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GIANCARLO ABETE: PIANETA CALCIO, IL BILANCIO A SEI MESI DAL MONDIALE

Giancarlo Abete, presidente della Federazione Italiana Giuoco Calcio

Romano, Giancarlo Abete è, ininterrottamente dal 2 aprile 2007, presidente della Figc, Federazione Italiana Giuoco Calcio, oltre che membro della Giunta nazionale del Coni, vicepresidente della Uefa e componente della Commissione delle Associazioni nazionali della Fifa. Nella Figc ha ricoperto numerosi incarichi: vicepresidente, presidente del Club Italia, commissario straordinario della Lega Nazionale Professionisti, presidente del Settore tecnico e della Lega Professionisti Serie C. È stato, inoltre, Capo delegazione della Nazionale italiana ai Mondiali 1998, 2006, 2010. Presidente e componente del Consiglio di amministrazione di alcune società del Gruppo Abete operante nel settore grafico, editoriale e dell’informazione, l’attuale responsabile del calcio italiano è stato, tra gli altri incarichi ricoperti, parlamentare alla Camera dei Deputati nella VIII, nella IX e nella X Legislatura, dal 1979 fino al 1992, consigliere del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, presidente dell’Unione Industriali di Roma e della Federturismo-Confindustria. Attualmente, è membro del Consiglio di reggenza della Banca d’Italia, componente del Consiglio direttivo e della Giunta di Unindustria, componente della Giunta di Confindustria Lazio e di Federturismo-Confidustria, e presidente nazionale dell’Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti. A poco meno di 6 mesi dai Mondiali di Calcio del 2014, che si svolgeranno a Rio de Janeiro dal 12 giugno al 13 luglio prossimi, il presidente fa un bilancio e mette a fuoco i grandi temi che investono il calcio in Italia, con un occhio alla Nazionale di Cesare Prandelli, tecnico che, ad oggi, sembrerebbe intenzionato a chiudere il proprio ciclo con l’ltalcalcio dopo l’avventura di Rio.

Domanda. Esattamente un anno fa, quale candidato unico alla presidenza della Federcalcio, ha ottenuto il suo terzo mandato consecutivo fino al 2017 con il 94 per cento dei consensi, quasi un plebiscito. Si tratta di esclusivo merito o la sua è una poltrona che «scotta» per responsabilità e difficoltà cui deve fare i conti il titolare, quindi meno ambita?
Risposta.  È motivo di grande soddisfazione, per me, il risultato ottenuto nel 2007, nel 2009 e nel 2013. La soddisfazione è per aver mantenuto in tutte e tre le occasioni forte unità in un mondo che, fisiologicamente, vede rappresentati interessi molto diversi, fermo restando che la priorità deve essere sempre data ai valori. E sui valori, nonostante i tanti interessi diversificati, c’è molta più unità di quello che può apparire o essere interpretato all’esterno. Essere presidente della Figc è un impegno molto gratificante, ma in cui le responsabilità ci sono e sono tante.

D.  Vuole tentare un bilancio, inaugurando il suo secondo anno da presidente? Quali le questioni risolte, quelle aperte, le priorità future?
R. È giusto che i bilanci vengano fatti maggiormente da chi non è direttamente coinvolto nel giudizio. Debbo però dire che, nell’anno che si è appena chiuso, la Nazionale ha ottenuto grandi e significativi risultati che l’hanno portata a qualificarsi con due giornate di anticipo ai Mondiali del Brasile, ed insieme ha continuato un iter virtuoso sotto la guida di Cesare Prandelli, per testimoniare nobili valori. Come è avvenuto a Quarto per l’iniziativa a favore della legalità e contro la camorra, come a Rizziconi nel 2011 contro la ‘ndrangheta. La Federazione ha molto lavorato sulle Nazionali giovanili e il secondo posto dell’Under 21 all’Europeo in Israele, insieme ad altri risultati rilevanti ottenuti nel 2013; Arrigo Sacchi ha svolto un ottimo lavoro di coordinamento di tutte le Nazionali giovanili.

D.  Quanto e come ha collaborato con la Figc il ministro per gli Affari regionali Graziano Delrio, che dallo scorso giugno ha la delega allo Sport?
R.  Il rapporto con il ministro Delrio si è sviluppato in questi mesi positivamente. Ma più in generale c’è grande capacità di ascolto e un forte impegno di tutto il Governo, dal premier Enrico Letta ai ministri Angelino Alfano e Cécile Kyenge. C’è consapevolezza nel Governo della necessità di una legge che acceleri le procedure per l’impiantistica sportiva, del pieno rilancio dell’Istituto per il Credito Sportivo che sta esaurendo il periodo di commissariamento, di una legge quadro che aiuti il volontariato nel mondo dilettantistico e giovanile. Sono solo alcuni dei temi in agenda - insieme alla riforma della legge del 1991 e al rafforzamento degli interventi per la tutela della salute - sui quali è notevole l’impegno del presidente del Coni Giovanni Malagò oltre che del mondo del calcio.

D. In merito al presidente  Malagò, come ha replicato alle sue parole, la scorsa estate, sul tema della legge sugli stadi che accusava il calcio italiano di autolesionismo, invitandola ad avere la forza e il coraggio di riformare? Dopo i primi attriti, ora il dialogo è migliorato?
R. Nella fisiologica differenza dei ruoli tra il presidente Malagò e il presidente di una Federazione complessa come la Federcalcio, al di là delle dialettiche proprie del periodo elettorale vissuto dal Coni, il rapporto si è sempre svolto correttamente e positivamente affrontando i tanti problemi esistenti, fra cui ricordo la riforma della Giustizia sportiva che deve trovare il proprio riferimento nell’emanazione di nuovi Principi fondamentali da parte del Comitato Olimpico Nazionale. La Federazione ha rapporti positivi con tutte le proprie componenti che sono meritevoli del massimo rispetto e che, fisiologicamente, tutelano gli interessi dei soggetti che rappresentano. Ma, come si evince dai lavori del Consiglio federale e dal dibattito di cui gli organi di informazione sono ottimi testimoni, le sintesi sono sempre state individuate con la massima condivisione.

D. La Federcalcio ha il compito di supervisionare e controllare i campionati professionistici della Lega di Serie A, della Lega di Serie B e della Lega Pro. In merito alla Lega A, le cronache sportive talvolta parlano di attriti tra lei e il presidente Maurizio Beretta. Dipende da una diversa maniera di considerare i problemi del calcio?
R.  La qualità dei rapporti personali aiuta ad individuare soluzioni concordate, ma è evidente che alcune volte gli interessi rappresentati possono divergere,  perché diversi sono i ruoli all’interno di un mondo che conta un milione e mezzo di tesserati, decine di milioni di spettatori negli stadi e che, nel dare e avere con lo Stato italiano paga imposte, soltanto se ci riferiamo al mondo professionistico, per oltre un miliardo di euro di  fronte a un finanziamento fatto annualmente al Coni di poco più di 400 milioni, il 15 per cento dei quali rientra quale contributo del Comitato olimpico alla Federcalcio.

D. Calcio e razzismo. Con la recente riforma delle norme sulla discriminazione razziale o territoriale, lo stadio rimarrà aperto tranne che nei casi gravissimi, e, in caso di recidiva, scatterà la chiusura totale dell’impianto. Ma resta la discrezionalità in merito alla «dimensione e percezione reale del fenomeno», concetti che sembrerebbero prestarsi a molte variabili. Come commenta?
R. La normativa contro il razzismo e contro ogni forma di discriminazione sono condivise dagli Organismi internazionali Fifa e Uefa. L’Italia ha affrontato e sta affrontando questi fenomeni a viso aperto unendo, come è necessario, una forte attività di prevenzione a sanzioni severe nei confronti di coloro che non rispettano le normative vigenti. Le recenti modifiche normative intervenute da parte della Federazione danno l’opportunità agli Organi della giustizia di valutare gli eventi, ma tutto ciò all’interno di precisi riferimenti normativi. L’Uefa sta apprezzando l’impegno dell’Italia al riguardo e, sulla base di tale valutazione positiva, ci ha proposto di organizzare la quarta Conferenza europea sul rispetto delle diversità.

D. Lo scorso novembre lei ha bollato come «sceneggiata indecorosa» i giocatori della Nocerina nell’incontro con la Salernitana poi sospeso, i quali, spaventati dalle minacce degli ultrà, avrebbero finto infortuni pur di non scendere in campo. Come evitare tali atteggiamenti e, più in generale, quale sono i problemi della Lega Pro, l’ex serie C, un mondo che rappresenta l’80 per cento del calcio italiano e che però vale circa il 5 per cento dell’industria del pallone tra costi e ricavi?
R.   Il procedimento disciplinare relativo alla partita Salernitana-Nocerina è in corso così come le indagini penali,  ed è doveroso da parte della Federazione rispettare l’autonomia e i ruoli degli Organi di giustizia. Confermo che si è trattato di una sceneggiata indecorosa. I problemi che affliggono strutturalmente il mondo della Lega Pro, per un  rapporto difficile fra costi e ricavi che porta alla mancanza di equilibrio per i bilanci delle società, nulla ha a che vedere con quanto accaduto. La Lega Pro insieme alla Federazione e con il contributo dell’AIC, l’Associazione dei calciatori, ha varato la riforma dei campionati, per cui nella stagione sportiva 2014-2015 avremo un’unica Divisione per un totale di 60 squadre rispetto alle 90 che in due diversi livelli operavano ed operano fino alla conclusione della stagione in corso. Occorre guardare la realtà e comprendere che il sistema professionistico italiano, che già dal 2014-2015 vedrà presenti 102 squadre anziché 132,  è formato da un numero di società eccessivo. Nei prossimi anni ci dovranno essere ulteriori riduzioni.

D. Il calcio scommesse. Come ha operato la Figc finora per debellarlo e cosa fare per il futuro?
R. Dal primo giugno 2011, allorché esplose il Calcio scommesse, conviviamo con le indagini penali e con quelle condotte dalla giustizia sportiva. È un problema, o forse è il problema, insieme agli episodi di violenza, del calcio mondiale, non solo di quello italiano. L’Italia ha una legge sulla frode sportiva datata, del 1989, che deve essere adeguata prevedendo sanzioni più severe, essendo questa un’area, per la criminalità organizzata di tutto il mondo, di particolare interesse. E peraltro pochi Paesi europei, e ancor meno degli altri continenti, hanno una legge che sanzioni penalmente tali fenomeni. C’è molto da fare in campo normativo, ma c’è soprattutto da far crescere il sistema dei valori in una società in cui l’etica per tanti non rappresenta più alcun riferimento.

D. Giustizia Sportiva. È spesso polemica, talvolta con scintille, tra la Giustizia dello sport e quella ordinaria e lei è uno strenuo sostenitore dell’autonomia sportiva. Quale è il nocciolo della questione ? Si troverà mai una tregua tra queste due istituzioni?
R. Il rapporto fra giustizia ordinaria e giustizia sportiva si è sviluppato sempre positivamente. I ruoli sono diversi, gli ordinamenti sono diversi, gli obiettivi dei due ordinamenti sono diversi. Non c’è contrapposizione perché ognuno è all’interno di una dimensione in cui persegue gli obiettivi che i rispettivi ordinamenti affidano ai Giudici Ordinari e alla giustizia sportiva. La tregua presupporrebbe un conflitto che in realtà non c’è mai stato.

D.  I diritti TV della serie A in Italia valgono 1 miliardo di euro. Cosa ne pensa della probabile controproposta della Lega, su input delle «sette sorelle» dei club di serie A, all’advisor Infront, la società che vorrebbe il rinnovo del contratto fino al 2021 per commercializzare i diritti televisivi? Quale potrebbe essere una buona soluzione?
R. La Lega di A sta lavorando sui diritti TV per i prossimi anni ed ha lavorato molto bene negli anni passati. L’Italia è soltanto seconda all’Inghilterra per introiti dei diritti televisivi. Il problema della competitività dei nostri Club non è collegato ai diritti televisivi ma alla fatiscenza degli impianti, alla scarsa incidenza sui fatturati del marketing, anche a causa dei fenomeni di contraffazione, e ad un quadro economico negativo del nostro Paese che dura ormai da anni e che si riverbera su tutte le imprese e su tutti gli imprenditori che sono spesso Presidenti e azionisti delle nostre società.

D. I prossimi Mondiali di calcio di Brasile 2014 coincidono con la fine del contratto del commissario tecnico della Nazionale Prandelli che, dopo un brillante lavoro con la Nazionale, forse vorrebbe approdare a un Club. Quali  tappe per il cambio previsto dopo il Mondiale brasiliano?
R. Prandelli ha fatto molto bene da tutti i punti di vista. A marzo-aprile ci incontreremo per programmare il futuro. La Federazione è fiduciosa che possa continuare a guidare la nostra Nazionale. Nessun contatto è stato preso e nessuna ipotesi sarà formulata finché Prandelli sarà il tecnico della Nazionale e finché non ci sarà il nostro incontro.

D. Andrea Agnelli, presidente della Juventus, afferma che il calcio sia da riformare. Condivide tale posizione? E, nel caso, come agire?
R. Il calcio è in continua evoluzione, è naturale che le riforme debbano accompagnarlo in questo percorso: nella legge sugli stadi, nel rafforzamento normativo contro la frode sportiva, nella necessità di riduzione dei club professionistici, nella revisione dei principi sulla giustizia sportiva, nel contrasto ad ogni forma di razzismo e di violenza, nell’educare e prevenire. Tutti gli aspetti fanno riferimento alla necessità di restare al passo con i tempi, nell’ambito di regole internazionali che costituiscono riferimento per i 209 Paesi aderenti alla Fifa. Con gli arbitri di porta abbiamo percorso per primi una strada innovativa sul solco tracciato dalla Uefa. Il calcio si è sempre più internazionalizzato e la capacità di attrarre investimenti, per la Roma prima e adesso per l’Inter,  è  un importante fattore potenziale di crescita per il settore, se pensiamo che in Premier League più della metà dei club sono di proprietà di investitori esteri. È però fondamentale che le grandi famiglie che hanno fatto grande il calcio italiano mantengano un ruolo centrale per garantire identità, passione e radicamento al territorio.

D. Cosa pensa del recente appoggio del premier Letta alla candidatura italiana alle Olimpiadi del 2024, che il «ministro degli Esteri» del Cio, Mario Pescante, ha giudicato «una scossa che può far bene al nostro Paese che fatica a rialzarsi»?
R. A titolo personale e quale componente della Giunta del Coni, appoggio pienamente l’iniziativa del Presidente Malagò con il sostegno dei membri italiani del Cio per le Olimpiadi 2024 in Italia. Penso che il Premier Letta abbia testimoniato la volontà del nostro Paese di proporsi di nuovo sulla scena internazionale con progetti di grande respiro.  

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