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RUGGERO MASSIMO JANNUZZELLI: BARCHE, DIPORTO, LUSSO, OVVERO LAVORO E INIZIATIVA

Ruggero Massimo Jannuzzelli

di Luigi Locatelli

Sarebbe un errore sforzare la memoria per citare il poeta francese Jean de La Fontaine e il suo apologo sulla cicala e la formica, o ricorrere alla mirmecologia: da un colloquio con Ruggero Massimo Jannuzzelli più che l’immagine della formichina operosa che con pazienza raccoglie granello dopo granello, esce il ritratto di un giovane imprenditore ricco di iniziativa, volontà, rigore professionale, che ha costruito la propria fortuna dedicando impegno e ingegno a un insieme di attività grandi, medie o piccole senza distinzione: distribuzione del gas, gestione operativa e finanziaria di imprese bisognose di assistenza, immobiliare, editoria popolare, nautica da diporto di alta gamma, confezionamento di prodotti per la casa, fondi di investimento, raccolta di rifiuti. Un ritratto sempre più raro perché, anziché fare ricorso all’iniziativa e all’impegno personale, sempre più spesso si preferisce rimanere immobili, in attesa di interventi pubblici, affidandosi ad agevolazioni, sgravi, incentivi da raccogliere con la tecnica del mordi e fuggi, per riprendere subito il coro di lamenti nei confronti del Governo che non ha occhi, denaro e provvedimenti per tutti.
Un coro anche di imprese grandi e medie, che volentieri si accoda a quello dei 17 mila lavoratori socialmente utili che hanno preferito il sussidio, rifiutando il posto stabile che gli era stato offerto. Oppure di quei 20 invitati dalla Direzione della zona archeologica di Ostia Antica per essere assunti e adibiti alla pulizia dell’area, a 1.100 euro al mese, circa 2 milioni di vecchie lire: hanno risposto solo in 9, di cui 8 hanno rifiutato il colloquio e l’ultimo non ha accettato il lavoro; una storia frequente, ad ascoltare artigiani, laboratori, piccole imprese che non trovano apprendisti, aziende che hanno bisogno per crescere di personale da assumere, di tecnici da istruire, di giovani da addestrare, e non ne trovano.
Jannuzzelli ha 45 anni; nato a Milano, dopo la laurea in Legge ha seguito un corso di specializzazione nell’area commerciale per dedicarsi alle attività di famiglia nel campo della distribuzione del gas: «Quando si vinceva la gara di un comune–racconta–, in quel territorio di fatto si era monopolisti; ma con la liberalizzazione quelli che si definivano utenti sono diventati clienti da conquistare e accudire. Nel Gruppo Camuzzi sono entrato nel 1999 e ho cominciato a sviluppare la parte commerciale. Ho creato il centro servizi, trasformato la fatturazione in un call center a disposizione del cliente, avviato la fornitura delle caldaie e inventato servizi aggiuntivi. Ho provato soddisfazione quando Enel, dopo aver rilevato la nostra società, ha unito il proprio servizio commerciale per l’elettricità a quello nostro per il gas, adottando i nostri criteri e utilizzando ancora oggi il nostro Centro; ha cambiato il logo ma la struttura, i criteri operativi, i dirigenti sono rimasti».
Contemporaneamente Jannuzzelli si occupava delle altre attività industriali e finanziarie della famiglia. Camuzzi International è figlia della Camuzzi Gazometri, prima società italiana nella distribuzione del gas, presente anche nella raccolta dei rifiuti soprattutto nel Nord e con impianti per il trattamento delle acque in qualche comune della Toscana. Alla fine dell’800 il commendator Camuzzi, un attivo e ricco signore, per portare il gas in casa per sé e per gli amici, mancando le bombole, aveva creato la prima rete di distribuzione. «Nacque così la Camuzzi spa a Milano nel 1929. Negli anni 60 subentrò l’ingegner Leonardo Garilli, padre dell’attuale presidente Fabrizio; insieme a mio padre Ruggiero, scritto con la i mentre io mi chiamo Ruggero Massimo, cominciarono ad acquisire società, tra cui alcune del Gruppo Liquigas».
Camuzzi intanto era cresciuta. «Mio padre si occupava della parte finanziaria, Leonardo Garilli di quella tecnica. Piano piano Camuzzi Gazometri nel 1996 era diventata il primo operatore privato con 500 mila utenti. Alla fine di quell’anno l’ingegner Leonardo Garilli è mancato e a mio padre, consigliere storico della società e conoscitore delle sue vicende, è stato chiesto di prendere le redini dell’azienda: dal 1997 al 2001 è stato presidente; nel frattempo i clienti, anche grazie ad altre acquisizioni, erano saliti a un milione. Assistevo Fabrizio Garilli come persona fidata e di riferimento. In pratica eravamo subentrati noi figli. In quel periodo è stato emanato il cosiddetto decreto Letta per la liberalizzazione del mercato energetico e nel 2001 è cominciata una trattativa per la cessione all’Enel di Camuzzi Italia, conclusasi nella primavera del 2002 per un miliardo e 100 milioni di euro».
Con questa cessione la società è diventata Camuzzi International e ha mantenuto le partecipazioni nei settori diversi dall’energia, oltre all’attività in Argentina. Dal 2002 ad oggi si è trasformata in una holding di partecipazione, alla ricerca di settori in cui operare. Sono stati scelti la nautica con l’acquisizione della Baglietto, la creazione di un cantiere in Tunisia con la partecipazione di maggioranza della società Générale Bateaux, che produce scafi, coperte e sovraccoperte in vetroresina per conto terzi fornendo i principali cantieri italiani e francesi e i Cantieri di Pisa con i quali è in atto una trattativa molto avanzata; l’editoria con la licenza per la pubblicazione di Selezione del Reader’s Digest, che nell’immediato dopoguerra contava due milioni e mezzo di abbonati; oggi ne ha oltre 100 mila ed è tornata in edicola insieme a un magazine e con più articoli sull’Italia. Tre pubblicazioni riguardano la famiglia: il mensile Benefit nell’area benessere e salute, il Segno di Branko nell’area oroscopi e Gruzzolotto, bisettimanale sul lotto.
«Non siamo in competizione con i grandi editori–spiega Jannuzzelli–, abbiamo una redazione piccola, il lavoro è fatto esternamente. Quest’anno dovremmo realizzare un settimanale rivolto al pubblico giovane che legge poco la carta stampata». L’attività immobiliare si sviluppa con 45 immobili di circa mille metri quadrati l’uno, rilevati dalla società Risanamento nell’area centro-nord d’Italia, e affittati al Penny Market del gruppo RVE tedesco. Nella zona sud di Milano è stata acquisita un’area destinata all’edilizia residenziale; nell’area attigua alla sede milanese sono in costruzione edifici commerciali. Nell’attività finanziaria il Gruppo è presente nel fondo Medinvest che detiene la maggioranza della Belfe, specializzata nell’abbigliamento sportivo, e nel fondo LM della famiglia Magnoni, che ha diverse attività ereditate anche dal fondo Meliorbanca. Presidente del Gruppo Camuzzi è Fabrizio Garilli; Ruggero Massimo Jannuzzelli è vicepresidente e amministratore delegato. Insieme decidono cosa fare, con il consiglio di Ruggiero Jannuzzelli presidente ad honorem. «Io sono più operativo–spiega Ruggero Massimo–, nel controllo degli investimenti Garilli è più presente in Argentina. Conosce lo spagnolo e dal 1992 si occupa della privatizzazione della distribuzione del gas in quel Paese. Dopo la cessione all’Enel abbiamo mantenuto quest’attività; tuttora siamo i primi distributori di gas con il 45 per cento del territorio argentino in un Paese che, malgrado gli scossoni degli ultimi anni, ha una enorme potenzialità. Fortunatamente compriamo materia prima all’interno del Paese. Non è cambiato molto, salvo il rendimento: prima era in dollari, con il peso quotato alla pari; oggi è in peso, ma questi valgono circa un terzo».
Domanda. Recentemente Camuzzi è uscita dalla Mittel, azionista di Banca Intesa, Banca Lombarda e Rcs Media Group, presieduta da Giovanni Bazoli e considerata il salotto buono della finanza bresciana e un crocevia di quella italiana. Che cosa è accaduto?
Risposta. È stata un’operazione concordata tra Mittel e il Gruppo Camuzzi che ha ceduto per intero la partecipazione del 4,6 per cento oltre al 2 per cento che aveva personalmente mio padre. Eravamo entrati nella Mittel d’accordo con gli altri azionisti e con l’amministratore delegato Guido De Vivo, che ci aveva offerto l’opportunità di apportare una ventata nuova soprattutto nell’attività di merchant bank, un po’ stagnante e concentrata più sull’attività finanziaria e meno su quella imprenditoriale. De Vivo desiderava incrementare gli investimenti in attività industriali con un’attività di private equity, e realizzare tramite il nostro Gruppo poche operazioni, controllate da qualche azionista della compagine. Con i dissesti verificatisi sul mercato si assiste a tante iniziative, ma quelle buone sono poche. Inoltre Mittel è una struttura lenta a reagire, per cui non siamo riusciti a realizzare l’obiettivo propostoci all’inizio. D’accordo con Bazoli e con De Vivo, mio padre ha proposto di fare altro. Abbiamo deciso di uscire dalla compagine azionaria di Mittel, con il progetto di partecipare con un ruolo operativo a un fondo che la stessa ha creato e per il quale ha l’autorizzazione dalla Banca d’Italia per operazioni di private equity. Da quella che rimane una cassaforte esclusivamente finanziaria sono usciti il Gruppo Camuzzi, Garilli e Jannuzzelli; possiamo seguire la nostra vocazione finanziario-industriale nel nuovo fondo.
D. Avete realizzato una notevole plusvalenza, come è stato scritto?
R. L’operazione non è ancora conclusa perché è in corso l’aumento di capitale e sono in scadenza i diritti di opzione, operazioni che richiedono tempo. Abbiamo realizzato 3,92 euro per azione, che figura in bilancio a 3,7. Le quote che abbiamo ceduto sono andate in mani vicine alla stessa Mittel: il 2 per cento alla Fondazione Cari-Tro, Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto già azionista con l’8 per cento; una quota uguale è stata comprata dall’Istituto Atesino di Sviluppo, finanziaria della curia trentina che viene a possedere così il 12 per cento della Mittel; altri titoli sono stati acquistati da Aletti Montani & Co family office guidata da Francesco Aletti, figlio di uno dei più importanti agenti di cambio italiani, che arriverà al 3 per cento. Altri azionisti Mittel sono la società Carlo Tassara del finanziere franco-polacco Romain Zaleski e l’Italmobiliare, con il 20 per cento.
D. Avete deciso dove indirizzare il nuovo investimento?
R. Stiamo analizzando il fondo di emanazione del Gruppo Mittel e guardiamo con interesse la nautica. Oltre ad avere acquisito i Cantieri Baglietto, stiamo concludendo il contratto con i soci della Cantieri di Pisa per aumentare l’attività nel settore della nautica da diporto di lusso. Il nostro programma non è fare concorrenza alla nautica da diporto in generale, ma internazionalizzare al massimo i marchi Baglietto e Cantieri di Pisa, prestigiosi per i clienti italiani del settore lusso, che viaggiano su barche dai 30 metri in su; e aprire nuovi mercati ai nostri marchi italiani come Russia, Cina, Paesi dell’Est europeo. Intendiamo dedicarci alla fascia molto alta, tralasciando le barche dai 12 ai 30 metri ma producendo dai 30 in su. L’ultima commessa affidata alla Baglietto riguarda la costruzione di un 53 metri; il cantiere di La Spezia può arrivare fino a 70.
D. Non sono programmi ambiziosi?
R. Non si parla di quantitativi esagerati perché, quando l’abbiamo acquisita, Baglietto produceva 5 barche l’anno e può produrne fino a 10; trovare altri 5 acquirenti di una barca del genere non è difficile, né si toglie spazio ad altri cantieri. Sono convinto che in Cina esistono miliardari che non sanno dove investire, non sanno cos’è la barca. Anche in Russia e in altri Paesi dell’Est vi è chi non sa dove investire e compra in Europa squadre di calcio per divertimento o per l’immagine. Noi investiamo in questo settore creando una rete commerciale diversa dalle altre del diporto nautico che operano con dealer incaricati di vendere barche fino a un certo livello. Le nostre vengono vendute da noi «one to one», cliente per cliente, attraverso la conoscenza diretta degli acquirenti e del loro mondo. Perciò intendiamo creare joint venture nelle diverse zone con chi è in grado di trattare con questi clienti, che devono venire in Italia a visitare il cantiere, assistiti da una persona dell’azienda. In Camuzzi Gruppo Nautica per l’espansione dei nostri marchi nel mondo sta per entrare una persona di alto standing ed esperta del mondo del lusso, Vincenzo Moccia, che ha lavorato in Bulgari e in altre società di pari livello; come ultimo incarico è stato direttore generale Dior Italia e può portare nella nautica da diporto di lusso il mondo della moda, del gioiello particolare, dell’oreficeria, dell’auto di alta gamma. In Dior e Bulgari ha realizzato aperture di negozi e di concessionari nel Sud-Est asiatico e in Estremo Oriente e ha trattato con i clienti più importanti che non vanno nei negozi ma preferiscono rapporti personali ricevendo in casa, in ufficio o in albergo, gli incaricati delle case di moda e così via. Rivolgendoci a quel mondo, in quell’area geografica, cerchiamo di incontrare gli stessi personaggi che acquistano il gioiello di alto livello, la Ferrari e quindi la barca.
D. Qual è l’andamento attuale?
R. La parte industriale procede bene. Con Baglietto abbiamo comprato una società senza debiti, con buon flusso di cassa e un marchio conosciuto. I Cantieri di Pisa sono in altre condizioni; producono i tradizionali Akir, motoryacht in vetroresina dai 28 ai 43 metri, con materiali di qualità e prezzi leggermente inferiori. La presenza di due marchi permette di curare il cliente nell’aumento delle sue esigenze e delle sue richieste perché nella nautica, come nell’automobilismo di alto livello, chi compra una barca da 30 metri dopo un anno ne vuole una da 38, poi di 43 e così via. Baglietto è comunque un grande nome e tradizione unica nel mondo della nautica pertanto nel caso in cui, per motivi legati alla due diligence che si protrarrà nei prossimi mesi, non dovessi chiudere l’acquisizione dei Cantieri di Pisa, è ipotizzabile la creazione di una linea di imbarcazioni in vetroresina dai 28 ai 40 metri, prodotte come scafo nella nostra Générale Bateaux, completate e rifinite a Varazze dagli esperti artigiani italiani, usando il famoso gabbiano del marchio Baglietto.
D. Ogni barca è costruita in base alle richieste del cliente?
R. Le barche Baglietto sono fatte tutte su misura per le esigenze e i gusti del cliente, che può chiederci di realizzare anche un progetto del proprio architetto. Cantieri di Pisa ha stampi standard per lo scafo ma gli interni, la divisione degli spazi e l’arredamento sono eseguiti su indicazione del cliente. Purtroppo non ci sono più i maestri d’ascia capaci di lavorare barche in legno. L’Italia è il secondo produttore mondiale di imbarcazioni da diporto, e noi puntiamo su quelle di lusso perché i settori del lusso, anche nei momenti di crisi, non subiscono ripercussioni. I ricchi hanno sempre larghe disponibilità di denaro e nei periodi di difficoltà le aumentano.

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