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marina militare, un’istituzione a diretto sostegno dell’economia nazionale

Cooperazione internazionale: 38 Capi e rappresentanti delle Marine del Mediterraneo «allargato» presenti al IX Regional Seapower Symposium (Venezia, 16-18 ottobre 2012)

Soprattutto in questo ultimo decennio la Marina ha straordinariamente affinato la propria intrinseca «jointness», ossia la capacità autonoma di operare quale forza di primo intervento in mare, in cielo e su terra, integrandosi efficacemente anche in più ampi e articolati dispositivi interforze, in Iraq, in Libano e in Afghanistan. Gli impegni operativi, affrontati senza soluzione di continuità dalla fine del bipolarismo ad oggi, hanno confermato la necessità di uno strumento marittimo con una forte connotazione «expeditionary», in grado di generare combat power in ambiente austero, prevalentemente caratterizzato da minaccia asimmetrica. Uno strumento militare che possa offrire opzioni operative flessibili e scalabili, precisione di ingaggio, multifunzionalità con minima invasività, anche dove il supporto logistico di una nazione terza non è garantito. Le forze marittime offrono così anche l’opportunità di una tempestiva partecipazione nazionale alle coalizioni rivolte a contenere la crisi. È accaduto all’avvio delle operazioni in Iraq, in Afghanistan e in Libano. Il recente conflitto libico ha pericolosamente portato la minaccia a ridosso delle nostre frontiere e l’intervento di un dispositivo marittimo, oltre a supportare più flessibilmente la campagna aerea, riducendone anche i costi complessivi a parità di output, ha permesso di assolvere una serie di altri compiti importanti per il successo dell’operazione, come l’applicazione di un embargo selettivo, l’evacuazione dei nostri concittadini, la protezione del traffico marittimo e delle piattaforme estrattive, il trasporto di aiuti a favore della popolazione tormentata dal conflitto e poi la ripresa in sicurezza delle attività commerciali marittime. Senza contare l’accresciuto impegno per fronteggiare un’eventuale emergenza umanitaria nella delicata attività di controllo dell’immigrazione illegale via mare. Il contrasto alla pirateria nel Corno d’Africa o dovunque si evidenzi è un’altra necessità irrinunciabile per una nazione come l’Italia e per un continente, come l’Europa, criticamente dipendenti dalla libertà e dalla economicità dei traffici marittimi. Ma se la pirateria somala è una piaga contingente, che prima o poi verrà sanata, la tutela dei nostri interessi marittimi comporta un approccio ben più ampio che poggia sul principio di libertà dei mari e sul ruolo di diretto supporto all’economia nazionale delle Marine. In questo quadro è evidente la necessità di estendere gli interessi nazionali su un’area che, pur mantenendo il suo baricentro nel Mediterraneo, sta rapidamente spostando il suo focus ad Est sull’Oceano Indiano e sul Pacifico, e ad Ovest verso il golfo di Guinea. Un’area, quella dell’Indiano e del Golfo Persico, connessa al Mediterraneo per oltre il 40 per cento del traffico mondiale, che fa della nostra penisola, attraverso il suo sistema portuale e internodale, il principale polo di distribuzione regionale europeo di questa immensa mole di beni e merci. Nell’Oceano Indiano si affacciano grandi e medie potenze regionali, alcune con aspirazioni globali. Le sue acque rappresentano la principale via di transito dei flussi energetici mondiali nonché il luogo di incontro e confronto di interessi globali che coinvolgono, oltre ai Paesi europei, anche Stati Uniti, Cina, India, Russia, Giappone, Iran, Brasile e Sud Africa. Quest’area è già oggi il centro di gravità di tutte le opportunità di crescita, cooperazione e competizione economica, quindi anche di rischi e potenziali crisi, ben al di là della minaccia asimmetrica posta dalla pirateria o dal terrorismo. È quindi necessario assicurare una presenza ancora più continua e visibile in queste acque (il tradizionale ruolo di «naval diplomacy» delle forze marittime), da leggere oggi in chiave di sviluppo di più efficaci forme di dialogo-cooperazione internazionale e promozione economica. Un ruolo che non può prescindere da una credibile deterrenza verso le potenziali minacce alla stabilità dell’area ed al pacifico sviluppo degli scambi commerciali. Dunque, sostegno all’economia italiana sia attraverso la tutela dei nostri interessi sul mare, sia attraverso la cooperazione e le attività promozionali a favore della nostra industria, del «made in Italy» nel mondo. Una Marina non solo «produttrice» di sicurezza, ma anche fattore di crescita e catalizzatrice di flussi finanziari che concorrono alla formazione del prodotto interno lordo. Un sostegno all’economia che giustifica ampiamente la spesa militare sotto il profilo dei ritorni sugli investimenti. Ne sono testimonianza gli interventi condotti nelle più svariate situazioni di emergenza, civili e militari, operando dal mare, sul mare e su terra, per portare tempestivamente sicurezza, soccorso, dissuasione come e dove necessario quali ad esempio: - la protezione quotidianamente offerta, in varie forme, dalla Squadra Navale e dalle Capitanerie di porto-Guardia Costiera, a oltre 1.600 navi battenti bandiera italiana, tredicesima flotta mercantile nel mondo e terza nell’U.E., nonché alla numerosa flotta peschereccia; - la costante sorveglianza delle linee di traffico marittimo e dei punti critici delle rotte internazionali attraverso cui fluisce un controvalore di oltre 400 miliardi di euro in prodotti dell’industria nazionale e materie prime necessarie allo sviluppo del Paese e dell’U.E.; - i proventi internazionali della nostra cantieristica e dell’industria nazionale della Difesa. Le navi della nostra flotta diventano così il «biglietto da visita» dell’Italia, credibili e concrete testimonianze di progresso tecnologico, modelli di efficienza e ambasciatrici di stile. La sfida dei prossimi anni è quella di continuare ad operare con l’efficacia che ci è ampiamente riconosciuta a livello internazionale ed al tempo stesso trasformare la nostra struttura rendendola più efficace, sostenibile ed equilibrata anche sotto il profilo finanziario. Ad esempio, per poter intervenire con la necessaria tempestività in una crisi non prevista, è indispensabile essere efficienti e addestrati; in caso contrario l’intervento è possibile solo dopo mesi, di fatto vanificando gli investimenti fatti, ad esempio, per una risorsa strategica e pregiata, come la capacità portaerei, il cui valore aggiunto poggia proprio sulla tempestività di intervento, sull’economicità operativa e sulla flessibilità di impiego. Una capacità che oggi può contare, a livello europeo, solo su pochissime unità, che si acquisisce in molti anni (ma si può perdere in pochissimi), che ha portato il nostro Paese alla lungimirante scelta di sostituire Nave Garibaldi, alla soglia di 30 anni di vita, con Nave Cavour che ha ormai raggiunto la sua piena maturità operativa. In questo ruolo il Garibaldi, che ha acquisito la capacità portaerei solo a metà degli anni 90, è stato ampiamente impiegato in operazioni reali ogni 2/3 anni: un significativo «return on investment». Si rende quindi necessario ricondurre la struttura della Forza Armata entro un profilo di sostenibilità e al tempo stesso puntare su un ammodernamento che, ottimizzando i costi di esercizio, consenta di massimizzare l’efficacia complessiva del sistema. In questi anni, è bene ricordarlo, non si è attesa passivamente una «zattera di salvataggio», ma posto in essere una serie di azioni, nei limiti dell’autonomia della F.A. e delle risorse disponibili. Già negli anni 90 e, successivamente, nella prima metà degli anni 2000 la Marina aveva rivisto in termini riduttivi la sua presenza sul territorio, in linea con la progressiva riduzione dell’organico. Sono stati poi avviati interventi finalizzati sia a tenere in efficienza i mezzi e le infrastrutture (Arsenali Militari Marittimi in primis) secondo processi di prioritarizzazione e di «risk management», dismettendo il dismissibile e salvaguardando la sicurezza del personale. La situazione in cui versa la Forza Armata oggi vede aree di straordinaria eccellenza convivere con realtà ancora utili ed efficienti, ma il cui costo di manutenzione e gestione, che cresce in modo esponenziale con la vetustà, rende non più sostenibili. Da qui le navi poste in riserva o disarmate negli ultimi anni e quelle, molto più numerose, di prevista dismissione (26 unità nei prossimi cinque anni), privilegiando ovunque possibile la vendita/cessione ad altre Marine a vantaggio dell’industria nazionale e della cooperazione internazionale. Il futuro vedrà quindi meno piattaforme, meno mezzi in inventario, ma caratterizzati da maggiore disponibilità all’impiego e da capacità ancor più interoperabili, in senso interforze e multinazionale, una struttura di supporto più snella e coerentemente una sostenibile contrazione degli organici, anche funzionale ad un generale miglioramento della qualità della vita del personale. Lo strumento marittimo non può però prescindere da una configurazione equilibrata, sia per i probabili scenari di impiego, sia per il lungo tempo che sarebbe necessario per recuperare capacità pregiate ed oggi eccellenti quali il «tridente» di proiezione dal mare: aeronavale, anfibio e delle forze speciali, quali la capacità di sorveglianza e di intervento nella dimensione subacquea, le capacità di comando e controllo. A partire da Nave Cavour con il suo gruppo aereo imbarcato (oggi basato su AV8B+ STOVL e domani su JSF STOVL), alle 2 unità di difesa aerea della classe «orizzonte» Doria e Duilio che hanno già mostrato le loro eccellenti qualità al primo insorgere della crisi libica, alle unità polivalenti FREMM (FREgate Multi Missione) della classe Bergamini, la prima operativa, a fine 2013. Si tratta di fregate destinate a sostituire progressivamente quelle ancora in linea al ritmo di una all’anno. Unità estremamente flessibili in grado di operare in una vasta gamma di ruoli e compiti sul mare e dal mare su terra, sia come unità isolate che inserite in un dispositivo complesso, esse costituiranno la «spina dorsale», l’essenza stessa della Flotta. In campo subacqueo, i primi due nuovi sommergibili del tipo U-212, realizzati in cooperazione con la Germania, hanno pienamente confermato le elevate capacità di impiego nei nuovi scenari; altri due battelli dello stesso tipo sono in via di realizzazione. A breve dovrebbe prendere il via il programma per realizzare una nuova Unità di Supporto Subacqueo Polivalente, dotata di spiccate capacità duali di sorveglianza, esplorazione e soccorso nell’ambiente sottomarino, che complementerà quelle delle unità idrografiche e di contromisure mine. Nell’ambito della cosiddetta homeland security assumono rilevanza primaria le esigenze di protezione di aree e installazioni, cui rispondono i programmi di potenziamento delle forze speciali ed anfibie, nonché delle capacità di sorveglianza e difesa marittima del territorio attraverso l’ammodernamento della rete radar costiera con sensori ISAR di ultima generazione e la realizzazione di un network di acquisizione, valorizzazione e distribuzione delle informazioni. La Marina sta investendo in questo settore molte energie, materiali ed intellettuali, per individuare soluzioni tecniche efficaci e promuovere il necessario cambiamento culturale per valorizzare pienamente questi aspetti cruciali. Il settore però più delicato e prezioso, la principale risorsa sulla quale la Forza Armata fonda il proprio futuro è quello del personale militare e civile della Marina. Un unico comparto, differenziato nello status, ma complementare ed assolutamente indispensabile, nella sua interezza, ai fini dell’operatività della Forza Armata. Si tratta nella stragrande maggioranza dei casi di professionisti appassionati del loro mestiere, capaci di straordinari sacrifici e rinunce quando la situazione lo richiede, fortemente motivati soprattutto nelle destinazioni di imbarco, operative e tecnico/logistiche. II quadro che in conclusione se ne ricava è quello di un’istituzione chiamata ad esercitare un ruolo fondamentale nella risoluzione delle emergenze, anche quelle a carattere non strettamente militare, garante del libero uso dei mari e della effettività del diritto internazionale: una Forza Armata, la Marina Militare, a diretto supporto della nostra economia, un’economia di trasformazione che poggia, ed in futuro certamente continuerà a poggiare fortemente sulle attività marittime. 

Tags: Dicembre 2012

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