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un confronto non ideologico per accelerare i processi a beneficio di piccole e medie imprese

La situazione di crisi del sistema giudiziario rappresenta un ostacolo allo sviluppo del sistema economico,  soprattutto per le nuove imprese, che preferiscono firmare contratti con partner che conoscono e che garantiscono affidabilità. Vittime dell’inefficienza del processo civile non sono le grandi aziende, che usano  quale mezzo di risoluzione dei conflitti l'arbitrato, quanto le piccole e medie imprese che rappresentano l'ossatura portante del sistema economico produttivo del Paese. I dati sono impressionanti: in tema di ostacoli alla crescita delle piccole e medie imprese l'inefficienza giudiziaria pesa per il 12 per cento, collocandosi solo dopo la burocrazia. La concorrenza asiatica incide sulla crisi solo per il 2 per cento e l'inefficienza infrastrutturale per il 7 per cento.  Non è tutto. Secondo uno studio della Commissione tecnica della Finanza pubblica del Ministero dell'Economia, il risarcimento che lo Stato sarebbe tenuto a pagare per l'irragionevole durata dei processi ammonterebbe a circa 500 milioni di euro l'anno.
Tutto questo deve fare riflettere il legislatore, gli operatori del settore e ciascuno dei soggetti chiamati a confrontarsi sui temi in materia di giustizia, affinché davvero si arrivi ad avviare, o meglio a riprendere, un confronto alieno da contrapposizioni puramente ideologiche e da ragionamenti di pura fazione. È auspicabile un clima, come si è registrato qualche rara volta nel passato, che, pur nella doverosa distinzione di competenze e responsabilità, veda le parti coinvolte proiettate a convincersi l'un l'altra sulla qualità di ciascuna propria proposta, piuttosto che impegnate nella mera critica delle posizioni altrui. Un confronto di questo tipo renderebbe un notevole servizio al Paese e sarebbe in grado di dare risposte non più procrastinabili.    
L'inefficienza della giustizia civile costituisce, infatti, uno dei fattori che condizionano la competitività e la capacità di crescita e rende talvolta parzialmente inefficaci le riforme realizzate dal Parlamento in diverse materie. Vi è un problema di qualità della giustizia - con connessa esigenza di una maggiore qualificazione del personale giudiziario e quindi di un’attenta selezione dello stesso e continua riqualificazione -, ma anche un problema di tempestività. Vi è infine un problema di risorse a disposizione della giustizia e di capacità di gestione delle stesse. Tutto ciò genera costi rilevanti per l'economia.
Basti pensare agli studi realizzati dalla Banca Mondiale con il  rapporto Doing Business, o quelli svolti dalla Cepej, la Commissione europea per l'efficienza della giustizia, che hanno evidenziato come una non rigorosa applicazione delle leggi determini effetti negativi sui mercati finanziari. Non potendo confidare su una tutela del proprio credito, i creditori sono tentati di pretendere tassi di interesse più elevati o di concederne di meno, condizionando per tale via l'accesso al mercato dei capitali degli investitori.
Ma anche una giustizia non di qualità scoraggia la creazione di nuove imprese e disincentiva  gli investimenti delle imprese industriali, estere o nazionali. Per un verso, l'impossibilità di confidare in una pronta tutela in sede giudiziaria costituisce un fattore che distorce la concorrenza, perché agevola l'operato di quelle imprese che, già radicate nel tessuto economico, possono offrire una buona reputazione e così mantenere o conquistare fette di mercato. Per l'altro, l’insicurezza della giustizia spinge gli operatori economici esteri ad evitare di operare in Italia e quelli nazionali ad espandersi, complice il costo del lavoro e una fraintesa tutela costituzionale del lavoratore non sul territorio nazionale, ma in Paesi terzi.
Ad una giustizia inefficiente fa da pendant uno scarso numero di imprese, in particolare di società di capitali, soprattutto nei settori che dipendono in misura maggiore dalla disponibilità di finanza esterna: in questi casi una tutela adeguata dei finanziatori è essenziale per la crescita.  Alcuni dei rimedi possibili sono la digitalizzazione del processo civile e la selezione dei dirigenti degli uffici giudiziari secondo un rigoroso parametro di capacità gestionale, traguardi sin da subito realizzabili senza particolari riforme e che possono rappresentare prime risposte efficaci.
In prospettiva, si dovrebbe inoltre intervenire sulla riduzione e semplificazione dei riti processuali, sulla tecnica di motivazione delle sentenze, da estendere ad esempio solo a richiesta di parte, e sui sistemi formali ormai superati, come le notifiche; nella fase cosiddetta organizzatoria, la riduzione dei tempi del processo civile richiede, quale presupposto indefettibile, la possibilità di dotare il giudice di un vero e proprio ufficio costituito da collaboratori qualificati, idonei a svolgere tutte le attività preparatorie necessarie all'emanazione del provvedimento decisorio e che sottraggono tanto tempo all'attività giurisdizionale.
La certezza del processo deve infine essere anche certezza del risultato, ossia attuazione concreta della sentenza quale forma di ristoro del danneggiato e, in generale, momento essenziale perché tutti gli attori del processo comprendano il significato non simbolico della sanzione, percependo la legalità in funzione di orientamento culturale e tavola di valori ai quali riferirsi nella vita relazionale e di scambio commerciale.   

Tags: Maggio 2013 Cosimo Maria Ferri

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