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IL RAPPORTO DEL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO

Su incarico della Commissione europea il Comitato economico e sociale dell’Unione il 22 aprile scorso ha redatto un ampio rapporto, sulla prevenzione del terrorismo e della radicalizzazione violenta, che merita di essere segnalato per l’articolata e approfondita analisi volta ad individuare politiche, azioni e iniziative in grado di contrastare in modo sempre più efficace la minaccia terroristica. In un mondo caratterizzato dalla fine della guerra fredda e dalla globalizzazione economica, sottolinea il Comitato, si è assistito a una modifica profonda dei rapporti di forza internazionali che si è ripercossa sulla natura di istituzioni universali come le Nazioni Unite: queste hanno conosciuto (e riconosciuto) una proliferazione di nuove entità statali che proclamano la propria sovranità e si dichiarano soggetti di diritto internazionale pubblico.
Per di più, in un certo numero di questi Paesi sono divampati conflitti, milizie armate occupano ancora parte dei loro territori e i diritti umani sono spesso calpestati. I territori il cui controllo è inadeguato e del tutto inesistente costituiscono un rifugio per i capi dei principali gruppi terroristici, che tendono ad insediare le loro basi dove lo Stato di diritto e le libertà non esistono più. Il ricorso alla guerra classica si è dimostrato poco efficace nella lotta contro questa minaccia diffusa e multiforme, caratterizzata da cellule sparse nel territorio, che sfruttano l’integralismo e un’ideologia politica antidemocratica per manipolare soggetti pronti a ricorrere alla violenza politica.
L’assenza di una soluzione pacifica della situazione palestinese e di altre situazioni di conflitto armato nel mondo favorisce lo sviluppo di idee estremiste e di atti terroristici internazionali, anche se la grande maggioranza degli attentati avviene nel contesto di conflitti interni. A parere del Comitato, affinché si possa elaborare una strategia di contrasto adeguata e di pari livello, è indispensabile comprendere in maniera quanto più possibile approfondita i moventi ideologici e psicologici in gioco e procedere alle necessarie analisi geopolitiche, mettendo in campo tutti i dispositivi di raccolta e di scambio di informazioni.
Il terrorismo internazionale può essere più efficacemente combattuto in un quadro multilaterale che garantisca il coordinamento e la cooperazione tra i Governi e tra le agenzie di «intelligence» internazionali. Nel documento si ribadisce la necessità di adottare una definizione comune di terrorismo, procedendo all’armonizzazione delle disposizioni penali e delle sanzioni. Occorre poter definire con precisione la minaccia terroristica e i suoi sviluppi, per evitare la dispersione degli sforzi e restrizioni inutili dei diritti o delle libertà individuali o collettive.
Si sa che le azioni terroristiche mirano a creare un clima di paura e di insicurezza e a scuotere le istituzioni democratiche, ma bisogna stare attenti a non cadere nella trappola delle restrizioni ingiustificate delle libertà civili in nome della sicurezza. La vigilanza delle reti, la video-sorveglianza generalizzata nei luoghi pubblici e privati, i controlli approfonditi alle frontiere e negli aeroporti, se sono esagerati, comportano il rischio di rivolgersi verso ben determinate «minoranze visibili» che si sentiranno sempre più penalizzate e vittime di discriminazioni etniche o razziste. Ciò può contribuire a radicalizzare la violenza, che costituisce l’anticamera del terrorismo.
Internet è lo strumento di comunicazione più efficace per diffondere le ideologie che sostengono la radicalizzazione violenta, per indottrinare i candidati agli attentati suicidi, per reclutare i fiancheggiatori, per divulgare le tecniche di fabbricazione di ordigni artigianali. Il Comitato, pur apprezzando la caccia ai siti web, esprime dubbi sull’efficacia delle misure predisposte per controllare la rete, tenuto conto delle tecnologie attuali di criptaggio e occultamento delle informazioni.
Importante è il capitolo del rapporto dedicato al ruolo della società civile nella prevenzione della radicalizzazione che conduce alla violenza e al terrorismo. La società civile è la vittima principale del terrorismo internazionale, perché proprio contro di essa agiscono i terroristi che vogliono colpire in modo collettivo e indiscriminato, cercando di imporre un clima di terrore generalizzato, tale da costringere spesso lo Stato a cedere alle loro richieste. Tuttavia, come già evidenziato nel parere esplorativo del 13 settembre 2006 sulla partecipazione della società alla lotta contro la criminalità organizzata e il terrorismo, essa è anche uno dei principali protagonisti di qualsiasi strategia contro la minaccia terroristica, attraverso i meccanismi per far fronte sia ai suoi aspetti più visibili, sia alle sue cause soggiacenti, senza dimenticare l’opera essenziale che svolge nell’assistenza delle vittime. Fermo restando il ruolo centrale rivestito dagli Stati e dalle istituzioni europee, nella lotta ai sintomi e agli effetti visibili di questa minaccia, la società ha il compito essenziale di vigilare attivamente affinché non si travalichino i limiti dello Stato di diritto e siano preservati i diritti umani, i principi e le libertà propri di una democrazia.
Essa diventa poi autentica protagonista nell’identificazione delle cause che sono il brodo di coltura della violenza terroristica. Anche se non c’è giustificazione per alcun tipo di violenza, è tuttavia possibile spiegare molte delle derive terroristiche come punto di arrivo di processi di disaffezione, di radicalizzazione e di reclutamento che si alimentano di fenomeni di discriminazione e ingiustizia sociale, politica o economica. L’integrazione costituisce, pertanto, l’elemento centrale di qualsiasi strategia di ampio respiro.
Per quanto riguarda l’assistenza alle vittime, questa deve essere intesa come parte fondamentale di un metodo globale nel quale la stessa società assume pienamente il proprio ruolo nella lotta contro il terrorismo. Al fine di evitare che le vittime siano dimenticate o che subiscano emarginazione sociale, il Comitato economico e sociale dell’Unione Europea si premura di raccomandare che alle vittime di qualsiasi tipo di azione terroristica siano riconosciuti pienamente tutti i diritti, compresi i dovuti risarcimenti economici, nel territorio nazionale come in qualunque altro luogo, mettendo a punto meccanismi sociali di sostegno che favoriscano il superamento del trauma ed evitino l’insorgere di fenomeni di razzismo o xenofobia.

Tags: terrorismo Antonio Marini Gennaio 2009

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