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I social media incentivano nuovi gruppi identitari e movimenti. Sì, ma con una psicologia che presiede quella delle sette

ANDREA MASSARONI

L'esito delle elezioni statunitensi e l’andamento della campagna referendaria in Italia hanno acceso interesse sulle dinamiche del consenso e dell’informazione nell’epoca dei social media. È una occasione da non farsi scappare, perché alta è la posta in palio: democrazia parlamentare, rappresentanza e informazione sono tra loro interconnessi. La qualità dell’una influenza le altre.
Arrotoliamo velocemente il nastro della storia. In un articolo pubblicato su La Stampa qualche lustro fa, Norberto Bobbio ripercorreva la riflessione illuminista che opponendosi all’assolutismo e agli arcana imperii ha portato alla democrazia parlamentare in Europa. Bobbio riconosceva a Kant il merito di aver posto con chiarezza il problema della pubblicità del potere e di averne dato una giustificazione etica.
«Perché l’uomo diventato maggiorenne possa fare pubblico uso della propria ragione è necessario che egli abbia una conoscenza piena degli affari di Stato. Perché egli possa avere una piena conoscenza degli affari di Stato, è necessario che il potere agisca in pubblico». Perché il principio della pubblicità possa essere attuato dal politico, occorre che il potere pubblico sia controllabile. Questo controllo non può prescindere dalla partecipazione dei cittadini, di qui la necessità di una rappresentanza e di un Parlamento.
Due secoli e mezzo dopo, sembrano concetti così familiari da far dimenticare che i cittadini di cui si parlava allora erano una classe ristretta ed elitaria della popolazione: quelli indipendenti per mezzi economici e strumenti culturali. Il suffragio universale e l’alfabetizzazione generalizzata erano ben a di là da venire.
Anche l’amministrazione del potere e dell’economia, vissuti allora come un arbitrio calato dall’alto e non accessibile, erano più circoscritte e semplici. Per l’alta borghesia che reclamava un ruolo politico era come controllare i compiti di matematica ad uno studente delle elementari. Era un altro mondo.
Se i principi dell’ordinamento liberal-democratico, rimodulatisi nel Novecento con i grandi partiti di massa, restano ancora quelli e suonano per lo più ancora attuali, gli ultimi decenni hanno visto cambiare sotto i nostri occhi - con consapevolezza altalenante - il «campo da gioco» delle regole democratiche, con il superamento della dimensione nazionale e la trasformazione - o la parcellizzazione - di due corpi intermedi fondamentali: da una parte la forma partito, dall’altra il mondo dell’informazione tradizionale.
Dei partiti si parla tutti i giorni, generalmente male, ma se ne parla. Per quanto attiene all’informazione, che presiede la dimensione pubblica della vita e delle decisioni che riguardano la società, la situazione è diversa: potrebbe diventare argomento di serio dibattito quando ormai è tardi.
Lo schema illuministico basato sulla contrapposizione di «arcana imperii» e informazione pubblica risulta oggi ingenuo e inadeguato: ai misteri del potere si sono sostituiti fiume di parole, immagini, stimolazioni sensoriali ed emotive. La cortina fumogena, quando occorre, la si fa così, non con il silenzio.
Molte di quelle parole vengono prodotte proprio dai poteri che il «quarto potere» è tenuto a raccontare e sui quali deve vigilare. Se non che l’indipendenza e la terzietà del quarto potere, fonte della sua autorevolezza, sono spesso messe in questione. Si riscontra anche una certa inclinazione a confondere opinione e fatti, con l’attenuante che dare evidenza di prove e fatti è noioso ed aliena lettori ed ascoltatori.
In questo quadro si sono innestati i nuovi social media, che rendono ogni fruitore di informazione anche un potenziale produttore ed espandono l’accesso a idee e opinioni di qualunque tipo, secondo il modello della «lunga coda» descritto nel 2004 da Chris Anderson.
La riformulazione degli «arcana imperii» è oggi l’eccesso di informazione e l’impossibilità di selezione ed analisi. È l’epoca dei big data, della tracciabilità illimitata, della condivisione impulsiva della vita personale. In due secoli e mezzo siamo passati dalla chiarezza della ragione all’immediatezza dell’emozione, dall’impianto teorico all’impatto estetico, dal partito di massa al brand emozionale.
C’è tanto rumore e per conquistare un po’ di attenzione si urla sempre più forte, si delegittima sempre più facilmente, si insulta con molta più energia di quanta se ne impieghi per rispondere davvero alle idee altrui. La stampa e i partiti, che avevano il compito di ordinare la discussione pubblica, rispettivamente nel campo dell’informazione e in quello politico, hanno perso legittimazione. Per molti elettori non fa più differenza da dove provenga l’informazione e quale credibilità abbia. Uno vale uno, direbbe qualcuno.
È una comunicazione con sempre meno articolazione analitica e maggiore empatia analogica (foto e «meme» anziché ragionamenti, Instagram anziché articoli e blog), frullata ad inaudita velocita da quella che Edward Snowden ha chiamato «l’era atomica dell’informatica». E la metafora dell’era atomica rimanda alla guerra fredda, proprio mentre Stati Uniti ed Unione europea puntano il dito contro l’azione di controinformazione e manipolazione mediatica operata dalla Russia di Vladimir Putin. Solo uno dei casi in cui è lecito dubitare della narrativa che racconta la rivoluzione digitale come una influenza, dal basso verso l’alto, sulle decisioni politiche.
C’è infine un'altra transizione che l’informazione attuale sembra facilitare e sancire: il passaggio dall’adesione al contratto sociale al fideismo settario. I social network usano algoritmi che filtrano le notizie privilegiando la visibilità di quelle che sembrano più omogenee al nostro profilo, in pratica viviamo in una bolla, sempre meno allenati a vagliare le nostre certezze e a dialogare con le opinioni altrui.
Vyacheslav W. Polonsky, «visiting fellow» all’Harvard University e «global shaper» al World Economic Forum, ha definito il «feed dei social media» come una delle più grandi minacce alla democrazia. I social media incentivano la creazione di gruppi identitari e movimenti nuovi, ma la psicologia che presiede questa formazione la conosciamo da tempo. Assomiglia a quella delle sette.
Lo psicologo Robert Cialdini ne identifica le seguenti strategie cognitive fondamentali: impegno e coerenza: impulso ad essere coerenti col resto del gruppo; reciprocità: definita dal bisogno di contraccambiare favori veri, o presunti tali; riprova sociale: tendenza a ritenere maggiormente validi i comportamenti o le scelte che vengono effettuati da un elevato numero di persone; autorità: le asserzioni sostenute da una figura di rilievo accrescono la loro valenza persuasoria; simpatia: attraverso la costruzione di un legame di simpatia e «similitudine» tra persuasore e persuaso è più facile ottenere esiti di modifica degli atteggiamenti.
La setta si fonda sulla dipendenza dal leader e dal resto del gruppo, con un continuo rinforzo del valore carismatico a scapito di ogni attività critica.
Vi suona familiare? Cosa resterà della democrazia parlamentare liberale senza una seria analisi della qualità dell’informazione è una domanda non più rimandabile.   


 

La torre di controllo di rimini passa sotto l’egida dell’enav
Enav fornirà, con il proprio personale operativo, il servizio di controllo del traffico aereo sull’aeroporto di Rimini. Si tratta del quinto avvicendamento in poco più di due anni dopo gli aeroporti di Ciampino, Verona, Treviso e Brindisi. Il transito dei servizi, previsto da decreto interministeriale del Ministero della Difesa, è stato coordinato da Enac attraverso la stesura di un piano operativo sottoscritto dall’Aeronautica Militare, da Enav e da Enac. Il subentro di Enav nella gestione della torre di controllo e del servizio di avvicinamento dello scalo di Rimini avviene in piena sicurezza, grazie a un’attività di addestramento dei controllori del traffico aereo che si è svolta utilizzando i moderni simulatori di Torre 3D di cui dispone Enav. È stato inoltre effettuato un training specifico direttamente sulla torre di controllo con la collaborazione dell’Aeronautica Militare che continuerà a curare, per alcuni servizi, la conduzione e la manutenzione fino al completo adeguamento dei sistemi da parte di Enav che ha già pianificato un piano di ammodernamento tecnologico. Con la gestione della torre di controllo dell’aeroporto di Rimini, Enav assicura i propri servizi su 44 scali in tutto il territorio nazionale. «Con il passaggio di Rimini abbiamo completato la transizione degli aeroporti militari. Riuscire a essere operativi su 5 nuovi scali dimostra ancora una volta le capacità operative e tecniche della società», ha dichiarato Roberta Neri, amministratore delegato di Enav.



Rapetti Mogol
Il Giuseppe Veniero Project di Palermo presenta fino al 6 gennaio 2017 la personale «Alfredo Rapetti Mogol. Diario 99-016». Nucleo fondante delle opere rimane la grafia; la scrittura è significante cui non è associato alcun significato, non è fatta di parole compiute, ma di tracciati che non rimandano a nessuna lingua particolare e, proprio per questo, racchiudono tutte le lingue del mondo. L’alfabeto dell’artista parla il linguaggio universale delle emozioni; le parole che riproduce sulla tela sono destrutturate, scomposte e ricomposte in modo apparentemente casuale a formare una prosa personale. Solo una lettura più attenta consente di ricomporre le parole in modo corretto e di ritrovarne il senso compiuto. Ed è proprio questo che l’artista chiede: attenzione. Uno sforzo per non rimanere sulla superficie del suo lavoro, ma per compenetrarlo con gli occhi della mente e del cuore.

Tags: Dicembre 2016 psicologia social

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