L’Italia preme l’acceleratore per uno sprint a «tutto gas»
In Italia si è determinato il sorpasso storico nei consumi energetici da fonti fossili. Abbiamo consumato nel 2016 più metano che petrolio.
La notizia è importante e positiva: in Italia si è determinato il sorpasso storico nei consumi energetici da fonti fossili. Abbiamo consumato nel 2016 più metano che petrolio. Lo sostengono le statistiche diffuse dall’Unione Petrolifera secondo le quali nello scorso anno il metano ha soddisfatto il 34,4 per cento della domanda di energia, con un aumento di circa 3,4 miliardi di metri cubi, pari ad un incremento del 5 per cento rispetto al 2015, sfiorando i 71 miliardi di metri cubi consumati. L’utilizzo del greggio, invece, nello stesso periodo ha rappresentato il 34,2 per cento della domanda di prodotti energetici, con una diminuzione dello 0,9 per cento per un fatturato complessivo di 59,4 milioni di tonnellate.
Il costante cambiamento del mix energetico da fonti fossili si traduce da un lato in una contrazione dell’inquinamento, poiché il gas metano produce meno scorie del petrolio, dall’altro in un risparmio per la bolletta energetica del Paese, in virtù di un prezzo del greggio, al quale è agganciato quello del gas, sensibilmente sotto i 50 dollari al barile. Questo si è tradotto in un risparmio di circa 4 miliardi di euro per le finanze italiane, così da far scendere il costo complessivo nel 2016 di importazioni di prodotti energetici a 12,5 miliardi di euro.
Queste cifre descrivono uno scenario in evoluzione, rispetto al quale occorre sostenere una moderna infrastruttura delle reti energetiche. I gasdotti ne rappresentano il sistema arterioso, in grado, per di più, di rafforzare il ruolo geostrategico dell’Italia nel quadrante sud dell’Europa. Si favorisce una diversificazione delle fonti di approvvigionamento del Continente e si sostiene al tempo stesso una crescita economica dell’area mediterranea e di quella sud orientale, in grado di stabilizzare società ed economie di Paesi ancora fragili, anche dal punto di vista politico.
La stessa strategia energetica nazionale, attualmente in fase di definizione grazie all’impegno profuso dal ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda, prefigura una sensibile riduzione dei costi del sistema energetico per recuperare almeno parte del gap che ci separa dagli altri competitori europei.
L’utilizzo del gas metano e una sua ottimale distribuzione può offrire un notevole contributo al perseguimento delle linee definite dal Cop 21 di Parigi, finalizzate alla progressiva decarbonizzazione dell’Europa.
Dovranno essere, pertanto, incentivati gli investimenti infrastrutturali destinati alla costruzione di un sistema bidirezionale di trasporto del gas in modo da porre il nostro Paese come hub strategico (stante la sua posizione geografica) per tutta l’Europa meridionale.
Questa scelta appare commisurata ad una transizione energetica fondata sull’innovazione tecnologica, il risparmio, l’utilizzo di fonti rinnovabili, in uno scenario di almeno tre decenni. Traguardiamo a obiettivi da conseguire nel 2050, poiché i cambiamenti nel settore energetico richiedono investimenti e trasformazioni di sistema di lungo periodo, che non si realizzano di certo per decreto, né sottoscrivendo necessari e vincolanti trattati internazionali, bensì facendo seguire a questi atti realizzazioni materiali di grande impegno. Un’impostazione di utilizzo delle fonti che non può tralasciare, anche se in diminuzione, i carburanti fossili tradizionali (benzina e gasolio).
La principale infrastruttura di trasporto del gas in Italia è costituita dalla rete nazionale di gasdotti di Snam Rete Gas che, a fine 2014, si estende per 9.559 chilometri; la rete di trasporto regionale è lunga invece 22.780 chilometri. Snam Rete Gas è il principale operatore di trasporto e dispacciamento di gas naturale sul territorio nazionale, disponendo della quasi totalità delle infrastrutture di trasporto in Italia, con oltre 32.300 chilometri di gasdotti in esercizio in alta e media pressione (circa il 94 per cento dell’intero sistema di trasporto). La scelta di investire sullo sviluppo delle infrastrutture di stoccaggio e di costruzione di impianti di gassificazione del gnl (gas naturale liquefatto) costituisce, per il nostro Paese, una decisa priorità. Nei prossimi anni si prevede che la domanda di gas rimarrà stabile, creando così una maggiore dipendenza dalle importazioni e sollevando la necessità di affrontare i problemi legati alla sicurezza dell’approvvigionamento.
Gli stress test regionali eseguiti nel 2014 hanno evidenziato che l’Europa è ancora vulnerabile in caso di interruzioni dell’approvvigionamento di gas. Tali test sono stati eseguiti al fine di valutare la resilienza del sistema del gas europeo per l’inverno 2014-2015 in vista del rischio evidenziato dalla controversia tra Russia e Ucraina sul gas. Le prove del 2014 hanno evidenziato che una grave perturbazione delle forniture di gas dall’Est, ossia dalla Russia, continuerebbe ad avere oggi forti ripercussioni in tutta l’Unione, soprattutto nell’Europa orientale. Dalla prova di stress è emerso che una strategia coerente deve far leva anche su un potenziamento dello stoccaggio e delle possibilità di ricorrere al gnl. Per stoccaggio s’intende il deposito in strutture del sottosuolo del gas naturale prelevato dalla rete di trasporto nazionale e successivamente reimmesso nella rete in funzione delle richieste del mercato.
Lo stoccaggio di gas naturale è finalizzato a garantire il mantenimento di riserve «strategiche» da utilizzare per fronteggiare situazioni eccezionali. Attualmente in Italia esistono 10 campi di stoccaggio di gas naturale, per una capacità complessiva di 16 miliardi di metri cubi. In Italia i campi di stoccaggio sono costituiti esclusivamente da giacimenti a gas in via di esaurimento. Questa scelta è dettata dalle caratteristiche geologiche del Paese e dal fatto che l’esaurirsi di alcuni giacimenti ha messo a disposizione strutture adatte a essere convertite a campi di stoccaggio.
Per quanto riguarda il gnl, come sottolineato dalla Commissione europea, potrebbe fornire un grande contributo in termini di diversificazione delle fonti. Sul piano delle infrastrutture, tuttavia, la distribuzione sul territorio dell’Unione non è ottimale e spesso i terminal sono sotto utilizzati. Occorre, pertanto, costruire nuovi terminal laddove sono mancanti o migliorare quelli esistenti. I punti d’azione elaborati dalla strategia della Commissione in materia prevedono il sostegno ai gruppi di alto livello che hanno individuato alcuni progetti prioritari nell’Europa centrale e sud-orientale (Cesec), nel Baltico (Bemit) e nell’Europa sud-occidentale, con l’invito agli Stati membri ad accelerare l’adozione di decisioni finali su di essi. Dovranno, inoltre, essere intensificate le analisi dei costi/benefici al fine di determinare quali terminal gnl e quali ulteriori interconnessioni siano da preferire.
Le reti trans-europee nel settore dell’energia (Ten-E) decise nel 2006 definiscono con precisione alcuni orientamenti sia sul ruolo del gnl, sia delle infrastrutture. Asse portante sarà la diversificazione delle fonti e una maggiore sicurezza dell’approvvigionamento mediante il rafforzamento delle relazioni con i Paesi terzi (dei bacini del Mediterraneo, del Mar Nero e del Mar Caspio, delle regioni del Medio Oriente e del Golfo persico). È bene ricordare che l’Unione europea importa il 53,4 per cento dell’energia consumata. Sono state definite le priorità d’azione per reti del gas e dell’elettricità: sviluppo delle reti dell’energia e soluzione di problemi dovuti a strozzature e collegamenti mancanti; creazione di reti nelle regioni insulari, isolate e periferiche e ultraperiferiche per favorire la diversificazione delle fonti; garanzia dell’interoperatività delle reti elettriche; sviluppo delle reti del gas naturale e garanzia dell’interoperatività delle relative reti con i paesi candidati, quelli in fase di adesione e i Paesi terzi. L’aggiornamento delle infrastrutture esistenti e lo sviluppo di nuove infrastrutture di rilevanza europea richiederanno investimenti dell’ordine di 140 miliardi di euro per le reti dell’elettricità e di 70 miliardi di euro per le reti di gas.
Per il periodo 2014-2020, nell’ambito del meccanismo per collegare l’Europa (Cef) l’Ue ha stanziato 5,35 miliardi di euro per promuovere lo sviluppo delle infrastrutture trans-europee. Il Pacchetto «Unione dell’energia», al fine di rafforzare la sicurezza degli approvvigionamenti, ha definito una Strategia individuando una serie di progetti di interesse comune (Pic), 248 in tutto, di cui 52 riguardano le interconnessioni elettriche. L’elenco è stato aggiornato nel novembre 2015 e comprende 195 progetti di cui 108 riguardanti le reti elettriche e 77 le reti del gas.
Per quanto concerne l’Italia, nonostante il dimezzamento dei progetti prioritari che la riguardano, essa resta al centro della strategia Ue per l’Unione dell’energia sul fronte delle interconnessioni elettriche, ma soprattutto su quello del gas, dato il «ruolo importante nella creazione di un hub mediterraneo».
Per quanto riguarda il gas, l’Italia deve assolutamente giocare un ruolo importante nella creazione di un hub mediterraneo: uno dei progetti Pic prevede la costruzione di un gasdotto che colleghi l’Algeria all’Italia, via Sardegna (cosiddetto gasdotto Galsi). Nell’ambito del corridoio meridionale per il gas - una delle priorità della politica energetica dell’Ue -, la Tap (Trans Adriatic Pipeline), che dovrebbe trasportare il gas azero dal confine turco all’Italia meridionale attraverso Grecia e Albania. È indispensabile, a questo riguardo, che vengano superate le opposizioni delle comunità locali, spesso speciose o incapaci di valutare i costi benefici non solo per l’Italia, ma per l’intera Europa di queste nuove infrastrutture. Scelte geo politiche primarie non possono arrestarsi di fronte allo spostamento, si badi bene non al taglio, di qualche decina di ulivi, che saranno comunque messi a dimora. Il Tap non può diventare ostaggio delle schermaglie politiche e dei conflitti di partiti e centri di interesse regionali.
Gli altri progetti prioritari nella lista Ue sono il Poseidon (Grecia-Italia), l’Adriatica, il Galsi (Algeria-Italia), il gasdotto Italia-Malta con il rigassificatore di Gela e il reverse flow con la Svizzera al Passo Gries. Gli altri progetti prioritari riguardano l’espansione della capacità dell’oleodotto Tal (Italia- Germania) tra Trieste e Ingolstadt, e per le smart grid il Green-Me Mediterraneo settentrionale con la Francia.
L’Italia è inserita nei corridoi primari del gas per le interconnessioni nord-sud nell’Europa occidentale («Nsi West Gas»), insieme a Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Irlanda, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito, Spagna. In base al regime Ten-E l’Italia è inserita nell’ambito dei corridoi prioritari del gas: interconnessioni del gas nord-sud nell’Europa centro-orientale e sud-orientale («Nsi East Gas»), insieme a Austria, Bulgaria, Cipro, Croazia, Germania, Grecia, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Ungheria; corridoio meridionale del gas (Southern Gas Corridor, «Sgc»), insieme a Austria, Bulgaria, Cipro, Croazia, Francia, Germania, Grecia, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Ungheria.
La Strategia energetica nazionale coglie la necessità di rafforzare le reti gas e le aree di stoccaggio, definendo per l’Italia un ruolo giustamente ambizioso, sottraendola ai rischi geo politici che potrebbero determinarsi nello scacchiere mediterraneo, come dalla dipendenza dei flussi del nord Europa, già minacciati dalla crisi tra Ucraina e Russia. È previsto il rafforzamento della sicurezza degli approvvigionamenti, soprattutto nel settore del gas, e la riduzione della dipendenza dall’estero. A tal fine, il documento di strategia identifica misure specifiche per lo sviluppo di un mercato competitivo del gas e di un hub sud-europeo.
Gli interventi previsti sono costituiti dalla realizzazione di infrastrutture strategiche, ed in particolare di nuova capacità di stoccaggio e di terminali di gnl, e di altre infrastrutture di importazione.
Per quanto riguarda i gasdotti, la Sen intende promuovere, come sottolineato in precedenza, l’apertura del Corridoio Sud per l’importazione di gas dall’area del Caspio verso l’Italia, attraverso il progetto Trans Adriatic Pipeline (Tap). Si facilita, inoltre, lo sviluppo di nuove rotte di importazione, con particolare attenzione alle possibili evoluzioni del progetto Galsi dall’Algeria e nuovi progetti di importazione del gas dal bacino del Mediterraneo.
Scelte impegnative che prevedono la realizzazione di un terminale di rigassificazione di capacità pari a 8-16 miliardi di metri cubi/anno (8 miliardi di metri cubi/anno in presenza del Tap), in particolare per favorire l’accesso al mercato spot del gnl e ulteriormente aumentare la diversificazione delle fonti di approvvigionamento italiane. Tutto ciò va di pari passo con la promozione della disponibilità di capacità di controflusso (virtuale e fisica) verso i mercati del Nord e Centro Europa.
Altro aspetto capace di ridisegnare gli assetti nel mercato interno della distribuzione del gas è legato alla sua liberalizzazione. Italgas è in pole position per consolidare il settore e accelerare sulla digitalizzazione. Le gare del gas d’altro riguarderanno un settore che vede Italgas con circa il 30 per cento del mercato della distribuzione, per il resto molto frammentato con oltre 220 operatori. Saranno necessarie aggregazioni per rispondere alle esigenze della clientela e nuovi investimenti, come sta facendo la società leader che intende spendere 1,3 miliardi di euro sulla modernizzazione della rete con la sostituzione delle condutture e circa 1 miliardo di euro tra smart metering, per sostituire i contatori analogici con quelli intelligenti, e una prima fase di vera digitalizzazione della rete.
«Siamo favorevoli alla liberalizzazione del mercato del gas mantenendo sempre elevata l’attenzione alla qualità del servizio, con controlli severi e selezione degli operatori di vendita che, aumentati a dismisura, devono avere sicure caratteristiche di competenza sia del mercato retail, sia di quello middle. Bisognerà, inoltre, avere ben presente l’impatto occupazionale che si potrà produrre da questi interventi su un mercato energetico diffuso e delicato», ha sottolineato a riguardo il segretario confederale Cisl Angelo Colombini. L’Italia sembra pronta a premere l’acceleratore per uno sprint a tutto gas, speriamo non sia l’ennesima falsa partenza.
a cura di Ubaldo Pacella
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