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GIUSEPPE VICENZI: CENTO ANNI DI DOLCEZZA

Giuseppe Vicenzi Biscotti

1905: su iniziativa di quattro amici nasce a Chicago il primo Rotary Club; a 45 anni dalla presa di Porta Pia, Pio X abolisce il «Non expedit», invitando il movimento cattolico ad organizzarsi per un ingresso nella politica attiva; in Francia entra in vigore la legge sulla laicità dello Stato e dall’unione delle ferrovie Mediterranea, Adriatica e Sicula nascono le Ferrovie dello Stato. A Schio, Vicenza, si alza in volo l’aeronave Italia, primo dirigibile italiano; nascono Albert Speer, architetto del nazismo, Jean Paul Sartre, padre dell’esistenzialismo, le divine Joan Crawford e Greta Garbo, il nostrano Aldo Fabrizi. Muore Jules Verne, straordinario precursore di tante invenzioni, e Albert Einstein regala all’umanità la più grande scoperta di tutti i tempi, il segreto dell’universo, racchiuso nella formula E= mc2, sintesi del principio che la massa di un corpo è la misura del suo contenuto in energia. In quello stesso 1905 a San Giovanni Lupatoto, un piccolo centro alle porte di Verona, Matilde Venturini, 39 anni e quattro figli ancora in tenera età, vedova di Sante Vicenzi, decide di prendere in mano la gestione dell’attività familiare, un forno da pane e pasticceria, affiancando alla vendita di generi alimentari anche quella di dolci fatti in casa, tipici della tradizione pasticcera locale: amaretti, savoiardi, maronati, nadalini, biscottini, sfogliatine, torte e budini.
A distanza di oltre un secolo l’attività di Matilde è rimasta saldamente in mano alla famiglia, rappresentata da oltre quarant’anni dal nipote Giuseppe, presidente di Vicenzi Biscotti spa, che rivendica con orgoglio una storia fatta di tradizione e di impegno, alla ricerca di quella eccellenza che ha fatto dell’azienda «un marchio di riferimento dell’Italian Fine Pastry, che serve in maniera consolidata, oltre al mercato italiano, più di cento Paesi nel mondo, dall’Europa, alla Russia, all’intero continente americano, al Medio e lontano Oriente, all’Australia».

Classe 1932, tre figlie di cui due impegnate in azienda, un’antica passione di famiglia per il basket che ha portato sia lui che il fratello Mario alla guida per quasi trent’anni della squadra locale, Giuseppe Vicenzi racconta con orgoglio le radici dell’azienda che dirige dal 1963, la propria storia personale e le nuove sfide che si prepara ad affrontare con lo slancio di un ragazzo: «Sono più di 50 anni che lavoro, ma ho ancora tanto da fare e domani parto per un lungo giro in Cina, Australia, Taiwan Hong Kong». Racconta di conservare ancora oggi in cassaforte il libricino rosso con le 62 ricette della nonna, «tuttora fonte di ispirazione per nuovi prodotti, oltre che testimonianza documentale delle nostre genuine basi artigianali». «Ho fissato la nascita della nostra azienda nel 1905 perché il più vecchio documento che ho trovato della Camera di Commercio porta quella data, ma l’attività della mia famiglia era iniziata già prima e non c’è nulla di inventato nella nostra storia, né marchi, né tradizioni familiari, né nonne delle favole».

Dietro il personaggio di Matilde, richiamata anche nelle pubblicità, «non c’è nessuna grande agenzia di comunicazione, solo l’impegno e il coraggio di una donna che ricerca e annota nuove ricette per dolci, rosolii, elisir e liquori, con l’amore e la precisione dei suoi tempi; una donna che non si perse d’animo nell’avversità: suo marito era anche diventato cieco, ma è stata capace di trasmettere, prima ai figli e poi ai nipoti e in particolare a me, figlio di Angelo, i segreti del mestiere e la passione per la ricerca». Il racconto avvincente della famiglia vede bambini e adolescenti partecipare all’avventura della giovane vedova in uno scenario di inventiva e di difficoltà crescenti. Lo slancio verso una vera e propria attività imprenditoriale, segnato dall’acquisto nel 1912 della prima macchina per biscotti siringati, incontra presto un ostacolo nell’ordinanza emanata poco prima della Grande Guerra che proibisce di fabbricare e vendere biscotti nello stesso luogo in cui si cuoce il pane. Per non interrompere l’attività Angelo e Bepi, figli di Matilde, decidono di innalzare un muro divisorio nel tinello per trasformarne una metà in pasticceria, dove impastare i dolci da portare a cuocere a casa di un vicino.

Alla morte di Matilde, nel 1944, ormai abbandonata l’attività di produzione di pane, l’azienda VMEF - Vicenzi Matilde e Figli, passa sotto la guida di Angelo il quale, coadiuvato dai tre giovanissimi figli Beppina, Giuseppe e Mario, le imprime un nuovo impulso pur mantenendo quell’immagine artigianale, pulita e familiare, che ne aveva decretato il successo. Nel secondo dopoguerra i prodotti oltrepassano il confine di Verona e si inizia a distribuire nelle città e province di Bolzano e di Trento: Mario, si occupa della vendita e delle consegne, Giuseppe rimane in bottega affiancando il padre e la sorella nella produzione.

Nel 1968 Giuseppe, già al timone da cinque anni, decide di imprimere una nuova svolta all’azienda per trasformarla in piccola impresa industriale, trasferendo la produzione nell’attuale stabilimento dove viene installata la prima linea meccanizzata dell’amaretto. «La mia passione era l’azienda di famiglia e il mio desiderio era fare industrialmente quello che mio padre e mia nonna avevano fatto artigianalmente», racconta Vicenzi, che dichiara di aver sentito la scuola come una prigione preferendo «imparare la partita doppia, come gestire un’azienda e mettere la farina al posto dei libri, assecondato da mio padre che a sedici anni mi regalò la prima macchina stampatrice per biscotti. Però usata».

Il suo obiettivo iniziale è sviluppare il marchio nel settore della pasticceria, trasferendo tutto il know how dell’artigiano a livello industriale, ma si accorge presto che questo non basta per differenziarsi dai concorrenti e decide di specializzarsi in un’unica produzione «per divenirne leader, scegliendo di puntare innanzitutto sull’amaretto che doveva essere buono, bello e meno caro dei concorrenti». Grazie all’impiego delle migliori materie prime, e garantendo l’eccellenza nella qualità, il successo è immediato e Vicenzi decide di proseguire sulla strada della differenziazione inserendo la produzione del savoiardo. Nel capannone acquistato a San Giovanni Lupatoto insieme al padre adotta negli anni 70, per primo in Europa, impianti di produzione giapponesi che consentono di lavorare con il solo burro, anziché con la margarina usata dai suoi concorrenti: nasce il terzo prodotto di punta, la Millefoglie d’Italia. Il successo ancora all’insegna dell’originalità delle ricette, della qualità delle materie prime e degli insegnamenti di nonna Matilde e papà Angelo, è seguito negli anni 80 e 90 da nuove specialità: la sfoglia ripiena, la Millefoglie e i pasticcini assortiti e le Minivoglie, che presto diventano sinonimo di gustosa dolcezza in Italia e nel mondo.

La vocazione all’export, presente sin dalle origini, consente di celebrare il Centenario dell’azienda con un 30 per cento di fatturato realizzato sui mercati esteri. «L’intuito che mi ha indotto 40 anni fa a specializzarmi e a scegliere solo nicchie di mercato per non scontrarmi con i grandi colossi è lo stesso che mi ha spinto, nel 2005, ad acquisire tutto il ramo da forno della Parmalat, quindi merende e pasticceria, senza tralasciare attività inizialmente considerate fondamentali. Un’operazione di rilievo per entità e complessità che ha permesso all’azienda di divenire in un solo colpo il terzo operatore italiano nel mercato della pasticceria industriale, e di realizzare il raddoppio del fatturato, passato dai 50 milioni di euro del 2005 ai 99 previsti per il 2006.

Risultati economici che, a giudizio di Vicenzi, sono frutto dell’applicazione costante delle quattro regole fondamentali ereditate dalla cultura familiare: intuito, tradizione, qualità, presenza. «Solo la commistione di questi quattro elementi, e non di uno soltanto, mi ha permesso di arrivare dove sono arrivato oggi. Oggi il mercato è più complesso e articolato, i concorrenti agguerriti e il consumatore sempre più esperto. Ma non c’è nessuna ricerca di mercato, nessun metodo quantitativo o nessun guru del marketing in grado di predire con certezza se un prodotto o una campagna pubblicitaria debbano essere lanciati. Solo l’intuito o semplicemente la pancia sanno tuttora guidarmi nelle scelte. Se non si rischia, non si va avanti e l’azienda rimane al palo».

Notevole in verità il coraggio mostrato nell’acquisizione di prodotti che, entrando in concorrenza con la Barilla-Mulino Bianco, avevano costituito uno dei talloni d’Achille della Parmalat. I marchi MrDay, Grisbì, ProntoForno e Matin vanno ad ampliare la gamma produttiva, incrementando fatturato ed export e tutelando nello stesso tempo il lavoro nei quattro stabilimenti di Bovolone in provincia di Verona, Lurate Caccivio vicino Como, Nusco in provincia di Avellino e Atella, di Potenza. «L’obiettivo è sempre quello di impegnarci a soddisfare il consumatore italiano e straniero con una gamma di prodotti più completa e l’acquisizione della Parmalat ha rappresentato per noi una sfida verso il futuro, proprio nell’anno del Centenario». Preceduto dal parere positivo del Comitato di sorveglianza del Ministero delle Attività produttive e dall’intesa con i sindacati per garantire il mantenimento dei siti produttivi, dell’occupazione dei 400 addetti e dei relativi trattamenti economici e normativi, il contratto definitivo è stato siglato con il commissario straordinario della Parmalat Enrico Bondi lo scorso anno.

Con orgoglio Vicenzi espone risultati su cui pochi avrebbero scommesso: «Già in ottobre, cioè a meno di un anno, abbiamo buone speranze di poter azzerare le perdite che ammontavano a circa 6 milioni di euro l’anno, e aumentato del 30 per cento l’export. Tutto questo mantenendo attivi tutti e quattro gli stabilimenti e salvaguardando i 400 posti di lavoro ex Parmalat, che si aggiungono ai 200 della Vicenzi Biscotti spa. Ce l’abbiamo fatta solo con i nostri mezzi e con l’aiuto delle banche, ma senza intervento pubblico, neppure per le aziende del Mezzogiorno, anche se non è stato facile resistere alle pressioni della Grande Distribuzione che voleva l’estromissione di nostri marchi prestigiosi».

A fine 2006 il fatturato consolidato, che comprende anche la piacentina Maradini di Fiorenzuola d’Arda specializzata nelle ciambelle, acquisita nel 2003, ha toccato i 99 milioni di euro. «In un momento in cui imprese del nostro settore chiudono, è fonte di soddisfazione aver salvato posti di lavoro e ridato vita a stabilimenti dotati di impianti all’avanguardia nel mondo. Siamo arrivati ormai alla quarta generazione di pasticceri, e abbiamo sempre cercato di far gustare e apprezzare in tutto il mondo le specialità italiane della pasticceria. Siamo presenti in Paesi con tradizioni alimentari molto diverse dalle nostre: in Cina da vent’anni, in Australia da più di dieci; ovunque i nostri prodotti vanno molto bene perché tutto ciò che è Italian food è premiante, a condizione che sia di buona qualità. Se una persona vuole mangiare un buon pasticcino deve farlo in Italia e il nostro compito è stato quello di portare questo pasticcino nel mondo, usando esclusivamente materie prime naturali».

Vicenzi tiene a precisare: «Noi produciamo specialità di pasticceria, non biscotti, perché appena un Paese si tira fuori dalla miseria, è in grado di fare da solo un buon biscotto». È severo nei confronti degli italiani che non esportano la qualità, «l’unica arma per contrastare la concorrenza; non dobbiamo farci male da soli con la concorrenza spietata, con pasticcini a basso prezzo, perché un conto è fare un savoiardo con il 26-27 per cento di uova, un altro è farlo con il 14 per cento. L’anno scorso in Canada ho trovato cataste di panettoni venduti a tre dollari canadesi l’uno: a questo prezzo chi riesce a garantire la qualità? C’è chi usa in alcuni prodotti, uova in polvere, io non lo farei davvero. Guidare un’azienda di forte tradizione significa non rinunciare mai ai propri principi, rimanere sempre fedeli all’attività aziendale e ai valori su cui è fondata, essere coerenti. Solo così il consumatore rimane fedele».

L’eccellenza viene garantita da rigorosi sistemi di controllo interni ed esterni. «Siamo determinati a protrarre la scadenza anche per i prodotti da forno ad almeno 8 mesi dalla data di fabbricazione per esportarli ovunque; stiamo ampliando al massimo la gamma dei prodotti senza additivi, coloranti e aromi artificiali». Vicenzi pone l’accento sull’importanza di un’adeguata presenza nei mercati: «A nulla valgono 100 anni di storia o una grande réclame se non si sa dove acquistare i prodotti». L’obiettivo è farsi conoscere e apprezzare per i valori tradizionali e per saper interpretare le esigenze dei consumatori.
La presenza all’estero è curata da una struttura commerciale che conta una sezione per l’Europa e una per l’overseas, quest’ultima diretta dalla figlia di Giuseppe, Giuliana, mentre la sorella Beatrice si occupa del marketing. Al sensibile rafforzamento in Cina si è affiancato l’esordio della linea Grisbì a Dubai. «Vogliamo raggiungere analogo successo con i ripieni, i prodotti per la panificazione, le merende, le pizze. Abbiamo la gamma più vasta di prodotti tipici italiani di qualsiasi altro produttore. Questo ci permette di avere distributori esclusivi nei vari Paesi, per una ampia serie di prodotti di varie tipologie».

Vicenzi ha dato vita nel 2005 alla Linea Oro di Matilde, dedicata a sua nonna. «Nell’anno del centenario ho voluto rendere un piccolo omaggio a una grande donna», conclude. Il centenario è stato festeggiato con una mostra-omaggio di tre fotografi di fama mondiale, Carl De Keyzer, Stefano De Luigi, e Mauro Fiorese, chiamati a documentare Verona attraverso la gente, i monumenti, l’arte, la storia, la quotidianità e l’economia. Un passato che ha visto il raggiungimento di molti traguardi, un futuro ancora ricco di iniziative nel nome della tradizione e dell’innovazione.

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