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*Speciale Droni* Vito Riggio: all’Enac spetta regolamentare il futuro, e al futuro non si puo' dire di no

Vito Riggio, presidente dell’Enac

Il drone è una grande «App», un’applicazione, e ovviamente c’è bisogno di gente che ci metta cervello e soldi per svilupparla. L’interesse c’è, e come tutte le App che hanno un rendimento economico, stanno sul mercato e sono finanziabili, i soldi si trovano: il mondo è pieno di soldi, sono le idee che spesso mancano. Il resto deve venire.

 

Il codice della navigazione, all’articolo 743 come emendato dal decreto legislativo n. 96 del 9 maggio 2005, definisce aeromobile «ogni macchina destinata al trasporto per aria di persone o cose. Sono altresì considerati aeromobili i mezzi aerei a pilotaggio remoto, definiti come tali dalle leggi speciali, dai regolamenti dell’Enac e, per quelli militari, dai decreti del Ministero della Difesa. Le distinzioni degli aeromobili, secondo le loro caratteristiche tecniche e secondo il loro impiego, sono stabilite dall’Enac con propri regolamenti e, comunque, dalla normativa speciale in materia». È dunque all’Ente nazionale per l’aviazione civile che spetta l’arduo compito di regolamentare «il futuro», ciò che era nei film fino a poco fa, città prese d’assalto da mezzi volanti e privacy, sicurezza, libertà messe in discussione:i mezzi aerei a pilotaggio remoto (Sapr), comunemente noti come droni, sono aeromobili caratterizzati dall’assenza di un equipaggio a bordo. Tanto basta per capirne sia le potenzialità, sia i rischi connessi al fatto che il volo di un drone è governato da diverse tipologie di «flight control system», gestiti in remoto da piloti a terra. Ma al futuro non si può dire di no.

 

Così l’Enac ha accolto le richieste delle quattro associazioni di settore - Assorpas, UASIt, Fiapr e AIDroni - e sta oggi rivedendo la normativa dedicata ai velivoli comandati a distanza, rendendone pubblica una versione preliminare, e alleggerendo tensione e regole. L’interesse per l’impiego di questi aeromobili negli ultimi tempi sta crescendo esponenzialmente in diverse attività per le potenzialità di impiego che si intravedono tra cui sorveglianza del territorio, rilevamento delle condizioni ambientali, trasmissione dati, riprese aeree, impieghi agricoli, compiti di ordine pubblico; ma resta complesso e pericoloso l’impiego di un dispositivo che supera anche i 25 chili, che può cadere, attraverso il quale possono essere compiute azioni lecite ed illecite (tratto dalla stampa: di recente un ingegnere indiano ha inserito a distanza un virus nel software del velivolo e lo ha dirottato).

 

L’Enac (e con lui l’Italia) è stato tra i primi enti in Europa a dare formalità alla questione: il regolamento «Mezzi aerei a pilotaggio remoto» viene incontro alle esigenze espresse da costruttori e operatori del settore di avere un quadro regolamentare di riferimento in grado di garantire uno sviluppo ordinato e in sicurezza di questa nuova realtà. Non esiste ancora un unico standard di riferimento europeo, e l’Icao (International Civil Aviation Organization) è impegnata a sviluppare le modifiche agli allegati per ricomprendere nella loro applicabilità anche questi mezzi.

 

I Sapr possono essere utilizzati anche per applicazioni in ambienti ostili come monitoraggio di incendi, ispezioni di infrastrutture e di impianti, sorveglianza del traffico stradale. In questo contesto rappresentano anche un’opportunità di sviluppo per l’industria nazionale dei costruttori di Sistemi aeromobili a pilotaggio remoto.

 

Ne parla Vito Riggio, presidente dell’Enac.

 

Domanda. Già verso il secondo regolamento. Cosa dobbiamo attenderci?

 

Risposta. Siamo stati tra i primi in Europa a fare un primo regolamento, adesso elaboriamo il secondo tenendo conto di una serie di osservazioni che sono emerse in questo primo periodo. Al momento ci concentriamo sull’uso dei droni, più avanti verificheremo se ci saranno garanzie di sicurezza anche per l’impiego nei trasporti.

 

D. Un drone che trasporterà merci e persone senza pilota, ossia un vero e proprio mezzo telecomandato?

 

R. Questo è ancora in fase sperimentale.

 

D. Quali sono i punti che l’Enac ritiene più rilevanti?

 

R. Ci confrontiamo con problemi molto grandi:se fuori e in campagna gli amatori possono godere di una relativa tranquillità, ma tenendo sempre sotto controllo il comando del drone, per quanto riguarda la città sono molto cauto perché capisco le esigenze connesse all’uso di tale strumento, ma capisco ancora di più la sicurezza. In città e nei centri abitati il drone può cadere e provocare lesioni gravi o la morte di chi è colpito; i mezzi superiori ai 25 chili sono dei veri e propri aerei, è necessaria un’autorizzazione con relativo corso.

 

D. Si sta assistendo alla proliferazione dei corsi per droni. Sono tutte sicure e certe e, soprattutto, l’esperienza di questi pochi anni di attività dei droni può essere sufficiente a lasciare il mercato libero per le scuole?

 

R. In questo periodo ci sono una sessantina di scuole, mi sembra esagerato. Diciamo che è la moda del momento, ci si illude del fatto che adesso si è aperto un nuovo campo di lavoro e che tutti possono diventare piloti di droni. Speriamo sia così, ma con cautela.

 

D. Però sicuramente può portare lavoro.

 

R. Da una parte sì, ma non so quanto. Spero che il mercato si sviluppi, porti lavoro e si investa soprattutto nella ricerca e nella sicurezza. È chiaro che si apre un campo su cui dobbiamo lavorare, anche d’intesa con gli americani e con la Commissione europea, per cercare di sviluppare tutte le applicazioni possibili ed avanzate.

 

D. La sicurezza come la si può monitorare, oltre che prevenire?

 

R. Impedendo l’uso dei droni in città e nei luoghi affollati. Per operazioni in tali contesti si dovrà chiamare un esperto certificato dall’Enac, non chiunque: non ci s’improvvisi pilota di droni. Il drone non è un giocattolo, è questo il messaggio che deve passare, e anche se di soli 5 chili può recare grandi danni. Bisogna essere in grado di pilotarlo.

 

D. Ci sono problemi anche connessi alla privacy.

 

R. Questo lasciamolo al Garante, a cui spetterà stabilire delle norme, noi ci occupiamo della parte tecnica. La privacy ormai è ridotta al minimo, e il Garante fa molto poco per tutelarla:lasciamogli almeno i droni.

 

D. Quali sono le linee principali del regolamento?

 

R. La prima è che sopra i 25 chili ci vuole un vero e proprio brevetto da pilota, mentre per quanto riguarda i droni sotto i 25 chili stiamo rivedendo le norme. Sarà comunque necessaria la certificazione e l’autodenuncia per l’impiego del drone, e si faranno indagini sull’attendibilità di chi opera.

 

D. Anche prescrivendo un patentino, questo si prende con sole poche ore di scuola:quanto è congeniale?

 

R. Poche ore di scuola sono già qualcosa, poi se c’è bisogno di fare di più si farà di più, però già il fatto d’identificare il drone come un vero e proprio oggetto volante, e quindi un aereo sia pure pilotato a distanza, è un’affermazione di principio importante. Il pilota di droni è un pilota vero e proprio.

 

D. Tranne per il fatto, non di poco conto, che non rischia la propria vita ma la fa rischiare solamente agli altri, questa è l’unica differenza con i piloti regolari che salgono a bordo, forse con più responsabilità.

 

R. Non è una differenza da sottovalutare, dobbiamo trovare l’equivalente, non possiamo impedire lo sviluppo tecnologico perché provoca un danno, si tratta invece di prevenirlo e di regolarlo, e a questo penseranno gli esperti a livello internazionale.

 

D. Quali sono le differenze con gli altri Paesi?

 

R. Si sta cercando di armonizzare il tutto a livello europeo, ognuno però è andato un po’ per conto suo. È un problema nella Commissione parlamentare europea fare un regolamento, che prima si fa e meglio è.

 

D. Perché in Italia è intervenuto l’Enac invece che il Parlamento?

 

R. Il Parlamento italiano non c’entrerà mai, anche perché l’Enac ha piena autonomia sul piano tecnico e non ha bisogno del Parlamento perché applica i regolamenti. Quando interviene il regolamento europeo il Parlamento italiano cessa di avere autorità. Noi abbiamo delegiferato tutta la materia tecnica dell’aeronautica, e quando non ci sono regolamenti c’è l’autonomia tecnica dell’Enac; il Parlamento non riesce a fare le leggi importanti, figuriamoci una legge sui droni.

 

D. Come siete giunti alla definizione di queste norme, chi avete interpellato?

 

R. C’è stata una consultazione nella bozza del regolamento con delle associazioni che si sono appena costituite con gli utilizzatori di questo mezzo, ma ci fidiamo molto del fatto che noi siamo presenti in tutti gli organismi internazionali, soprattutto con il nostro vicedirettore generale Benedetto Marasà che fa parte, insieme al direttore generale, di tutti i comitati sulla sicurezza e di tutti gli organismi internazionali con ruoli di rilievo. L’Italia è considerata al sesto posto nel campo dell’aviazione civile nel mondo.

 

D. Perché avete ritenuto non necessario un certificato acustico?

 

R. Perché questi strumenti non superano le soglie consentite di rumore. Il vero rumore in città lo fanno le macchine, il vero problema è il disastro urbano.

 

D. Il drone ha dei limiti di altezza?

 

R. È evidente che dipende dal peso perché quelli sopra i 25 chili hanno una propulsione maggiore, quelli sotto i stanno in uno spazio vigilato, devono esservi meccanismi anticollisione e devono poter essere tracciabili nello spazio, come tutto quello che si muove. Ci sono droni di oltre 300 chili.

 

D. Dove pensa ci porterà questa evoluzione?

 

R. Penso che noi, in generale e non solo nel pilotaggio remoto, avremo il chilometro zero in tutto il mondo:nel prossimo futuro si arriverà in qualunque parte del mondo in 2 ore e non più in 24, faccio riferimento al volo superorbitale. Per i droni nello specifico non so dire, di certo aiuterà a vedere cose che a terra non sono visibili, importantissime dal punto di vista della tutela del patrimonio dei beni culturali, della vigilanza antincendio, della vigilanza sulle linee elettriche; si potranno prevenire incendi, rotture, guasti. Il resto deve ancora venire, può darsi che nel settore dei trasporti si riesca a consegnare la merce in un centro di smistamento in modo più sicuro e veloce di quanto accada adesso. È come le applicazioni, il drone è una grande «App», ovviamente c’è bisogno di gente che ci metta cervello e soldi per svilupparla. L’interesse c’è, e come tutte le App che hanno un rendimento economico, stanno sul mercato e sono finanziabili, si trovano i soldi: il mondo è pieno di soldi, sono le idee che spesso mancano.

 

D. Il drone notturno invece, ci sarà?

 

R. Ci stanno lavorando. Non è difficile dal punto di vista della tecnologia.            

 

Tags: Luglio Agosto 2015 aviazione Ministero della Difesa droni Difesa

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