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ANTONIO CATRICALÀ: COMPIE VENTI ANNI L’ANTITRUST ED ANCHE IL LIBERO MERCATO

Compirà, il 10 ottobre, 20 anni l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, da 5 anni sotto la guida del presidente Antonio Catricalà. La conduce, in questo 2010, verso la ricorrenza di un anniversario importante legandola alla necessità di alimentare il dibattito sull’importanza del corretto funzionamento del mercato. È un dato di fatto che l’Antitrust e la sua cultura hanno incontrato ostacoli e resistenze in Italia più che in altri Paesi; oggi il sistema di mercato, ancora debole, «deve essere sollecitato, spronato all’efficienza, ma non può essere mortificato», sostiene il presidente. L’idea centrale dichiarata per questo compleanno è quella di «instillare logiche competitive nei comportamenti delle imprese, senza però deprimere quelle forze autonome che non si sono mai potute consolidare a sufficienza»; quindi di «porre con maggiore forza il tema della regolazione restrittiva e protezionistica», «utilizzare strumenti di controllo che vadano oltre il mero accertamento dell’illecito e l’irrogazione della sanzione» e «intervenire sui mercati con maggiore tempestività». L’Antitrust di Catricalà ha inaugurato una politica del dialogo con le imprese attraverso il nuovo istituto delle «decisioni con impegni» ponendosi all’avanguardia in Europa, e ha cercato quotidianamente di sensibilizzare l’opinione pubblica sui temi della concorrenza e della tutela dei consumatori dedicando peculiare attenzione all’attività di comunicazione istituzionale, consapevole della mancanza storica di un adeguato dibattito pubblico. Dopo vent’anni, tali temi costituiscono un punto di vista sempre presente nella discussione politica su argomenti economici e rilevante nell’attività delle istituzioni di regolazione dei mercati. Tanto già basta per fare gli auguri dinnanzi a una torta - un mercato libero e concorrenziale - con venti candeline accese.

Domanda. L’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato quest’anno compie 20 anni. Un bilancio?
Risposta. Il 2010 è l’anno in cui l’AGCM esce dalla «teen age» e raggiunge la maturità, direi in tutti i sensi. Anche per aver ottenuto, nel 2005, la completa competenza in materia concorrenziale, quando la legge sul risparmio ci ha consentito di occuparci di concorrenza bancaria: è stata così colmata una grave lacuna per un Istituto che doveva regolare l’intero mercato che dipende strettamente dal credito. Abbiamo inoltre ottenuto, nel 2006, la competenza sulle pratiche commerciali scorrette. Il nostro istituto ha una caratteristica: quando ha una competenza, assolve ai propri doveri, e questo è stato dimostrato nei nostri vent’anni.

D. Nel periodo della sua presidenza, quali cose sono cambiate?
R. I cinque anni dal mio insediamento - nel 2005 - sono stati ricchi di attività, e ritengo di risultati: non è facile ottenerne di immediati e tangibili in una situazione come quella del nostro mercato, ingessato dal punto di vista concorrenziale. L’Antitrust ha finalmente inserito, nella cultura italiana, la disciplina della tutela dei consumatori, tanto che le famiglie ci conoscono come loro tutori rispetto ai piccoli soprusi di cui sono vittime, e ciò è testimoniato dal numero enorme di segnalazioni che riceviamo, e dal successo che ha avuto la nostra iniziativa di istituire un contact center per ricevere direttamente e gratuitamente le denunce dalla voce dei consumatori. La stampa ci ha seguito finora con grande attenzione, e questo significa che l’opinione pubblica asseconda e favorisce la nostra azione. Abbiamo anche avuto qualche delusione sul piano giudiziario, ma non sono decisioni definitive: come dire, si tratta di sconfitte in battaglia e non della perdita della guerra. Sugli argomenti più significativi siamo pazienti; ad esempio siamo in attesa di un definitivo verdetto del Consiglio di Stato relativo alle 23 istruttorie sulle banche da noi condannate per il comportamento scorretto costituito dalla mancata applicazione della disciplina legislativa in materia di gratuità nella surroga dei mutui. Il Tar ci ha dato torto e abbiamo fatto ricorso al Consiglio di Stato, ma nel frattempo sta maturando una coscienza ampia su che cosa sia la tutela del consumatore in Italia, e speriamo che l’organo giudicante in secondo grado sappia e voglia prendere in considerazione una visione diversa della tutela del consumatore, che non sia più una disciplina per il «peer to peer», simmetrica, perché il consumatore è più debole: ha anche bisogno di un organismo pubblico che curi i suoi interessi rispetto ai grandi centri economici.

D. Una volta che vi è stata conferita la competenza a giudicare le pratiche commerciali scorrette, siete stati inondati di denunce. Come vi avete fatto fronte?
R. Pur non avendo le risorse necessarie per far fronte a questa nuova evenienza, siamo riusciti a contrastare tali pratiche e a porre in essere una molteplicità di istruttorie. Mi capita di leggere alcune polemiche sulle nostre attività in materia, ed è chiaro che chi viene da noi inquisito e sanzionato ha tutto l’interesse a dichiarare che si è trattato di un nostro errore. Fa benissimo a difendersi fino al grado finale del giudizio, perché è nei propri diritti. Sento invece polemiche sporadiche da parte di soggetti terzi e francamente non le comprendo: noi operiamo a favore dei cittadini e ciò dovrebbe giovare alla società.

D. Cosa c’è in vista per l’AGCM nel prossimo futuro?
R. Speriamo di ottenere quanto prima ulteriori competenze. Mi riferisco innanzitutto al nostro interesse e alla capacità che possediamo in tema di contratti di serie e di massa e di clausole vessatorie. Se ottenessimo questi nuovi compiti non attueremmo una politica dirigista né regolatoria, ma esamineremmo i singoli casi. Il nostro giudizio non sarebbe insindacabile ma potrebbe impugnarsi innanzi al Tar per l’annullamento dei nostri provvedimenti di inibitoria all’uso delle clausole; resterebbe al giudice ordinario di dichiarare la nullità delle stesse. Chiederemo per l’appunto questa competenza. Ciò dovrebbe completare la nostra capacità di tutelare il consumatore, intervenendo non solo quando si sia già verificata la scorrettezza commerciale, ma a monte, a livello contrattuale. Sarebbero tutelati moltissimi consumatori, troppo abituati ad essere vessati e a dover firmare tutte le clausole che vengono loro sottoposte come condizione necessaria per concludere un contratto. È necessaria una terza figura che filtri ogni clausola dei contratti di serie, e l’Antitrust ha la professionalità per farlo; bisogna avere il coraggio di cominciare anche con poche risorse e nonostante vi sia già molto arretrato da smaltire.

D. L’Italia è cambiata negli ultimi vent’anni?
R. Considerando il ritardo con il quale siamo partiti in quest’attività di tutela, l’Antitrust segna un bilancio altamente positivo essendo oggi una delle istituzioni più apprezzate, come danno atto anche le associazioni dei consumatori; di essa i cittadini si fidano e ne possiamo essere fieri. Intendiamo tenere alto il vessillo della libertà di mercato, perché l’abuso non è stato originato da essa, semmai dagli scarsi controlli in determinati settori e in particolari Paesi, e solo dopo è divenuto un problema generale. Non c’è un’altra alternativa alla libertà di mercato, quantomeno nel nostro Paese, e qualsiasi politica protezionistica ci porterebbe indietro di molto più di vent’anni, non potendo le nostre casse pubbliche permettersi di versare aiuti di Stato, né si può chiudere il mercato in un Paese che vive di esportazione. Si può piuttosto migliorare nella regolazione, ma senza renderla opprimente al punto da stringere e avvilire l’iniziativa privata. Tantomeno si può pensare a una politica dirigista se non ci sono, da parte del Governo, gli strumenti e i mezzi per intervenire nei momenti di crisi a sanare le patologie che dovessero crearsi; né siamo in grado, con il debito pubblico che abbiamo, di concedere gli stessi aiuti attribuiti in altri Paesi. La libertà di mercato che, sia pure con tante limitazioni, abbiamo conquistato è l’unica via per crescere.

D. Pensa che la scorrettezza commerciale sia un problema caratteristico dell’Italia nel confronto con gli altri Paesi?
R. La differenza fondamentale con gli altri Paesi è questa: in Italia, rispetto agli altri omologhi per il sistema di civil law che li contraddistingue, non c’era una cultura della tutela del consumatore, mentre in Francia e in Germania c’è stata sempre una maggiore attenzione verso tali ragioni. Il codice civile tedesco tutela chi aderisce a un contratto già predisposto molto più di quanto non faccia il codice civile italiano. È il nostro codice del consumo a pareggiare i conti attribuendo ai consumatori la medesima tutela che si attua nel resto d’Europa. Ma in più abbiamo un’autorità pubblica che se ne occupa, posso dire prestigiosa, sostanzialmente una marcia in più rispetto agli altri Paesi: tanto che la stessa Commissione europea ci addita a modello ed esempio per la tutela dei consumatori.

D. Rispetto agli Stati Uniti, invece, nei quali i consumatori sono molto tutelati, siamo così lontani?
R. Diversa è la storia degli Stati Uniti e dei Paesi anglosassoni di common law in cui si è sviluppata una tutela dei consumatori basata sulla «class action», e in cui è presente una cultura molto più attenta ai consumatori. Di fatto sono molto più avanti a noi, soprattutto per l’esistenza di una generale azione collettiva e per il riconoscimento del danno punitivo, che invece in Italia non è ancora stato ammesso, e forse ancora oggi potrebbe essere considerato anche incostituzionale.

D. Dal primo gennaio scorso anche i consumatori italiani possono esercitare l’azione collettiva a tutela dei propri diritti per danni e inadempienze contrattuali da parte delle aziende. È a favore?
R. Ho raccomandato - e le associazioni sembra abbiano risposto favorevolmente - di limitare l’esercizio di questa azione, almeno all’inizio, ai casi sicuri, cioè nei quali siano presenti un illecito già accertato e un gruppo compatto, quindi una classe di consumatori che può essere identificata con facilità come tutti coloro che hanno subito danni direttamente dall’azione ritenuta illecita. Se si comincerà con azioni fumose e generiche, il rischio sarà quello della dichiarazione di inammissibilità da parte del giudice ordinario e, nel caso in cui si diffonda la prassi di respingere le «class action», esse perderebbero di qualsiasi efficacia, soprattutto in deterrenza. È necessario allora, almeno nella prima fase del ricorso al nuovo strumento, limitarlo ai pochi casi in cui vi sia la certezza del risultato favorevole.

D. In che rapporto la «class action» si porrà rispetto all’attività dell’Antitrust?
R. L’Antitrust non è coinvolta nell’azione giudiziaria, nemmeno con pareri, se non per una norma che attribuisce solo al giudice l’onere di sospendere la procedura nel caso in cui sia pendente una nostra istruttoria, fintanto che l’Antitrust non emetta una decisione. Questo è l’unico modo in cui noi interferiamo. Una volta che l’Autorità abbia dichiarato scorretta una prassi, ovvero ritenuto la presenza di un abuso di posizione dominante o di un’intesa restrittiva della concorrenza, i consumatori potranno agire in giudizio con maggiore facilità. La legge ha solo attribuito al giudice l’onere di sospendere il processo in attesa della nostra pronuncia, e sarà una sospensione breve perché abbiamo tempi decisionali molto stretti.

D. Con quale tempistica adotta le proprie decisioni l’Antitrust?
R. Per valutare una concentrazione abbiamo 30 giorni, più altri 45 se si dà luogo ad istruttoria. Per le pratiche commerciali scorrette decidiamo mediamente in 120-180 giorni; per gli abusi e le intese, invece, i tempi dell’istruttoria possono durare anche un anno, perché bisogna dare il tempo alle parti di difendersi adeguatamente, trattandosi di multe salate che possono giungere a colpire il 10 per cento del fatturato dell’impresa.

D. L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato presenta una relazione semestrale in tema di conflitto di interessi. Com’è oggi la situazione?
R. Abbiamo espresso alcune critiche alla legge nella parte in cui definisce il conflitto d’interesse in modo statico e non dinamico, e nella parte in cui viene considerato come illecito di danno e non come illecito di pericolo. Ma ho visto che il tema non è nell’agenda del Governo e del Parlamento. Avremmo voluto un meccanismo normativo più semplice, basato sul pericolo dell’esistenza di un danno e non sul suo accertamento: così come è congegnato oggi il procedimento, perché sia configurabile un conflitto di interessi, ci dovremmo trovare in presenza di fatti talmente gravi da configurare ipotesi di reato. La legge ci lascia pochi margini. Perché esista conflitto di interessi deve esistere un atto di governo, direttamente promosso da un membro dell’esecutivo che, grazie a quella norma, ricavi un beneficio preferenziale per il suo patrimonio o per quello dei suoi familiari, e, in aggiunta, deve essere provato un danno all’interesse pubblico. È un’ipotesi più scolastica che reale, mai verificata sul campo. Diverso il tema dei possibili conflitti d’interesse nel settore bancario. Abbiamo segnalato il rischio di conflitti di ruolo che si ha quando gli stessi amministratori hanno ruoli di governance in società che dovrebbero farsi concorrenza: è evidente che così rispondono agli interessi di più mandanti e si creano situazioni di stasi non concorrenziali. A noi interessa che questi istituti si facciano concorrenza: il sistema intero risente dei troppi fenomeni di conflitto, perché nessuno ha interesse a far concorrenza a se stesso.

D. Come operano i contact center nelle segnalazioni e che tipo di riscontro hanno avuto?
R. Al numero gratuito del nostro contact center - l’800.166.661 - rispondono, dal lunedì al venerdì, dalle 10 alle 14, otto giovani laureati in Giurisprudenza; in alternativa, è possibile lasciare un messaggio in Segreteria e a stretto giro, entro 24 ore, si avrà una telefonata di riscontro. Il servizio ha ottenuto il riconoscimento da parte del Ministero della Funzione Pubblica per il progetto di efficienza, in quanto riconosciuto meritevole. Il contact center materialmente raccoglie la denuncia verbale, la trasforma in una segnalazione scritta che informaticamente è trasmessa all’ufficio competente, se si ritiene che ad essa vada dato un seguito; altra strada è quella di intervenire con una «moral suasion» nei confronti dell’impresa segnalata, chiudendo il caso. Se il problema non è di competenza dell’Autorità, si indirizza il consumatore verso chi è competente mentre, se semplicemente non è evidente una scorrettezza commerciale, la pratica viene archiviata. Questo sistema agevola il lavoro dell’AGCM perché consente di sgravare a monte i nostri uffici da tutta una serie di pratiche costituite da disguidi, fatti irripetibili o non costituenti attività scorrette.

D. Come sarà celebrato il ventennale dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato?
R. Siamo grati al presidente della Repubblica che ha concesso il patrocinio a tutte le iniziative che abbiamo voluto attivare, nonché al ministro Claudio Scajola che ha favorito l’emissione di uno speciale francobollo che celebra la nostra istituzione. Stiamo facendo tutto in grande economia, e perfino il logo del ventennale è stato il dono di un creativo, Paolo Nazzaro. Indiremo, nel corso dell’anno, una serie di incontri per sviluppare tutti i temi della nostra attività, fino al 10 ottobre, quando sarà aperta una mostra ed emesso il francobollo con la timbratura.

D. Qual è un progetto che le sta particolarmente a cuore?
R. Il “progetto scuola” che, cominciato con le elementari, porteremo nelle medie e nelle superiori, riprendendo l’attività di diffusione nelle scuole della cultura della concorrenza e della tutela del consumatore. I nostri funzionari parleranno con gli studenti, saranno indetti concorsi e conferite targhe ai giovani che meglio sapranno esprimere l’importanza della concorrenza e del libero mercato.

Tags: consumatori AGCM - Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato Legge annuale per il mercato e la concorrenza (n.124/2017) mercato Febbraio 2010 Antonio Catricalà

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