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una classe dirigente incapace di cogliere i cambiamenti in atto e di pensare ai giovani

di DOMENICO PETRONE presidente e amministratore delegato di viasat group

Che si voglia o no, l’uomo appartiene al genere animale e, come gran parte della razza animale, ha nel Dna un gene che spinge il proprio essere ad accoppiarsi e socializzare coi propri simili per naturale procreazione e conservazione, ma anche per difendersi da altre razze aggressive, accettando la protezione del più forte, del «capobranco dominante». Pesci, uccelli, mammiferi e in genere tutto il mondo animale tende ad aggregarsi in gruppi dello stesso genere. Non fa eccezione l’uomo, nonostante un’evidente caratteristica che lo distingue dagli altri animali: l’intelligenza.
Grazie all’intelligenza l’uomo si è evoluto, organizzandosi in un ambiente artificiale «sovrannaturale», creando strumenti, mezzi e tecnologie che gli consentono di vivere diversamente da tutto il restante genere animale; ciò non toglie che nel suo patrimonio genetico resta la tendenza a socializzare più facilmente con gruppi omogenei e con strati sociali affini, ricercando un riferimento, una guida in un leader carismatico che rappresenti la propria classe sociale. Fin dalle prime origini e per tutto l’arco della propria esistenza, l’uomo ricerca nell’inconscio e nella vita corrente un garante, accettando compromessi e riconoscendo la leadership a chi promette e s’impegna a garantire e a proteggere la propria comunità.
Su queste tendenze e bisogni si formano, nascono e crescono movimenti, associazioni, gruppi sindacali e politici con principi inizialmente nobili ma che purtroppo, nel tempo, spesso deviano, non si rinnovano, trincerandosi in un proprio recinto sociale. Questi atteggiamenti hanno creato una piramide sociale inscalabile, scivolosa e stratificata, formata da un vertice lobbistico di «poteri forti» e da uno strato intermedio della società civile formato da imprese, professionisti, artigiani, con competenze eccellenti e straordinarie ma spesso inespresse e in fibrillazione per le evidenti ingiustizie e incapacità dei politici di motivare la massa sociale operosa del mondo produttivo e lavorativo. L’attuale società civile è incattivita e pentita per la fiducia concessa ai propri rappresentanti che non hanno saputo attivare strategie e progetti utili per consentire sviluppo industriale, l’occupazione, il lavoro, il benessere.
Negli ultimi decenni grazie alle nuove tecnologie si sono verificati cambiamenti che hanno consentito una globalizzazione mondiale con una velocità e un effetto straordinario sullo stile di vita ma purtroppo, e soprattutto, le organizzazioni sopra citate non hanno saputo cogliere e affrontare questi cambiamenti, hanno principalmente preferito proteggere i propri privilegi, il proprio stato d’essere, spesso senza limiti e senza etica alcuna, curando spregiudicatamente i propri interessi piuttosto che quelli che avrebbero dovuto rappresentare, manifestando in tal modo l’evidente incapacità di cogliere positivamente i processi di cambiamento in atto, pregiudicando la propria evoluzione e non preoccupandosi assolutamente delle giovani e future generazioni.
Questo è il motivo del lungo e stagnante periodo di crisi, dello stallo e della confusione delle associazioni, dei sindacati, dei partiti e della politica ottusa che non vuole auto-generarsi. Se si vuole uscire dalla crisi che attanaglia tutto il sistema Paese occorre reagire, azzerare tutto il sistema arcaico che ha generato questo disastro; cambiare si può e si deve, occorre avviare un processo di rinnovamento su nuove basi al fine di ridisegnare il futuro dei figli, ma con rinnovati valori e principi morali ed etici, essenziali per distinguere il genere umano «sapiente» da quello degli animali selvaggi, con progetti concreti che rilancino lavoro e occupazione, che riconoscano le capacità individuali e imprenditoriali, fondamentali per una maggiore diffusione e una condivisione del benessere e del vivere civile.
Per l’evoluzione e lo sviluppo del Paese è necessario che la società civile riprenda il ruolo di scelta e di monitoraggio dei propri rappresentanti; per crescere l’Italia deve rimettere al centro lavoro, professionalità, libera iniziativa e merito individuale. Protestare e urlare non basta. Occorre progettare, proporre e persuadere, stimolando e agendo criticamente con l’Esecutivo. Occorre innovare e sviluppare i settori strategici - innovazione, istruzione, giustizia e sanità -, utilizzando le nuove tecnologie, semplificando burocrazia, processi e metodologie, mettendo al centro il cittadino, la collettività e il bene comune, nel rispetto dei diritti fondamentali della Carta dei diritti universali.  

Tags: Maggio 2013

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