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Corsera Story. Sulla Portuense aspetta che un ufo gli passi accanto

L’opinione del Corrierista

Dal «Corriere della Sera», sabato 15 ottobre 1977

L'estate fu piena di Ufo, l’autunno non sembra da meno. Dopo le centinaia di foto arriva una valanga di libri: testimonianza, storia e futuro delle apparizioni extraterrestri. Mentre i varesotti aspettano che i dischi volanti atterrino su un’ufopista appositamente costruita a Quasso al Monte, all’assemblea generale delle Nazioni Unite, un rappresentante dei paesi Terzi chiede che nulla sia lasciato intentato per stabilire un contatto con gli abitanti degli altri mondi. E a Roma? Nessuna preoccupazione: anche da noi l’ufocultura è al lavoro. Come ce lo spiega, dal suo posto d’osservazione sulla Portuense, il capo degli ufologi romani.
C’è chi vede Ufo dappertutto, chi non li fila per niente, chi si sforza d’incontrarli ad ogni costo. Anche orientando l’antenna della tv di casa in direzione di Venere: graditi i venusiani, marziani, demodés. Poiché non tutti i dì s’avvistano dischi volanti, c’è chi se li fabbrica in privato, con macchina fotografica. Tre belle macchie tondeggianti, piuttosto flou, una accanto all’altra, formazione di parata. Sono Loro, non c’è dubbio.
Invece no. «È la luna, l’ho fotografata tre volte sulla stessa pellicola, a distanza di qualche minuto; lo spazio nero in mezzo è lo spostamento», rivela Gianfranco Perrotta, big ufologo italiano. Ha costituito la Saru, seziona autonoma ricerche sugli Ufo. Uno dei tanti gruppi impegnati ad acchiappare - non avviene mai - i piatti celesti.
Allora il trucco c’è. «C’è e non c’è–corregge Perrotta–. Nella maggior parte dei casi non è vero niente, immagini fasulle, abili fotomontaggi, effetti ottici. Però gli Ufo esistono e io ci credo». Fede incrollabile. «Io invece no», spiattella la moglie. Perrotta la spedisce di corsa a prendere la pila dei classici, una decina di volumi, tutto su dischi volanti, Ufo, extraterrestri.
Giorni fa in casa Perrotta c’è stato un summit. Leaders di una decina di Ufo-club si sono consultati a fondo. «Aiutiamoci–hanno deciso–, l’unione fa l’intercettazione». Più gente ci crede, più dischi si vedono. Foto Perrotta, magari. Presenti al meeting psico-ricercatori, cosmo-osservatori, contemplatori stellari, studiosi dell’insolito, ricevitori extrasensoriali.
Diramato un appello drammatico tipo «Chi l’ha visto?» della Domenica del Corriere di Beltrame. Chi li ha visti è pregato di scrivere, descrivere. «Piovono lettere e telefonate–relaziona il capo degli ufologi autonomi­–. Chiediamo testimonianze sugli avvistamenti 1968/1977. Ci ha scritto anche una signora che li ha avvistati nel 1945». Oltre a strabiliante memoria, nuovo capitolo di preistoria. Saltano consolidate credenze. Finora si era ritenuto che fu Kenneth Arnold a vedere per primo al mondo, il 26 giugno 1947, i fantaspaziali veicoli. Navigando nei cieli di Mount Ranier, sullo stato di Washington, l’aviatore s’imbatté in una bizzarra squadriglia di nove insolite macchine che definì piatti volanti. Poi fu la volta del capitano Mattei, pure Usa, ma gli andò male: si mise pretenziosamente ad inseguirli, ma quelli non perdonano, non tornò vivo. Grazie alla Saru le ufologiche cronache si arricchiscono. «Non sono un avvistatore, ma sono convinto che Ufo ed esseri extraterrestri esistono. Cosa debbo fare?», chiede, smarrito, un alto funzionario della Corte dei Conti.
«Cerchi di incontrarli, e mi tenga informato», presumibilmente risponderà il Perrotta che proprio l’altra sera è diventato, anche lui, contattista. «Io sostengo che se esistono debbono darci una prova. Allora un mio amico che sta in contatto con Loro mi ha avvisato che in serata avrei sentito qualcosa. Ho sentito un messaggio».
Non precisa. Sensazioni particolari, è successo qualcosa, taglia corto lui. Sempre più convinto; la moglie sempre meno. «Le scoccia rispondere a mille telefonate, aprire duemila lettere», spiega il neocontattista. George Adamski vendeva bibite e panini sul monte Palomar quando si rese conto che poteva essere un contattista: morto, lo hanno sepolto ad Arlington, come un eroe nazionale, insegna alla miscredente.
Adamski, un testo sacro dell’Ufo-letteratura. Raccontò che nel 1967 fu rapito dagli extra e portato a fare un giro intorno alla luna; vide boschi, animali, città. Due anni dopo vi sbarcarono gli astronauti americani: solo sassi e polvere. La biblioteca è nutrita. Quixe Cardinale ritiene gli hippies «angeli erranti, apostoli dell’era acquariana, inviati dai pietosi fratelli di Venere, nel segno dei fiori e dell’amore, ai ciechi giganti della terra, assetati di apocalisse».
A proposito, che vengono a fare da noi? A dare consigli su come operare, non a tutti, solo agli eletti, ai profeti. Ma perché ad un omino qualunque, a un poveraccio che sta a zappare la vigna, non invece a Jimmy Carter ed altri come lui, anche ad Andreotti? A chi ha animo disponibile, Loro vogliono il bene dell’umanità, risponde Perrotta, che di mattina lavora all’assessorato urbanistica ed edilizia del Comune, all’Eur.
Nel pomeriggio cerca di avvistare, almeno contattare. All’uopo s’è installato in un ultimo piano, con sopraelevata mansarda, al vicolo della Serpe sulla Portuense. Dinanzi il verde intenso d’un parco della Croce rossa: attirerà i venusiani? La signora Perrotta è delusa, guarda guarda, non vede mai nessuno: «Se esistono, perché non si manifestano?». «Solo a chi è disposto», insiste lui. «Una allora deve credere così?». «Certo, anche Gesù poteva essere un extraterrestre». «Ma io non ci sto», protesta la signora.
Sempre così sulla torre di controllo-Ufo, Perrotta aspetta l’ufofania, intanto s’appunta le visioni altrui, ne farà un libro. Dice di avere per le mani un caso sensazionale, un ragazzo che comunica quotidianamente con Loro, qui a Roma, fra noi. Vengono a portare la pace nel mondo, riferisce l’eletto; gli uomini non ci credono, non si fanno voler bene, ma Loro esistono, sono presenti ogni giorno nel cielo. Come si chiama questo privilegiato interlocutore? Perrotta non rivela. Agli Ufo si crede o non si crede.

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