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CONTROLLI
Sulla velocità e sulle tasse aumentano, sulla droga
diminuiscono

di Giorgio Fozzati


o attraversato in lungo la nostra bella penisola, impegnato in un rally di accompagnamento di parenti dai posti di villeggiatura a casa e viceversa. Ho scelto accuratamente i giorni di minor traffico e ho viaggiato prevalentemente in autostrada, con brevi percorsi in strade di campagna. Le nostre autostrade hanno una tortura aggiunta, compresa nel prezzo del pedaggio: sono i numerosi cartelli con i limiti di velocità che si alternano ai temibili autovelox che registrano la velocità e spediscono le multe a casa. 130, 110 con la pioggia, 90 perché vi sono dei cantieri, anzi 70. Improvvisamente un cartello indica 60, un altro 40. Sono cartelli dimenticati da precedenti restringimenti e variazioni. E se invece fossero sempre validi?

Nel tratto Venezia-Bologna ci sono pochissimi rilevatori della velocità. Aumentano da Firenze a Roma e ancora da Roma a Napoli. Risultato: nel Nord sono stato sempre superato da auto, pullman, camion che viaggiavano ben oltre il limite. Nel Centro-Sud i sorpassi sono stati sporadici, tutti viaggiano alla velocità indicata. Che in alcuni tratti autostradali è davvero fuori dal buon senso: come si fa ad andare a novanta chilometri orari su tre corsie con pochissimo traffico? Ad ogni modo il viaggio è stato piacevole, sereno, forse anche grazie alla moderata velocità, imposta.

Nei centri abitati il limite di velocità scende a 30 chilometri e ogni borgo si attrezza come può: bande sonore per terra, gobbe artificiali e semafori intelligenti, che diventano rossi appena superi il limite, anche solo di un paio di chilometri. Mi sono preso una serie di strombazzate e alcune invettive da parte di altri guidatori meno scrupolosi che dei 30 all’ora facevano volentieri a meno. Sulla Pontina ho apprezzato la variante pedagogica: prima si incontra il cartello che avverte del rilevamento della velocità a distanza. Poi si trova il display che informa della velocità alla quale si sta viaggiando e subito dopo l’autovelox che sornione assiste al passaggio: non male come trovata per indurre alla riflessione sul pedale dell’acceleratore. Anche se la palma del sistema «education» l’hanno i punti sulla patente: sono uno strumento assai efficace. Conosco una persona che, pur di non vedersi privato dei punti a causa di un limite di velocità oltrepassato nell’attraversare un paese a sessanta anziché a cinquanta, ha sborsato 750 euro. Ha ottenuto il pagamento rateizzato. Era contento di averla scampata.

Riassumendo: sono 5 punti in meno se non allacci le cinture di sicurezza, altri 5 se non lasci attraversare la strada sulle strisce, poi ci sono i 3 punti per i fari da tenere accesi oppure da tenere spenti. La vita a punti ha caratterizzato la vita degli automobilisti italiani, a cominciare da quelli della benzina, meticolosamente raccolti per ottenere borse sportive mal cucite, berrettini finti della Ferrari o lettori di cd inutilizzabili. I propositi dei nuovi governanti sono assai bellicosi in tema di limiti di velocità: promettono ulteriori riduzioni. Mentre scrivo sto viaggiando sull’Eurostar ad alta velocità, l’altoparlante ha appena annunciato che abbiamo raggiunto i 300 chilometri orari. Alla mia destra scorre l’autostrada Roma-Napoli, c’è una coda infinita di auto e camion fermi.

Qualche giorno fa ho appreso che il Dipartimento Antidroga presso la Presidenza del Consiglio è stato abolito, dopo anni di intensa attività e molta esperienza accumulata in un settore così pericoloso. Il ministro competente ha detto che bisogna dare un segno di discontinuità con il Governo precedente e che la droga non si intende combatterla in modo repressivo. E qui i conti cominciano a non tornare. Discontinuità per discontinuità, togliete ogni limite di velocità, istituite delle lezioni sul valore della vita umana e sui pericoli del traffico veloce in autostrada, date un premio a tutti gli automobilisti che guidano con prudenza (personalmente sono molto soddisfatto di aver ricevuto ben 2 punti in più sulla mia patente per buona condotta).

Non si può abolire, cioè eliminare del tutto mandando a spasso dirigenti e funzionari in cerca di altri Dipartimenti, un Dipartimento che ha lavorato in condizioni difficili riuscendo a combattere con efficacia la lotta alla droga e giustificarsi dicendo che non si vuole essere repressivi, mentre la repressività viene usata nei limiti di velocità. Anche dal punto di vista del danno sociale, tralasciando il danno morale che è quello vero e incommensurabile, c’è da riflettere. Quanti sono i morti per incidenti autostradali in un anno? Nel primo semestre, avvertiva un display sulla A1, sono morte su questa autostrada 28 persone. E quanti sono morti per droga o si sono avviati inesorabilmente verso questa fine nel giro di poco tempo? Senza contare che un incidente difficilmente è premeditato, voluto, conquistato ad ogni costo. È più frutto di imprudenza, di distrazione, a volte di un guasto meccanico. E molte volte all’incuria stradale, a una segnaletica insufficiente, contraddittoria e deviante.

Chi ha un drogato in famiglia sa che inferno si scatena nelle crisi di astinenza, nei deliri della psiche che portano a compiere atti efferati senza alcuna coscienza. E qual’è la risposta? Niente repressione, anzi liberalizzazione delle droghe leggere che, come tutti sanno, sono solo il preludio a quelle pesanti. Ogni droga crea assuefazione, che porta ad aumentare le dosi e a trovare sostanze sempre più dure che provochino gli effetti voluti. Poi c’è qualcuno che immagina di creare spazi riservati per i drogati, sull’esempio di alcuni Paesi nord-europei. Tutti esperimenti sono miseramente e tragicamente falliti, i Governi di quei Paesi, appena hanno potuto, hanno fatto dietrofront. Noi no. Sorridiamo davanti al leader radicale che ostenta la droga e ne fa una bandiera di libertà. Accettiamo le canzoni che inneggiano ad essa, le fischiettiamo con inadeguato giovanilismo.

Non vogliamo capire che la maggior parte delle discoteche sono spacci a cielo aperto e pensiamo di risolvere il problema delle morti da notte in discoteca anticipando l’orario di chiusura dalle 4 alle 3 del mattino. Addossiamo all’alcool colpe che non ha (e ne ha molte già di suo). Qualcuno si azzarda a tirare in ballo il demonio quando assistiamo agli efferati omicidi apparentemente senza movente: ricordiamo la povera suora nel bresciano barbaramente uccisa da tre ragazzine indemoniate? Altro che demonio, le signorine erano disfatte dalla droga. Cervelli bruciati, anime raggrinzite.

Continuo a viaggiare con un occhio al contachilometri e l’altro alla strada. E penso a tutte le misure annunciate per risolvere il grave problema dell’evasione fiscale. Non riesco a capacitarmi: conosco molte persone, tutte di stretta osservanza tributaria; non gli passa nemmeno per l’anticamera del cervello di frodare l’erario, lo considerano da sempre un atto riprovevole e distruttivo di una buona socialità. Hanno i conti in banca, non hanno protestato più di tanto quando alcuni anni fa il Governo presieduto da Giuliano Amato decise il «prelievo forzoso» dai conti correnti, la rabbia l’hanno tenuta tutta dentro.

Non nego che esista anche chi non riesce a dormire senza aver predisposto tutti i sistemi più variopinti per non pagare le tasse e se ne vanta. Ma non sono la maggioranza e neppure un numero elevato, casomai consistente dal punto di vista patrimoniale e della capacità contributiva. Ma non capisco l’accanimento che il Governo si appresta ad attuare e che finirà per colpire inesorabilmente chi le tasse le ha sempre pagate e continuerà a pagarle. Gli altri hanno i soldi per pagare fior di professionisti in grado di districarsi tra i meandri delle leggi impositive e trovare tutte le scappatoie utilizzabili. L’anagrafe dei conti correnti colpirà anziane signore vedove che, avendo ereditato dal congiunto e venduto lo studio in Centro, si troveranno con un deposito sospettato di inadempienza fiscale. I patrimoni esentasse continueranno a dormire sonni tranquilli, ben custoditi nei forzieri dell’illegalità.

Mi auguro che le cose vadano diversamente, che i viscidi commercianti di morte si mettano una mano sulla coscienza e interrompano la triste sequenza che accompagna da troppo tempo questa opulenta società, ancora a caccia di emozioni nuove. E che si diffonda un senso della nazione e della solidarietà sociale che aiuti a far comprendere, anche ai più recidivi evasori fiscali, il significato del loro oltraggio. E che Governo e Legislatore facciano quello che possono, cercando di guardare più al bene della persona che al proprio tornaconto ideologico e politico. Uno sguardo al cruscotto: forse ho superato il limite dell’ingenuità imposto dal buon senso.

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