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impanata con l’oro la cotoletta del panino: ok, il prezzo è giusto?

di MASSIMILIANO DONA, segretario generale dell’unione nazionale consumatori

Quanto dovrebbe costare un panino? Fino a che limite, poi, il prezzo per un caffè o una bottiglietta d’acqua è da considerarsi «onesto»? In fondo tanto dal salumiere sotto casa, quanto in un bar del Centro, in aeroporto o in un’area di servizio, la qualità del prodotto non dovrebbe cambiare, ma spesso, visti i prezzi, viene davvero il dubbio che, come ci ha scritto un simpatico consumatore, «la cotoletta del panino sia impanata con l’oro». A volte è colpa delle speculazioni: conosciamo, purtroppo, i commercianti furbetti che nelle strade delle città d’arte alzano i prezzi «turistici», o i rincari che scattano impietosi in caso di siccità o per le gelate invernali. Talvolta, però, il discorso è ben più complicato.
In molti nelle ultime settimane ci hanno scritto per lamentarsi del prezzo di prodotti acquistati nelle aree di servizio in autostrada, tanto che abbiamo deciso di approfondire l’argomento lanciando la campagna (anche su Facebook e su Twitter) sul «caro panino»; abbiamo, dunque, commissionato una ricerca sulla ristorazione autostradale all’Istituto Piepoli, presentata lo scorso 28 marzo con la conferenza «Una sosta di qualità?». I risultati, c’era da aspettarselo, hanno confermato l’insoddisfazione dei consumatori per i prodotti e servizi venduti in autostrada.
Il prezzo, protagonista delle esistenze dei consumatori in tempo di crisi, andrebbe raccontato meglio e di più: troppo spesso i mezzi di informazione si limitano a denunciare i rincari e il diffondersi delle offerte, ma quasi mai viene detto ai cittadini come si forma il prezzo di vendita, cosa c’è dietro, quanto incide la materia prima o la capacità produttiva, quanto «contano» le procedure che garantiscono qualità e sicurezza dei prodotti, quanto invece incide una filiera troppo lunga e quante volte nel costo finale paghiamo anche il compenso di un testimone famoso.
Noi, che da oltre 50 anni proviamo a spiegare ai cittadini come difendersi dal prezzo esoso confrontando le offerte prima di procedere nell’acquisto, non possiamo fare a meno di denunciare alcune distorsioni nella ristorazione autostradale dove non c’è vera concorrenza. E non mi riferisco solo alla difficoltà per un automobilista che arriva in autogrill e, dopo aver visto il prezzo della «rustichella», non può risalire in auto per confrontarlo con quello dell’area di servizio successiva a più di 50 chilometri di distanza: anche se ammettessimo che il nostro consumatore si impegnasse in questa operazione, scoprirebbe che i prezzi sono pressoché uguali nelle diverse aree di servizio, con buona pace della libera concorrenza.
Eppure sulla rete autostradale da circa 10 anni vige un mercato liberalizzato (almeno sulla carta), e quello che ai tempi era il monopolista è stato «costretto» a cedere alcuni punti vendita, ma ha potuto conservare le stazioni più profittevoli del Paese. Certe cose accadono solo in Italia. Non è tutto, perché sul prezzo finale del panino e del caffè influisce il meccanismo delle royalties che gli operatori devono pagare al concessionario: gli operatori - Autogrill, Chef Express, My Chef e Sarni - hanno infatti firmato dei contratti impegnandosi a versare ai concessionari (come Autostrade per l’Italia) un importo fisso sui prodotti venduti, che ovviamente ricade sulle tasche dei consumatori con prezzi più elevati fino anche al 20 per cento, ma anche sulle stesse imprese, che hanno dichiarato lo stato di crisi avendo registrato perdite di esercizio nel 2012 pari a circa 50 milioni di euro.
Come uscirne? Ogni volta che le associazioni dei consumatori si lamentano dei prezzi alti, qualcuno si indigna e ci ricorda provocatoriamente che è passato il tempo dei prezzi imposti: è vero e non sogniamo certo questo salto all’indietro, anche se personalmente continuo a chiedermi perché nel nostro sistema giuridico siano regolamentate le vendite sotto costo e non quelle speculative, ma questo è un discorso che occuperebbe molte pagine. Da giurista, devo anche ricordare che il prezzo deve essere «trasparente»: così abbiamo il diritto di contestare i listini ogni qualvolta alla loro formazione concorrono dinamiche scorrette o poco limpide. Ecco perché ritengo che della ristorazione autostradale debba tornare ad occuparsi l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato se si vuole evitare che, come spesso accade nel nostro Paese, l’interesse di pochi, e nel caso specifico mi riferisco ai concessionari autostradali, prevalga su quello di molti, e cioè imprese e consumatori. Perché il prezzo è giusto solo se, grazie alla concorrenza, è un prezzo vero.   

Tags: Maggio 2013 consumatori

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