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ISTITUTO LUCE. LUCIANO SOVENA: BOTTEGHINO SÌ MA SOPRATTUTTO QUALITÀ

 Luciano Sovena Istituto Luce

 

Oggi trasformato in società per azioni controllata dal Gruppo Cinecittà Holding, l’Istituto Luce, fondato nel 1924, si occupa innanzitutto della conservazione del materiale cinematografico - film e cinegiornali realizzati nel tempo -, gestendo il più grande archivio del genere esistente in Europa; possiede moltissimi documentari, reperiti nei posti più svariati: ultimamente ha stretto un accordo con il Governo albanese per digitalizzare tutto l’archivio di Stato di quel Paese. Altre attività del Luce sono la produzione e la distribuzione di film e fa parte del circuito Cinecittà Cinema, proprietario di sale cinematografiche in tutta Italia.
In carica da due anni e mezzo, l’attuale Consiglio di amministrazione ha deciso di svolgere anche l’attività di produzione. Il motivo è così spiegato dall’amministratore delegato, avvocato Luciano Sovena: «Abbiamo ritenuto opportuno svolgere anche questa attività per i vantaggi che in futuro potranno derivare all’Istituto anche dal punto di vista economico; produrre film oggi significa incassare domani i diritti derivanti dalla loro riproduzione, ottenere i premi e i contributi governativi, realizzare quindi utili in più rispetto alla sola attività di distribuzione svolta prima della mia nomina».

Domanda. Su che cosa si basa in particolare la produzione?

Risposta. Soprattutto sui registi emergenti come Saverio Costanzo che, con il suo «Private», ci ha dato grandi soddisfazioni poiché ha vinto molti premi. Ci concentriamo, quindi, in genere su film «piccoli», come «I fatti della banda della Magliana» di Daniele Costantini e «La spettatrice», opera prima di Paolo Franchi, al fine di favorire il giovane cinema d’autore. Non tralasciamo però grandi realizzazioni che possano poi dare maggiori soddisfazioni al botteghino, come nel caso delle coproduzioni «Il mercante di Venezia» di Michael Radford, «Modigliani, i colori dell’anima» di Mick Davis e «2046» di Wong Kar-Way.

D. In questo momento che cosa state facendo?

R. Attualmente realizziamo soprattutto documentari. Il prossimo avrà per oggetto il Sessantotto, un periodo non conosciuto come si crede; con esso intendiamo illustrare un’epoca più attuale rispetto a quelle della seconda guerra mondiale e del dopoguerra; probabilmente sarà articolato in varie puntate, poiché è stato accumulato molto materiale intervistandone i protagonisti in Italia, negli Stati Uniti e in Francia. Molti documentari, per i quali curiamo anche il montaggio, riguardano il periodo fascista a causa delle richieste che ci provengono dalle televisioni straniere, americane e giapponesi, e dalla Rai, alla quale vendiamo materiale di repertorio. Inoltre stiamo realizzando un documentario diretto da Paolo Benvenuti, da noi prodotto e distribuito in Italia e all’estero; e un altro sulla Ferrari. Abbiamo un programma molto nutrito e crediamo di coprire a 360 gradi un panorama cinematografico che tocca ogni tema e ogni Paese, ad eccezione dei film americani perché la loro richiesta è già soddisfatta e non deve essere coperta da noi. Il nostro compito è ottenere utili diffondendo cultura: finora i programmi realizzati sono andati in questa direzione, come previsto.

D. Dalla sua nomina che cosa si è trovato a dover attuare?

R. Appartengo al mondo del cinema, perché svolgo la professione di avvocato proprio in questo settore. Appena nominato all’Istituto Luce, ho chiesto all’azionista di poter produrre di più perché dal punto di vista finanziario questa è l’attività più redditizia, e perché si sta uscendo da un periodo di stagnazione durante il quale credo siano stati distribuiti solo un paio di film. Insieme al presidente del Consiglio di amministrazione Andrea Piersanti, abbiamo dato un nuovo impulso a tutto ciò che riguarda l’Istituto e l’Archivio Luce. Abbiamo dato il via a una collana, la cui ultima produzione si intitola «Novecento», consistente in una serie di monografie che raccontano il secolo trascorso con le immagini e con un testo esplicativo, come nei cinegiornali. Abbiamo presentato al Festival di Venezia il documentario «Bellissime» di Giovanna Gagliardo, una novità perché ha una durata di due ore; abbiamo ideato nuove formule e da due o tre i film distribuiti in un anno sono arrivati a 35. Naturalmente diamo la priorità al cinema italiano perché l’Istituto Luce è cinema «di Stato»; anche per questo è necessario scegliere opere appetibili e intelligenti, impresa certamente non facile soprattutto in questi tempi di crisi del cinema e degli incassi. È un altro motivo per il quale la nostra attenzione si sposta sugli autori emergenti. Oltre a ciò, abbiamo dato un forte impulso all’immagine: a tal fine sponsorizziamo varie mostre al Vittoriano di Roma, partecipiamo a molte iniziative che riguardano il cinema, la produzione e la cultura cinematografica.

D. Come valorizzate il patrimonio che possedete e che non ha nessuno?

R. Stiamo cercando di stabilire un accordo con varie Regioni; finora il Veneto, il Trentino e il Friuli Venezia Giulia si sono servite del nostro materiale. Con la Regione Lazio abbiamo realizzato una scuola di formazione per cineasti a Ouarzazate in Marocco; l’iniziativa e la produzione sono tutte italiane. Abbiamo inoltre siglato un accordo con l’Albania per digitalizzare il suo Archivio di Stato; successivamente distribuiremo questo materiale inedito e misterioso, rimasto chiuso per circa trent’anni, comprendente documenti rarissimi anche dei Partiti comunisti cinese e russo, oltre a immagini dell’epoca mai diffuse a causa dell’ordinamento autarchico di quel Paese.

D. Quali progetti avete predisposto per il futuro

R. Il listino della nuova stagione comprende film che hanno partecipato e in vari casi hanno vinto premi a Venezia, Berlino e Cannes. Solitamente partecipiamo alla realizzazione di film che scegliamo, o ne acquisiamo i diritti, perché crediamo nel cinema di grande qualità per il quale sappiamo che in questo panorama lo spazio è ristretto. Per cinema di qualità intendiamo una produzione che non preveda grandi affluenze di pubblico e costi elevati, ma realizzi incassi con un margine di guadagno. Il nostro proposito è coprire il settore del cinema di qualità, che guarda a tutto il mondo: film per la maggior parte italiani, ma anche di contenuto sociale e politico e di ogni Paese. Come «Free zone» di Amos Gitai; «Sophie Scholl, la rosa bianca» di Marc Rothemund; o l’ultimo film di Pasquale Scimeca, «La passione di Giosuè l’ebreo».

D. Quali progetti ed eventi state realizzando all’estero, ad esempio negli Stati Uniti?
R. Si tratta di rassegne o documentari, come quello di Michelangelo Antonioni che abbiamo portato a New York; il fine è, ovviamente, la diffusione del nostro prodotto nel mondo. A questo proposito una società controllata da Cinecittà Holding, l’Aip - Audiovisual Industry Promotion -, creata grazie a una joint venture tra la capogruppo e Fiera Milano, si occupa, e molto bene, proprio della diffusione del cinema italiano all’estero.

D. E progetti ed eventi in Europa?

R. Con la Francia nel giugno scorso Cinecittà Holding ha realizzato, anch con il nostro contributo, il Forum del cinema italo-francese, della durata di tre giorni, sui rapporti di coproduzione e codistribuzione dei nostri prodotti in Francia e dei prodotti francesi in Italia. Il Forum ha registrato una vasta partecipazione dai Paesi europei più vicini. L’Istituto Luce ha ottimi rapporti con l’Inghilterra, che dispone di un efficiente ed economico sistema di coproduzione, soprattutto per film di elevata qualità. All’estero l’interesse per questi film c’è, ma non è molto: per «Private» si è verificato un miracolo, è stato venduto in circa 35 Paesi. Bisogna ricordare però che, sebbene girato in Italia, si tratta di un film «non italiano», perché rappresenta una storia non italiana ed è interpretato da attori non italiani. Siamo riusciti a realizzare un prodotto internazionale.

D. E i rapporti con la Francia?

R. Abbiamo varie coproduzioni, e ci accingiamo a dare vita a una produzione associata, anziché al semplice acquisto di opere finite. Dalla Francia abbiamo incassato i diritti di molti film, ma purtroppo rispetto a tale Paese l’Italia offre meno attori e meno storie internazionali, per cui i suoi film sono di più difficile vendita in quel mercato: nel 2004 in Francia sono stati proiettati soltanto 14 film italiani di fronte ai 40 francesi proiettati in Italia. Adesso abbiamo in corso una trattativa: partecipando ai diritti di Enzo Peri sulle «Memorie di Adriano», stiamo tentando di realizzare questa grande coproduzione con la Rai, la Francia, la Spagna, la Russia e l’Ungheria, per la regia di John Boorman. Si tratta di un’iniziativa rilevante, si può immaginare di quale ampiezza. Averne acquisito i diritti ci impegna di più. È la maggiore produzione che abbiamo in programma; poi ve ne sono altre due, con l’Inghilterra e la Francia.

D. Durante il Forum italo-francese lei ha proposto di istituire un fondo per le coproduzioni; quale esito ha avuto tale proposta?

R. Speriamo che abbia un seguito. Il mio incarico scade nel gennaio prossimo, con la possibilità che sia rinnovato per altri tre anni. Il motivo principale per cui l’ho accettato è costituito dal desiderio di salvare il cinema di qualità per il quale, purtroppo, credo che non vi sia molto spazio.

D. Che cosa pensa del fatto che in Italia il cinema di qualità stenta a decollare, come anche avviene per i registi emergenti?

R. È un problema di tutto il cinema. Anche film come «La guerra dei mondi» non soddisfano anche se in effetti ottengono molti incassi. Anche se le sale cinematografiche continuano ad essere frequentate, la crisi è dovuta innanzitutto alla concorrenza dei dvd e alla pirateria informatica. Il film di qualità ha un costo comunque moderato per cui, mentre è molto difficile recuperare alti investimenti fatti in un film normale, se si investono somme inferiori in piccoli film di qualità non si ha bisogno di enormi ricavi per ottenere un guadagno: è sufficiente vendere un video, neppure di altissimo livello, a una televisione per ottenere un discreto introito; anche se si incassano 300-500 mila euro, questi rappresentano una quota soddisfacente rispetto ai costi.

D. Quali conseguenze stanno avendo i recenti provvedimenti del Governo per il sostegno del cinema di qualità?
R. Per quanto ci riguarda, i beneficiari, tutti ci chiedono di distribuire i loro film ma dobbiamo fare molta attenzione a quali scegliere poiché ne abbiamo già troppi e non ci sono sale a sufficienza. Per gli aspiranti registi un’importante novità è senz’altro l’accordo da noi stipulato con la Scuola Nazionale di Cinema e con la Rai per produrre e distribuire il film-saggio di fine anno degli allievi che si diplomano nella Scuola. Una giuria sceglierà un’opera fra quelle proposte dagli studenti.

D. Quali rapporti ha l’Istituto con la televisione?

R. Abbiamo ottimi rapporti con Rai Cinema con la quale abbiamo fatto diversi film, con Mediaset fino ad ora non abbiamo nessun tipo di accordo. Circa il 60 per cento della nostra produzione viene utilizzata dalla televisione; trascorsi i termini di legge, si trasmette in pay per view e quindi in pay tv e free tv.

Tags: cinema spettacolo anno 2005

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