Terrorismo. Associazione sovversiva e associazione terroristica
Di recente la Corte Suprema di Cassazione è tornata ad affrontare la questione - mai del tutto chiarita dalla giurisprudenza - del rapporto tra la fattispecie dell’associazione sovversiva di cui all’articolo 270 del Codice penale e la fattispecie dell’associazione con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico prevista dall’articolo 270 bis dello stesso Codice. L’occasione è avvenuta nell’ambito del processo contro i membri del Partito Comunista Politico Militare (PCPM), organizzazione che stando alle risultanze processuali perseguiva lo scopo di sovvertire l’ordinamento costituzionale dello Stato attraverso l’attuazione di azioni violente contro cose e persone: il danneggiamento dello «Sportello Biagi», dei magazzini «Alcom», della sede del giornale «Libero», il ferimento di Vito Schirone e l’attentato a Pietro Ichino.
La sentenza con la quale la I Sezione della Corte di Assise di Appello di Milano, il 24 giugno 2010, aveva condannato gli imputati per il reato di banda armata in relazione all’articolo 270 bis, ritenuta l’aggravante della finalità di terrorismo prevista dall’articolo 1 della legge n. 15/1980, è stata annullata dalla Cassazione che ha rinviato il processo ad altra Sezione della Corte di Assise di Appello di Milano per un nuovo esame sulla sussistenza del reato di cui all’articolo 270 bis e della stessa aggravante. Con la sentenza del 28 maggio 2012 la II Sezione della Corte di Assise di Appello di Milano, conformandosi alle indicazioni della Cassazione, ha condannato gli imputati per il reato di banda armata in relazione all’articolo 270, escludendo l’aggravante della finalità di terrorismo.
Nella sentenza n. 12252 del febbraio 2012 la Cassazione rileva innanzitutto come gli ultimi interventi legislativi in materia di terrorismo, anche internazionale, succedutisi nell’ultimo decennio dopo gli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001 negli Stati Uniti, abbiano completamente ridisegnato gli articoli 270 e 270 bis, modificando in maniera significativa la struttura e la portata di tali norme. Il primo intervento ha riguardato l’articolo 270 bis che, con la legge n. 438/2001 contenente disposizioni urgenti per contrastare il terrorismo internazionale, è stato modificato affiancando alla finalità eversiva anche la diversa e alternativa finalità terroristica, che in precedenza era indicata solo nella rubrica dello stesso articolo.
Il secondo intervento è avvenuto con la legge 15/2005 che ha introdotto l’articolo 270 sexies con il quale vengono definite espressamente le «condotte con finalità di terrorismo». La nuova norma, che recepisce sul punto le indicazioni della Convenzione di New York dell’8 dicembre 1999, ratificata con legge 7/2003, e quelle della decisione quadro del Consiglio d’Europa n. 164 del 22 giugno 2002, è inequivoca, stabilendo che devono intendersi connotate dalla finalità di terrorismo le condotte che per la loro natura o contesto possono arrecare grave danno a un Paese o ad un’Organizzazione internazionale, e sono compiute allo scopo di intimidire la popolazione o costringere i poteri pubblici, o l’Organizzazione internazionale, a compiere o ad astenersi dal compiere un qualsiasi atto; che possono destabilizzare o distruggere le strutture politiche fondamentali, costituzionali, economiche e sociali di un Paese o di un’Organizzazione internazionale; che siano definite terroristiche o commesse con finalità di terrorismo da convenzioni o altre norme di diritto internazionale vincolanti per l’Italia.
Al riguardo la Corte chiarisce che la condotta terroristica ha rilevanza penale in sé; tuttavia quando è tenuta allo scopo di raggiungere gli obiettivi di destabilizzare o di distruggere le strutture politiche fondamenti, costituzionali o socio-economiche di uno Stato, fa «corpo unico» con tale finalità. Ma tale opera di destabilizzazione e distruzione altro non è, secondo la Corte, che la sovversione o eversione violenta di cui all’articolo 270 del Codice penale. Tale norma descrive la condotta come diretta ad attentare agli ordinamenti economici e sociali dello Stato, ovvero a sopprimere il suo ordinamento politico e giuridico. Per cui, posto che il mutamento di tali assetti non è di per sé vietato, a tanto ostando il dettato dell’articolo 49 della Costituzione, ciò che fa «scivolare» la sovversione nel campo del penalmente rilevante è la violenza, connotandosi come violenza generica nell’ipotesi di cui all’articolo 270, e come violenza terroristica nell’ipotesi prevista dall’articolo 270 bis.
Di qui il permanere nell’ordinamento dell’articolo 270 dopo l’introduzione dell’articolo 270 bis e dopo le modifiche apportate dalla legge n. 85 del 2006 in materia di reati di opinione. Con questa legge anche l’articolo 270 è stato completamente ridisegnato, introducendo da un lato il requisito dell’«idoneità» dell’organizzazione a raggiungere il proprio obiettivo sovversivo; dall’altro eliminando le anacronistiche finalità di «stabilire violentemente la dittatura di una classe sociale sulle altre» e di «sopprimere violentemente una classe sociale», sostituite dalla finalità di «sopprimere violentemente l’ordinamento politico o giuridico dello Stato», che si affianca alla finalità di «sovvertire violentemente gli ordinamenti economici e sociali costituiti nello Stato», già contemplata dalla norma nella precedente formulazione.
In sostanza, escluso che la differenza fra i due tipi di associazione risiede nel fine perseguito, la Cassazione individua il discrimine nella natura della violenza usata per perseguire il fine per cui l’associazione è costituita: violenza «comune» nell’associazione di cui all’articolo 270; violenza «terroristica» nell’associazione di cui all’articolo 270 bis. Il terrorismo, precisa la Corte, anche se viene qualificato dal legislatore come «finalità» o come «scopo», in realtà funge da strumento di pressione, da metodo di lotta, da modus operandi particolarmente efferato, che si caratterizza per l’uso indiscriminato e polidirezionale della violenza, non solo perché accetta gli effetti collaterali ma anche perché è rivolto a generare panico, terrore, diffuso senso di insicurezza.