Il nostro sito usa i cookie per poterti offrire una migliore esperienza di navigazione. I cookie che usiamo ci permettono di conteggiare le visite in modo anonimo e non ci permettono in alcun modo di identificarti direttamente. Clicca su OK per chiudere questa informativa, oppure approfondisci cliccando su "Cookie policy completa".

  • Home
  • Articoli
  • Articoli
  • DIFFICILE DISTINGUERE TV FOTOCOPIA. RAI E MEDIASET: È POI VERO CHE SONO DUE E NON UNA SOLA?

DIFFICILE DISTINGUERE TV FOTOCOPIA. RAI E MEDIASET: È POI VERO CHE SONO DUE E NON UNA SOLA?

 di LUCA BORGOMEO presidente AIART, Associazione Spettatori onlus

È eticamente corretto che un canale della tv pubblica trasmetta programmi così volgari e ributtanti? Lo chiedo non con animo polemico, ma con la convinzione che non possiamo non essere d’accordo nel restituire alla Rai la sua funzione di strumento di informazione e di elevazione civica e spirituale dell’intera comunità nazionale». «Un servizio pubblico ha una funzione sociale che, pur rispettando le esigenze di una programmazione che richiami l’attenzione dei telespettatori, non può essere lasciata scadere a certi infimi livelli». A parlare in tal modo non è un esponente di un’associazione di telespettatori né un utente che Umberto Eco collocherebbe tra gli «apocalittici»; né queste parole sono chiacchiere da bar dello sport o da scambio di battute in metropolitana. No.
Le frasi virgolettate sono tratte da una nota inviata al Corriere della Sera del 10 novembre scorso dal ministro dei Beni culturali Sandro Bondi. E sono pienamente condivisibili. Ma è lecito chiedere al ministro Bondi, che opportunamente vuole «restituire» alla Rai la sua funzione di strumento di informazione e di elevazione civica e spirituale dell’intera comunità nazionale: chi ha sottratto alla Rai questa funzione? E, ancora, chi, più degli altri, ha determinato l’attuale degrado della Rai e la perdita quasi totale di ogni «segno» di una tv servizio pubblico?
Ed ancora: chi continua a mortificare il servizio pubblico radiotelevisivo italiano? Considerata l’evidenza dei fatti, le domande rivolte al ministro Bondi sembrano retoriche o, al di là dell’intenzione di chi le ha formulate, vere e proprie provocazioni. Stiamo ai fatti. Tv pubblica e tv privata, o meglio - per chiamare le cose con il loro nome - Rai e Mediaset, mandano in onda programmi simili, uguali, di scarsa qualità. Talmente simili che i telespettatori non li distinguono più. Se non ci fosse, in basso sul teleschermo, il logo, non saprebbero se stanno guardando la tv pubblica o quella privata.
Una vera e propria omologazione al basso, con programmi sempre più finalizzati - a qualunque costo - alla crescita degli ascolti e, quindi, all’aumento del gettito pubblicitario. Il degrado del sistema televisivo italiano è soprattutto causato dal fatto che Rai e Mediaset non sono concorrenti. Si parla di un duopolio, ma in effetti - a ben guardare - siamo in presenza di un sistema «monopolistico» in quanto le tre reti private principali e la Rai hanno un ruolo preminente, quasi assoluto, nel sistema televisivo, rastrellando quasi interamente la pubblicità e «occupando» tutto lo scenario. Se poi riflettiamo che, non solo oggi, proprietà privata di 3 reti e controllo politico delle 3 reti Rai coincidono in unico centro di potere politico-finanziario, ci rendiamo conto che causa principale del degrado del sistema televisivo italiano e del declino della tv-servizio pubblico è la mancanza di ogni concorrenza. I risultati sono sotto gli occhi di tutti.
Basta accendere la tv per rendersi conto che il telespettatore è considerato soltanto come un consumatore e non come una persona che ha diritto, «diritto», ad essere informato correttamente ed ha diritto, «diritto», ad essere intrattenuto con dignità e con rispetto della sua identità morale, culturale e sociale. E i danni provocati da questa tv sono - come avverte Bondi nella citata lettera al Corriere della Sera - evidenti e minano le fondamenta di una comunità, veicolando messaggi devastanti soprattutto per le giovani generazioni.
Chi fa tv, chi vive di tv, chi costruisce fortune economiche e «prestigio sociale» (absit iniura verbis) con la tv o addirittura «consenso politico» con la tv, giudicherà false o esagerate le frasi di Bondi e, ancor più, le critiche di questa nota. Soprattutto si «autoassolverà» non ritenendo il proprio operare censurabile e accusando i «critici» di essere poco obiettivi e fondamentalmente ostili alla tv. Non li seguiamo su questa strada, segnata peraltro da un’autoreferenzialità che sa di narcisismo e di incultura e dalle solite insulse frasi «Gli italiani hanno la tv che si meritano», o quella ancora più risibile «La tv è lo specchio della realtà».
Facciamo parlare i fatti, i dati relativi alla tv italiana confrontandoli con quelli degli altri Paesi. Nella classifica sulla libertà di stampa nel mondo, compilata da Reporters Sans Frontieres, l’Italia è al 35esimo posto, dietro quasi tutti i Paesi europei e dietro a Tobago, Costarica, Giamaica, Trinidad, Namibia, Taiwan. E nella classifica di Global Free Freedom l’Italia è addirittura al 61esimo posto. Dati preoccupanti, sconcertanti soprattutto se si pensa che l’Italia è il quinto mercato al mondo nelle telecomunicazioni in termini di fatturato pro-capite.
Questa situazione oggettiva del degrado del sistema televisivo italiano e del declino del servizio pubblico è stata causata da quella che, con un eufemismo, viene chiamata l’«anomalia» italiana e che consiste nel fatto - quasi unico al mondo - che tv pubblica (pagata dai cittadini con quella iniqua tassa che è il canone) e tv privata sono riconducibili, più o meno direttamente, ad un unico centro di potere politico-economico-finanziario, reso evidente, quasi ostentatamente, dal fatto che il presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica, il capo del più grande partito politico, il più importante imprenditore, l’uomo più ricco d’Italia, è, nei fatti, anche il «dominus» di quasi tutta la rete televisiva privata e di gran parte del complessivo sistema mediatico italiano.
In queste condizioni «restituire alla Rai la sua funzione di strumento d’informazione e di elevazione civica e spirituale dell’intera comunità nazionale», come auspica il ministro Bondi, sembra una vera e propria operazione impossibile. Per il semplice motivo che l’onere di «restituire» alla Rai la sua funzione dovrebbe ricadere sugli stessi soggetti che hanno in massima parte contribuito a sottrargliela. È come pretendere o sperare che i piromani diventino vigili del fuoco. Sono comunque importanti i giudizi espressi da Bondi. Parva favilla gran fiamma seconda? Non credo proprio, anche se un lungo cammino incomincia sempre con un passo. E al pessimismo della ragione proviamo a contrapporre la convinzione che non è possibile che un Paese di grandi tradizioni culturali, morali e democratiche come - nonostante tutto - è ancora l’Italia, debba continuare per lungo tempo ad accettare e subire una tv del tutto inadeguata a favorire la crescita della comunità

Tags: canone Rai televisione libertà di stampa Settembre 2008 Luca Borgomeo

© 2017 Ciuffa Editore - Via Rasella 139, 00187 - Roma. Direttore responsabile: Romina Ciuffa