito nelle Forze armate, trasmettendo loro i fondamentali valori della Marina. Nei giovani c’è interesse ad arruolarsi in Marina, ma molto dipende dalla comunicazione, dalla visibilità sui mass media: quanto più le nostre attività vengono fatte conoscere, tanto più c’è la possibilità che nasca la vocazione per la Marina. Non nascondo la preoccupazione per gli effetti che i tagli nel bilancio dello Stato rischiano di causare allo svolgimento delle attività addestrative.
D. Quali saranno i temi del Symposium delle Marine militari di Venezia?
R. Il tema principale, che vedrà coinvolte circa 40 Marine militari, è improntato sui ruoli tradizionali ma anche sui nuovi compiti per la sicurezza dei mari. Saranno esaminate le recenti esperienze operative, le opportunità che derivano dalle collaborazioni con gli attori coinvolti. Sarà rivolta l’attenzione ai nuovi strumenti non solo tecnologici ma anche legali di costruzione di capacità fuori dai confini nazionali.
D. A quali iniziative di solidarietà partecipa la Marina Militare?
R. Siamo vicini al cittadino nel controllo dei flussi migratori e dei traffici illeciti, nel salvataggio di vite in mare, nel soccorso a unità navali in difficoltà, nella collaborazione in tutte le emergenze in cui la Forza Armata è chiamata a concorrere a fianco della Protezione Civile. Partecipiamo a varie iniziative sociali.
D. Come sarà la linea di comando?
R. Stiamo razionalizzando il sistema logistico. Un comando avrà la responsabilità di tutto ciò che è il sostegno alla flotta e che oggi è frazionato tra logistica manutentiva e logistica in generale. Sto mettendo tutti questi filoni sotto un’unica responsabilità. Il Capo di Stato Maggiore della Marina avrà tre bracci fondamentali: il Comando della Squadra Navale, il Comando Logistico e il Comando delle Scuole. Le linee di responsabilità ma anche di comando, di direzione, di controllo di quello che si fa saranno più chiare e nette e questo porterà a un risparmio di personale e di risorse finanziarie.

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