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SOGIN: UNA SEPARAZIONE IN CASA, OSSIA QUELLA TELENOVELA CHE AI POLITICI ITALIANI PIACE TANTO FARE

Riccardo Casale, amministratore delegato, e Giuseppe Zollino, presidente Sogin

Energia e ambiente formano un connubio indissolubile, in particolare nell’attuale fase di transizione tra i modelli energetici, nello scenario di un mutamento di sistema, di un riequilibrio delle diverse fonti, con riduzione progressiva di quelle fossili, con politiche aggressive di risparmio energetico e innovazione tecnologica. Le strategie di medio e lungo periodo, messe a punto a Parigi in occasione della conferenza mondiale COP21, impongono mutamenti sostanziali nella produzione e nell’uso dell’energia; in particolare pongono la massima attenzione sia sulla riconversione e la tutela dell’ambiente, sia sulla riduzione delle emissioni attraverso il drastico contenimento dei consumi.
Le politiche ambientali si affermano così come l’altro cardine attorno al quale si muove il complesso sistema energetico e dei consumi tradizionali, sia elettrici, sia connessi ai trasporti e al ciclo dei rifiuti. L’Italia può vantare competenze e professionalità di indiscusso valore mondiale con Sogin, una società di Stato con unico socio il Ministero dell’Economia e delle Finanze, che ne detiene interamente il capitale sociale.
Costituita il 1º novembre 1999 con il compito di controllare, smantellare, decontaminare e gestire i rifiuti radioattivi, inizialmente nasce come società del gruppo Enel, incorporandone le competenze umane e le strutture materiali che erano preposte alle fasi di localizzazione, progettazione, costruzione ed esercizio delle centrali elettronucleari. Nel novembre 2000, le azioni Sogin vengono trasferite al Ministero dell’Economia e delle Finanze, scorporando così definitivamente dall’ex monopolista elettrico. Le vengono quindi conferite le quattro centrali nucleari italiane di Latina, Garigliano (Caserta), Trino (Vercelli) e Caorso (Piacenza) di proprietà dell’Enel e una parte dei dipendenti dell’Enea.
Nel 2003 vengono affidati in gestione a Sogin gli ex impianti di ricerca sul ciclo del combustibile Enea: l’impianto Eurex di Saluggia a Vercelli, gli impianti Ipu e Opec di Casaccia, in provincia di Roma, e l’impianto Itrec di Rotondella, in provincia di Matera.
Il 16 settembre 2004 la Sogin diventa un gruppo societario con l’acquisizione del 60 per cento delle azioni di Nucleco spa (il 40 per cento rimane di proprietà dell’Enea). Gli indirizzi strategici e operativi sono definiti dal Governo italiano. È stata pensata specificamente per il «decomissioning» del nucleare civile esteso progressivamente ad interventi di riconversione e tutela ambientale, sia nell’ambito elettro-energetico, sia in quello più ampio del trattamento e smaltimento dei rifiuti speciali e tossici. Tra i compiti più significativi ed ardui allo stesso tempo affidati a questa società, vi è quello dell’individuazione del sito nazionale per lo stoccaggio delle scorie nucleari.
Obiettivi molto ambiziosi e nel contempo tanto più necessari in Italia, dove sovente siamo alle prese con riconversioni industriali complicate, inquinamento ambientale diffuso, eco-mafie. Si pensi alle emergenze terribili della terra dei fuochi, difficoltà di ogni tipo per realizzare impianti, compresi quelli destinati a migliorare l’ambiente e garantire una efficacia ed equilibrata gestione dei cicli produttivi.
Una punta di diamante, quella di Sogin, destinata tuttavia a perdersi nelle brume degli interessi, di governance confuse, di gestioni opache quanto poco efficaci, con il risultato di essere scarsamente incisiva sul piano degli investimenti e delle realizzazioni, molto su quello delle polemiche, degli sprechi, delle occasioni mancate. È una storia costellata di inciampi e di ombre. Consigli di amministrazione molto chiacchierati e poco efficienti, senza distinzioni politiche, dagli anni di Silvio Berlusconi a quelli di Matteo Renzi. Gestioni commissariali, con quella di Francesco Mazzuca nel 2009, incapaci di infondere reale energia alla Società per renderla in grado di svolgere quel ruolo cruciale sul mercato italiano e su quello internazionale.
L’attuale consiglio di amministrazione nominato il 20 settembre 2013 è composto da Giuseppe Zollino in qualità di presidente, Lorenzo Mastroeni come vicepresidente, Riccardo Casale in qualità di amministratore delegato, ed i consiglieri Elena Comparato e Bruno Mangiatordi.
Molte le aspettative del mondo imprenditoriale e degli addetti ai lavori, affinché la società assumesse quel piglio di efficienza ed incisività gestionale, necessario, più che mai, per sostenere la grande trasformazione energetica che attraversa il Paese. Interventi attesi da anni, un pacchetto di investimenti rilevante, la definizione di scelte e oggetti compatibili con le necessità socio industriali, in particolar modo con gli indirizzi di politica ambientale sempre più stringenti. La realtà si è incaricata, invece di spazzar via buoni propositi e intenzioni. L’attività della Sogin è apparsa frammentata e confusa, preda di fatto di un conflitto di governance tutto interno al consiglio di amministrazione con presidente e amministratore delegato nei panni degli eterni duellanti, quasi fossero i protagonisti del celebre film di Ridley Scott del 1977, «I duellanti». Screzi iniziali, che invece di trovare soluzione per il bene dell’impresa e le necessità del sistema energetico e industriale italiano, si sono via via acuiti nel tempo sino ad ingessare di fatto ogni azione della società. Un piano di impresa costantemente rimandato, un braccio di ferro sugli indirizzi strategici e sulle scelte di gestione, che ha duramente impegnato i vertici della Sogin, senza trovare sbocchi possibili e decisivi.
Il danno per la collettività è amplificato dal fatto che i fondi per la società vengono direttamente da una componente della bolletta elettrica, che ne alimenta il patrimonio. Soldi previsti per investimenti di grande valore in termini di riconversione industriale, individuazione di nuovi siti, moderne politiche ambientali, uso di tecnologie d’avanguardia, competizione sul mercato internazionale. Dobbiamo a questo riguardo sottolineare come i grandi progetti di riconversione e di decommissioning del nucleare valgano a livello mondiale oltre 100 miliardi di dollari da qui al 2020: una fetta di mercato in grado di suscitare enormi interessi, in un settore dove proprio l’Italia, con Sogin, è al vertice delle qualità e delle competenze professionali, avendo prima di tutti gli altri iniziato la dismissione delle centrali nucleari. La possibilità di acquisire commesse rilevanti influisce non solo sullo sviluppo della società in questione, bensì sul ruolo che l’Italia può giocare in un panorama altamente specializzato, patrimonio a tutt’oggi di pochi operatori.
È un vero peccato disperdere professionalità di indubbio valore, non mettere a frutto competenze di alto livello, ricerche e innovazione che stanno di fatto appassendo all’ombra di un incomprensibile braccio di ferro e di un disinteresse preoccupante e colpevole del Governo.
Altra opportunità mancata è quella degli investimenti in ambito nazionale. Fonti concordi sostengono che la Sogin potrebbe, nell’immediato, disporre inoltre di oltre 1 miliardo di euro per progetti di riconversione industriale e tutela dell’ambiente. Capacità innovative in grado di integrarsi con le nuove politiche energetiche, risolvendo molti gravi problemi di inquinamento con la garanzia e la qualità di una società pubblica che pone la tutela della salute e della collettività come elemento imprescindibile della propria attività, in un settore di estrema delicatezza, attorno al quale ruotano interessi miliardari.
Abbiamo invece assistito, nei mesi scorsi, ad un balletto che potremo definire comico se non fosse inquietante per le ricadute su tutti i lavoratori della Sogin e sulle sue stesse attività. L’amministratore delegato nel novembre scorso, visto il preoccupante impasse della società sulla quale ha incarico, ha preso carta e penna per scrivere al ministro Pier Carlo Padoan rassegnando nelle sue mani insolite dimissioni. Sono seguite settimane di silenzio, come se le attività della Sogin non costituissero un impegno significativo per il Governo. Il Ministero del Tesoro alla fine di gennaio ha risposto accogliendo di fatto le dimissioni.
A questo punto ennesimo colpo di teatro, perché Casale faceva sapere di averci ripensato e che non avrebbe formalizzato le sue iniziali decisioni al consiglio di amministrazione, organo competente per accettarle. Continua così da «separati in casa» quella che si configura come una sorta di estenuante telenovela, cui il Governo guarda con occhio distratto e scarsa incisività. Il Piano di Impresa 2016-2019 è ancora in una fase germinale, compresi i costi della commessa nucleare e il budget relativo. Il conto economico della società è tutt’altro che trascurabile; il valore della produzione è stimato per il 2015 a poco più di 481 milioni di euro, su cui incidono circa 405 milioni di euro di costi esteri e quasi 75 milioni di euro di costo del lavoro, per un margine operativo lordo appena sotto 1,8 milioni di euro.
Stupisce non poco la scarsa reattività del Governo intervenuto in casi analoghi con ben altro piglio. Non si comprende la ragione di tanto distacco in un settore delicato e cruciale come quello della riconversione delle centrali, basti pensare che è prevista la dismissione di circa 50 siti, 23 dei quali solo dell’Enel. Impianti obsoleti o dagli elevati costi di gestione, comunque siti di rilevato impatto socio ambientale per i quali bisognerebbe pensare ad un programma mirato di trasformazione e riutilizzo. È comprensibile che individuare il sito nazionale per i rifiuti nucleari sia un tema così scottante dal quale la politica italiana continua a fuggire; tuttavia esistono molteplici ragioni per sostenere adeguatamente le attività di Sogin, dando ad esse impulso e sostegno con positive ricadute per l’occupazione, per la collettività, per le imprese del comparto elettro energetico.
Ragioni queste che non sembrano muovere il Governo dal proprio letargo. L’attuale situazione è insostenibile, mettere mano al consiglio di amministrazione è necessario più che opportuno. Il bene collettivo e il futuro della società non possono essere prigioniere dell’ennesima lotta di potere. Contrasti e interessi divergenti vanno risolti con decisione, non c’è spazio per tergiversare ancora. Lo chiedono gli stessi lavoratori della Sogin, lo pretendono decine di milioni di italiani che ogni mese pagano la bolletta elettrica. Il Ministero dell’Economia trovi il coraggio di decidere.
Non vogliamo rassegnarci ad un clima indolente e disfatto per assecondare oscure e modeste brame di potere. L’interesse dell’Italia val bene una scelta e forse qualche nemico.  

Tags: Marzo 2016 ambiente industria Ministero dell'Economia e delle Finanze Ubaldo Pacella MEF tutela ambientale energia consiglio di amministrazione cda rifiuti Enel Sogin

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