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Jessica Faroni: Aiop Lazio, esperienza imprenditoriale unita alla sanità per il bene di tutta la collettività

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L’Aiop Lazio rappresenta 120 case di cura distribuite su tutto il territorio regionale con oltre 11 mila posti letto: contribuisce, sviluppa e coordina iniziative volte al potenziamento e alla valorizzazione della funzionalità sanitaria e sociale svolta dall’ospedalità privata nel sistema sanitario regionale e nazionale


Lo scorso giugno 2015 Jessica Faroni, direttore generale del Gruppo INI, è stata riconfermata all’unanimità alla presidenza di Aiop Lazio per il triennio 2015 -2018. Si tratta del terzo mandato esecutivo per la Faroni, ed è stata rieletta durante l’Assemblea dell’associazione italiana ospedalità privata del Lazio. L’Aiop Lazio, che rappresenta 120 case di cura distribuite su tutto il territorio regionale con oltre 11 mila posti letto, con 18 mila professionisti, tra medici, terapisti, infermieri, personale addetto all’assistenza, educatori ed assistenti sociali, contribuisce, sviluppa e coordina iniziative volte al potenziamento e alla valorizzazione della funzionalità sanitaria e sociale svolta dall’ospedalità privata nell’universo sistema sanitario regionale e nazionale.
Laureata in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Roma «La Sapienza», si specializza con lode in Neurologia con tesi sperimentale «Trials riabilitativi in pazienti affetti da Sclerosi Multipla in forma remittente e progressiva»; in questa intervista chiarisce il «labile dualismo» che c’è fra sanità pubblica e sanità privata accreditata o per meglio dire non pubblica. Il Servizio Sanitario Nazionale è unico, la differenza è solo la proprietà.
Domanda. Cos’è l’Aiop per il Lazio e cosa ha rappresentato in questi 50 anni di attività?
Risposta. La nascita dell’Aiop Lazio ha rappresentato un importante ponte tra la sanità privata e la sanità pubblica. L’Associazione italiana dell’ospedalità privata, nata nel 1966, è presente in tutte le Regioni italiane e dedica particolare attenzione nel garantire la migliore tutela della salute dei cittadini che si orientano verso l’assistenza sanitaria privata. In particolare, la sede periferica dell’Aiop Lazio rappresenta 120 case di cura, di cui 84 accreditate, distribuite su tutto il territorio regionale ed è il 20 per cento di tutte le case di cura iscritte all’Aiop a livello nazionale. L’Aiop Lazio, come associazione datoriale più importante delle case di cura, ha lo scopo di svilupparne la qualificazione, sostenerne l’attività e la collocazione nell’ambito dell’organizzazione sanitaria nazionale. Per realizzare questo obiettivo, promuove e coordina tutte le iniziative che giovano al potenziamento e alla valorizzazione della funzionalità sanitaria e sociale, esplicata dall’ospedalità privata. Purtroppo in un Paese come il nostro la parola «privato» fa rima con «lucro», ma fortunatamente l’Aiop da 50 anni difende il nostro ruolo permettendo alle aziende di investire e di fare progetti combattendo preconcetti e pregiudizi. Grazie all’operato dell’associazione, possiamo dire che oggi l’imprenditoria privata è la solida realtà del nostro sistema sanitario nazionale al pari delle altre nazioni europee.
D. La sanità italiana è in deflazione e a pagarne le spese è soprattutto l’ospedalità privata: perché nessuna Regione più del Lazio è penalizzata da questi scenari?
R. Perché la gestione è stata sempre molto miope e ha portato - solo nel Lazio nel 2008 con un deficit nella sanità di oltre 2 miliardi di euro diventando la peggiore Regione italiana con un piano di rientro molto duro - a una perdita del 30 per cento del budget, a una riduzione dei posti letto e di un numero enorme di prestazioni. Negli ultimi quattro anni sono stati eseguiti tagli doppi rispetto a quelli pubblici a fronte di una incapacità del pubblico di riorganizzarsi: basta vedere cosa accade nei pronto soccorso e nelle liste di attesa. E la deflazione del sistema si traduce in un minore trasferimento di risorse al privato accreditato mettendo a rischio la sua capacità di offrire servizi ai pazienti. Nessuna Regione più del Lazio è penalizzata da questi scenari, e per una serie di motivi, a partire dal fatto che siamo in piano di rientro da quasi 10 anni e sono stati presi provvedimenti scellerati sia per il pubblico che per il privato. Nel privato sono stati operati tagli lineari di posti letto e di budget assolutamente inutili, anche perché tagliare chi allo stesso prezzo e con la stessa qualità produce tre volte di più è economicamente controproducente. Anche gli ospedali pubblici hanno subito misure controproducenti come il blocco del turn over delle assunzioni. Una misura che non ha portato a nulla soprattutto se non metti in atto procedure di mobilità per quella parte di personale che non serve. Insomma, nel Lazio sono stati presi tanti provvedimenti per contenere la spesa con il risultato di assistere a quanto la cronaca dei giornali ci racconta, ossia pronto soccorso e ospedali al collasso e case di cura che non riescono a lavorare serenamente. Questo sicuramente è un problema culturale, per cui parlare di privato in sanità genera un pregiudizio e accettiamo di mantenere ospedali pubblici che sono in deficit a carico della collettività.
D. Quale la differenza fondamentale tra una struttura pubblica e una privata?
R. La proprietà e la gestione delle strutture associate ad Aiop sono private, ma a regolare e a vigilare sulla qualità delle prestazioni è sempre l’organismo pubblico, l’Asl. Annualmente gli ospedali privati fanno dei contratti con la Regione in forza dei quali erogano le prestazioni. Inoltre c’è da fare un distinguo tra il privato convenzionato dal privato «privato»: il privato convenzionato è una struttura assolutamente pari a quella pubblica dove si accede tramite impegnativa; mentre le strutture private «private», quelle dove si accede o tramite assicurazione o tramite saldamento in proprio, sono sempre rappresentate da noi ma raffigurano una realtà completamente diversa.
D. L’Aiop non dovrebbe fare una campagna informativa per mettere al corrente il cittadino di questa differenza tra pubblico e privato?
R. È quello che facciamo, anche con varie pubblicazioni: ma un esempio paradossale è rappresentato dal portale della Regione Lazio dove nella sezione «salute» c’è l’offerta di tutto il settore pubblico, ma non di quello privato convenzionato, nonostante ci sia una normativa europea che impone nell’offerta addirittura il singolo studio medico, mentre da noi non compaiono nemmeno le case di cura.
D. Per quale motivo un paziente dovrebbe scegliere un ospedale privato anziché un ospedale pubblico?
R. La scelta del paziente deve essere assolutamente libera, ma è chiaro che nel nostro caso, essendo privati e sapendo che bisogna conquistarsi la fiducia dei cittadini, cerchiamo di essere sempre qualitativamente avanti offrendo un servizio migliore dal punto di vista dell’innovazione tecnologica, del personale e della qualità delle strutture.
D. Come potrebbero dialogare nel modo migliore pubblico e privato?
R. Quando si sente parlare di sanità pubblica e sanità privata, confondiamo i termini ogni volta che crediamo che la sanità privata sia sempre a carico del cittadino, mentre è un servizio pubblico: si tratta di una sanità privata che opera all’interno del servizio sanitario nazionale. Per questo il grande sforzo che fa l’Aiop è quello di portare l’esperienza dell’imprenditoria cercando di dare supporto al pubblico mantenendo uno standard qualitativo alto per dare al cliente un servizio completo a 360 gradi con costi contenuti.
D. Il piano della Regione Lazio per ridurre le liste d’attesa?
R. Sulla diminuzione delle liste d’attesa sono stati stanziati 10 milioni di euro, ma altre azioni sono necessarie e mi riferisco prima di tutto all’appropriatezza; troppi esami e visite sono inutili e non andrebbero prescritte. Le code si allungano, lo stesso fenomeno che accade nei pronto soccorso. Questa è alquanto ridicolo: prima mettono a punto il Piano e poi ci tagliano il 3,5 per cento del budget ambulatoriale; noi con quel 3,5 per cento faremmo migliaia di prestazioni.
D. Quali sono i rapporti tra la Regione Lazio e la sanità privata?
R. I rapporti sono attualmente buoni e di reciproco rispetto perché comunque si cerca sempre di collaborare; ma è anche vero che spesso riscontriamo la lentezza dell’amministrazione nel rendere operative decisioni e accordi che coinvolgono tutti.
D. Come si configura oggi il privato? Come vede lo sviluppo del settore?
R. Il settore è in pieno sviluppo e nel Lazio abbiamo soprattutto la fortuna di avere imprenditori che hanno ancora voglia di investire, ma è chiaro che è sempre più difficile poiché quello di cui avremmo bisogno è una visione lungimirante della programmazione. Il settore del privato accreditato ha vissuto anni impegnativi e difficili durante i quali è proseguito il trend dei tagli e della diminuzione delle risorse, nonostante ciò il nostro settore ha confermato di sapersi adattare per continuare ad erogare prestazioni di qualità. I dati confermano che la sinergia tra pubblico e privato è ancora vincente e che il privato accreditato è un valore aggiunto, parte integrante del sistema sanitario nazionale.
D. Quali sono i vari accordi stipulati con gli altri enti?
R. L’accordo raggiunto con Aris, Cgil, Cisl, Uil e Regione Lazio sul personale, sforzo e atto di grande responsabilità sociale da parte dell’imprenditore in un momento di crisi, arriva dopo una trattativa durata circa sei mesi e dopo un periodo, durato circa dieci anni, in cui le case di cura accreditate, a causa del piano di rientro, hanno subìto numerosi tagli. L’accordo riconosce la possibilità di avere una percentuale di lavoratori con contratti diversi da quello subordinato per venire incontro alle esigenze di flessibilità a cui le tutte strutture si devono adeguare per rimanere al passo con le continue modifiche richieste dalla controparte regionale. L’accordo è un grande risultato, sia per i dipendenti sia per le strutture stesse che in questo modo non si troveranno più nel caos normativo dei contratti di lavoro; inoltre la flessibilità prevista comunque garantirà la massima occupazione e modularità di gestione per le strutture.
D. Quali sono le differenze tra RSA (residenza sanitaria assistenziale) e case di riposo?
R. Cominciamo a fare chiarezza, in primis nella terminologia. C’è una differenza sostanziale, spesso non chiara anche sui media, tra RSA e case di riposo, in gergo comune conosciute anche come ospizi. Le prime sono residenze sanitarie assistenziali, a carattere sanitario, medico, vengono autorizzate all’esercizio dalle Regioni e rispettano requisiti normativi e standard di qualità elevatissimi. Le case di riposo sono altra cosa, sono autorizzate dai comuni e hanno una mission diversa, socio-assistenziale, non hanno personale medico, forniscono ospitalità e assistenza, ma non cure sanitarie. Adesso la Regione ha detto che farà un decreto dove anche le case di riposo verranno normate e soprattutto non potranno accogliere pazienti che necessitano di assistenza sanitaria.
D. Avete altri accordi?
R. È la prima volta nella storia che tutte le case di cura e le strutture ospedaliere private parleranno una sola lingua con il mondo delle assicurazioni e dei fondi sanitari integrativi. Infatti è stato firmato il protocollo di intesa tra Aiop Lazio e Previmedical - RBM Assicurazione Salute per l’adozione di un nomenclatore delle prestazioni sanitarie, di procedure operative e di una piattaforma informatica unica per la gestione della sanità integrativa. Quanto siglato, infatti, permetterà di gestire in modo efficiente tutta l’offerta privata, sfruttando al meglio la collaborazione con i fondi sanitari e le polizze salute. Stiamo così offrendo al cittadino, che sempre più si rivolge al privato, una valida alternativa, pur garantendo il rispetto dell’equità e della sostenibilità. Non si può non citare l’accordo siglato con la Regione Lazio, per cui il 30 per cento dei posti letto acuti delle nostre strutture è stato messo a disposizione per far fronte al sovraffollamento dei pronto soccorso.
D. Come sarà il futuro della sanità privata?
R. Il futuro è dubbio, ma dipende anche chi c’è dalla controparte; non capisco perché nel Lazio si continuino a fare decreti che bloccano il privato; in tutto questo c’è fondamentalmente un forte preconcetto e un’ottusità di base.
D. Lei presiede anche il Gruppo INI: ce ne vuole parlare?
R. Il Gruppo INI, Istituto neurotraumatologico italiano, è da settant’anni «al servizio della comunità» ed è articolato in più divisioni. Tutte le strutture - oltre 1.000 posti letto e oltre 1.200 dipendenti - sono abilitate al ricovero, all’assistenza specialistica ambulatoriale e sono tutte accreditate con il servizio sanitario nazionale.
D. Sulla territoriale cosa mi dice?
R. Noi siamo importanti nel Lazio soprattutto nell’assistenza dei pazienti anziani, nella disabilità e nella riabilitazione, quindi diamo un grande supporto al pubblico e cerchiamo anche con un accordo che abbiamo fatto ultimamente di prendere sia pazienti acuti per «svuotare» i pronto soccorso mettendo a disposizione i nostri posti letto. Ora manca solo l’attuazione da parte del pubblico, ma forse è ora di cominciare a lavorare concretamente sulla salute ancora prima che sulla sanità.   

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