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*SPECIALE UNIVERSITà* Lucio D’Alessandro: suor Orsola Benincasa, università dell'umanità

Il professor Lucio d’Alessandro, Rettore dell’Università degli Studi  Suor Orsola Benincasa di Napoli e vicepresidente della Crui

L’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa è situata in una cittadella monastica posta alle pendici del colle Sant’Elmo che domina l’intera città e il golfo di Napoli, prestigiosa struttura dove sorgono chiese, chiostri, giardini pensili e le vestigia di due monasteri fondati tra il XVI e il XVII secolo dalla mistica napoletana cui è oggi intitolata l’Università, e che ospita tre Facoltà: Scienze della Formazione, Lettere e Giurisprudenza. Il professore Lucio d’Alessandro, nato a Napoli 64 anni fa, ne è rettore da maggio del 2011, è stato confermato per il suo secondo mandato, di 4 anni, lo scorso luglio, e dal 2014 è vicepresidente della Crui, la Conferenza dei rettori delle università italiane. D’Alessandro comincia la sua lunga carriera accademica nell’Istituto italiano per gli Studi storici fondato da Benedetto Croce e nell’Istituto di Filosofia del diritto della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università Federico II di Napoli dove, a trent’anni non ancora compiuti, diviene professore associato di Sociologia giuridica. Nel 1988 s’insedia come professore ordinario nella cattedra di Sociologia del diritto dell’Università degli Studi del Molise dove, in breve tempo, diviene prima preside della Facoltà di Scienze economiche e sociali e successivamente, a soli 39 anni, rettore dal 1990 al 1995. Siede in seno al Consiglio di amministrazione del Suor Orsola dal 1980, università non statale dove diventa professore ordinario di Sociologia del diritto nel 1986. Nel 1995 è il primo preside della neonata Facoltà di Scienze della Formazione che ha preso il posto dello storico Magistero. Nel 1997 è nominato prorettore. Al Suor Orsola D’Alessandro fonda il corso di laurea in Scienze della Comunicazione, il corso di laurea in Scienze e tecniche di psicologia cognitiva, la prima Scuola di giornalismo del Mezzogiorno peninsulare, la Scuola di Cinema e Televisione, e ha promosso il primo master italiano specificamente dedicato alla promozione, valorizzazione e riutilizzo dei beni confiscati alla criminalità organizzata. È anche membro del Consiglio di amministrazione dell’Enac, l’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile.
Domanda. Il Suor Orsola è l’unica università non statale dell’Italia meridionale e prosegue nella sua tradizione che, da 151 anni, la vede racchiudere in sé l’intero arco delle istituzioni educative, dalla scuola primaria a quella secondaria inferiore e superiore, all’università. Quali sono le differenze tra un’università non statale e una statale, in termini di progetto, di risultati e di libertà didattica?
Risposta. La differenza strutturale è che le università di Stato sono un modo con cui lo Stato realizza la propria funzione nel campo della ricerca e della formazione. Quelle non statali, invece, rappresentano il modo in cui la società civile si organizza per raggiungere gli stessi scopi ma che possono essere più specifici, favorendo al massimo le vocazioni. Il Suor Orsola nasce per volontà di donne napoletane, ma di visione internazionale di un mondo cosmopolita che pensavano alla formazione prima della donna e poi della classe dirigente dell’Italia appena unita nel 1864. Direi poi che, nell’ambito universitario non pubblico, soffia un vento di maggiore libertà e maggiore attenzione ai bisogni del territorio, sebbene non attingano all’Ffo, il Fondo di funzionamento ordinario. Essendo però noi anche un ente pubblico, abbiamo come obiettivo quello di trasformare le risorse private provenienti dalle famiglie degli studenti in un servizio pubblico e quello di costruire dei sistemi molto attenti alla capacità dei giovani di entrare nell’ambito della vita sociale e professionale. L’attenzione, infatti, alla qualità della formazione, come anche al migliore rapporto con la società civile, ci rende estremamente attenti ai fenomeni professionali.
D. Da cosa si differenzia il Suor Orsola Benincasa dagli altri sei atenei della regione Campania?
R. L’attuale sede nasce come convento fondato alla metà del 1500 da Suor Orsola Benincasa, venerabile donna napoletana all’epoca considerata un po’ eretica. Operiamo, quindi, all’interno di una cittadella monastica monumentale cinta da mura che raccoglie collezioni d’arte di grande valore, come quello della Fondazione Pagliara, un museo delle scienze, alcune chiese, giardini ed orti botanici. Lo scorso 20 novembre, giorno in cui si festeggiava il 434esimo anno dalla fondazione della sede monumentale, abbiamo inaugurato l’anno accademico 2015-2016 con la prestigiosa presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, al quale abbiamo annunciato l’imminente conclusione della procedura Unesco per il riconoscimento dell’antica cittadella universitaria di Suor Orsola quale patrimonio dell’umanità. La scelta è motivata «dal paesaggio e dal patrimonio culturale che conserva un ruolo sociale attivo nella società contemporanea». Siamo l’unica università in Europa candidata a tale prestigioso titolo. Però, anche se la nostra è una realtà indubbiamente diversa dalle altre, la viviamo in tranquilla e perfetta armonia con il contesto nazionale universitario campano.
D. Qual’ è la filosofia della vostra famosa Scuola di Alti studi politici?
R. Da cinque anni portiamo avanti un sistema di Scuola di politica perché il nostro obiettivo è  proporre la politica, al di là di quelle che possono essere critiche e disaffezioni, al centro della vita sociale quale arte regina di una comunità ed alla quale va restituito senso e dignità, spesso accantonati, preparando i giovani alla migliore fruizione, interpretazione ed uso di tale nobile disciplina.
D. Il vostro corso di giurisprudenza ha la particolarità del numero chiuso. Perché?
R. Prendiamo al massimo 150 ragazzi l’anno previa un’impegnativa selezione. Il nostro intento è quello di formare un giurista colto, immerso nel contemporaneo, capace di padroneggiare le lingue e il diritto internazionale, abituato anche attraverso stages a maneggiare l’atto giuridico e saperlo redigere sapientemente. Questo l’otteniamo, oltreché con lo studio, attraverso anche il dibattito collettivo, finanche la simulazione processuale.
D. A lei si devono la fondazione di nuovi corsi di laurea. Qual è, tra tutti, il suo fiore all’occhiello?
R. Premettendo che in generale le matricole quest’anno hanno superato la quota duemila per i diversi corsi di studio e che il complesso degli studenti a regime è di 7-8 mila l’anno, farei un breve focus sul corso di laurea in Scienze della  Comunicazione, nato in seguito a una particolare riflessione compiuta a suo tempo. La città di Napoli probabilmente ha un gap che riguarda vari attori della comunicazione. Tra questi: il nostro prestigioso ed amato giornale, il Mattino che, innegabilmente, risente di un contesto più locale che nazionale; poi, la mancanza nel territorio di un network televisivo come anche quello di una grande casa editrice. In ateneo abbiamo allora voluto creare le condizioni per una narrazione ricca, contemporanea e capace di farsi prodotto. Abbiamo, così, realizzato il corso di laurea in Scienze della comunicazione, che vanta una Scuola di giornalismo, una Scuola di cinema intitolata a Francesco Rosi che è Master di primo livello in Cinema e Televisione, ed infine un centro di produzione Tv e due siti radio. Una vera «factory» universitaria permanente di ideazione, di scrittura filmica e televisiva. Lavoriamo su tutti i modelli di comunicazione possibile perché vogliamo fare in modo che, attraverso l’integrazione di questi sistemi, i nostri giovani si impadroniscano sempre di più delle autostrade contemporanee e facciano avvertire lontano il ‘rumore dei loro cervelli’. E questo particolare ‘suono’ deve essere propagato, non deve rimanere chiuso in un luogo nel quale non vi sia eco.
D. Quali sono i collegamenti con il mondo del lavoro?
R. Abbiamo un monitoraggio costante degli studenti, i quali sono invitati tutti ad iscriversi al nostro job placement che ha, dal punto di vista formale, la qualifica di ufficio di collocamento che prende in esame le richieste dall’esterno attraverso un contatto costante con le aziende che ci rivolgono le richieste. Divulghiamo, quindi, agli studenti tali domande previ piccoli bandi cui risponde l’eventuale interessato. A questo punto, assicuriamo all’azienda una prima selezione della tipologia professionale richiesta. Il tema dell’orientamento da noi è costantemente presente e diventa molto proficuo per lo studente.
D. Quale facoltà i ragazzi prediligono nella scelta?
R. Premesso che noi siamo l’unica realtà in Italia ad avere tutti i livelli formativi nel proprio interno, dipende dal periodo. Quest’anno, ad esempio, abbiamo registrato una forte domanda per Scienze della Formazione primaria, un corso di laurea molto vocazionale per diventare maestri, per il quale abbiamo ricevuto circa mille domande di cui è stata coperta però un piccola parte perché non tutti hanno superato la prova di accesso.
D. Da Napoli è partito un progetto di collaborazione con il Brasile tra varie università, di cui il presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione Raffaele Cantone, docente di Legislazione antimafia del Suor Orsola, ha parlato in termini lusinghieri. Può illustrarlo?
R. Purtroppo la corruzione è un tema ormai transnazionale. Noi abbiamo istituito a suo tempo una cattedra sulla Legislazione anticorruzione che abbiamo affidato al giudice Cantone prima che diventasse presidente dell’Anac. Quando è arrivata la proposta di collaborazione dal Brasile, Paese che soffre come noi della piaga della corruzione, abbiamo aderito con entusiasmo insieme all’Università Federico II. Più in generale, abbiamo un agguerrito gruppo di lavoro molto presente su tutti i temi di forte rilievo internazionale. Tra i vari, oltre alla Dieta mediterranea che fa scuola in tutto il mondo, ultimamente abbiamo aperto alla Green economy, la scienza del contemporaneo sulla quale stiamo compiendo una serie di riflessioni con alcune università inglesi per mettere insieme una grande iniziativa comune che lanceremo a breve.
D. Lo scorso ottobre lei ha partecipato, insieme ai rettori di 14 Università del Mezzogiorno, ad un seminario con una delegazione della Commissione Antimafia, guidata dalla presidente Rosy Bindi, per individuare forme di collaborazione comune e favorire percorsi di studio e ricerca sui diversi aspetti della lotta alle mafie. Come sono andati i lavori?
R. Le università in generale sono dei presidi rispetto a fenomeni come quelli camorristici: l’università di per sé è un sistema aperto mentre la camorra è un sistema chiuso. Non possono, quindi, convivere. In tale consesso è venuto fuori che quasi tutte le università del Mezzogiorno hanno delle attività rivolte allo studio dei fenomeni malavitosi ed ai risvolti sulla vita civile. Si è deciso, allora, di coordinare tutte queste esperienze comuni e fare rete fra di noi. Questo è uno dei grandi temi che sto affrontando anche nel mio ruolo di vicepresidente della Crui. Un altro dato su cui rifletteremo bene a livello delle varie regioni è l’attuale incremento di domande per creare nuove università, di cui sette pervenute solo in Campania.
D. La scorsa primavera lei ha inaugurato un corso di studi su Pino Daniele come «bene culturale». Ce lo illustra?
R. Una volta superati gli aspetti sentimentali ed emotivi legati alla sua scomparsa, abbiamo voluto mettere ancor meglio in luce tutti gli aspetti storici, antropologici, sociologici e pedagogici legati alla sua figura e al suo grande lascito artistico perché, in quasi 40 anni di carriera, la sua presenza a Napoli e in Italia ha inciso profondamente sul modo di raccontare la città, anche a livello mediatico, mutando sensibilmente l’immaginario sui napoletani e sulla cosiddetta napoletanità e lavorando profondamente sui linguaggi del Mediterraneo, fondendoli magistralmente con il blues e con la scala musicale partenopea.
D. Può tracciare un bilancio dei primi tre anni di vita del nuovo corso di laurea magistrale in Conservazione e restauro dei Beni culturali?
R. Si tratta di un corso di studi molto difficili, dove ammettiamo al massimo 20 studenti l’anno che lavorano nei nostri laboratori tecnologicamente molto attrezzati. È molto impegnativo e richiede un ingente investimento economico che realizziamo senza assistenza pubblica. All’interno del corso gli studenti vivono l’emozione di lavorare su opere che sono spesso patrimonio della stessa istituzione, riuscendo a fare del passato il futuro attraverso il restauro delle opere. Siamo particolarmente soddisfatti perché alla fine del ciclo formiamo restauratori abilitati all’esercizio della professione per tutte le Soprintendenze.
D. Il ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Stefania Giannini lo scorso mese ha assicurato tutto il proprio impegno perché sin dall’anno accademico 2016--2017 possa avviarsi un corso di laurea in Restauro e Conservazione dei beni musicali, che dovrebbe essere approvato dal Governo a breve. L’adotterete?
R. Attraverso la Fondazione Pagliara, che si ispira a Rocco Pagliara, poliedrico intellettuale vissuto a cavallo tra il XIX ed il XX secolo, il Suor Orsola possiede una delle più straordinarie e grandi collezioni di quadri, stampe, porcellane, vetri, ceramiche, mobili, spartiti e strumenti musicali, libretti d’opera donatici dai suoi fratelli nel 1947. Grazie a questo patrimonio ricevuto ed alla scuola di restauro, abbiamo le condizioni ed il contesto migliore per poter maturare una scelta di questo genere. Ci stiamo riflettendo, è un settore che ci affascina ed in cui bisognerà lavorare bene perché siamo contrari a tutte le forme di velleitarismo.
D. Cosa pensa delle donazioni in ambito universitario?
R. Il Suor Orsola ha nel proprio interno dei musei; alcuni vengono dalla nostra storia, altri da donazioni. L’ultima l’abbiamo ricevuta dalla famiglia Pignatelli che ci ha donato la cappella di famiglia all’interno della Chiesa di Santa Maria Assunta dei Pignatelli in Largo Corpo a Napoli, che stiamo restaurando e che inaugureremo il prossimo mese. Abbiamo poi un Museo del giocattolo straordinario, costruito con pezzi rari che ci sono stati regalati. Noto un singolare rapporto tra i donatori e la nostra istituzione universitaria, perché costoro ci individuano come chi, ricevuto il dono, può conservarlo nel modo migliore. Questo è il frutto del nostro ottimo rapporto fiduciario con il territorio. Manca però una legislazione che favorisca il fenomeno dei lasciti. È la politica che deve colmare questa lacuna.
D. Gli studenti cercano ancora il «maestro»?
R. Moltissimo. La possibilità di dialogare con il maestro è fondamentale per lo studente. E nel nostro ateneo, proprio per i principi sui quali si fonda il nostro stile di insegnamento, troverà sempre l’interlocutore più attento, certamente severo ma  aperto, moderno e stimolante.  

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