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sovraindebitamento: le norme per mitigare gli effetti della crisi

Una legge varata alla fine del 2012, un anno particolarmente difficile per imprese, famiglie e singoli consumatori, ha reso definitiva, per quanti di questi soggetti vengono a trovarsi oberati da debiti, una mitigazione delle normali regole applicabili in base alle procedure fallimentari vigenti: si tratta della legge 221 del 17 dicembre scorso, il cui articolo 8 ha ratificato il decreto legge n. 179, varato dal Governo Monti il 18 ottobre 2012, che ha riformato l’articolo 3 della legge 27 gennaio 2012 e l’art. 217 bis della Legge fallimentare, introducendo nell’ordinamento disposizioni relative alla composizione delle «crisi da sovraindebitamento» di debitori-consumatori.
A questi non si applicano più le ordinarie procedure concorsuali; inoltre sono state modificate anche le norme sull’usura e sull’estorsione. Per «sovraindebitamento», secondo la nuova formulazione, s’intende una «situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, che determina la rilevante difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni, ovvero la definitiva incapacità di adempierle regolarmente»; per «consumatore sovraindebitato» s’intende il «debitore persona fisica che ha assunto obbligazioni esclusivamente per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta».
Si tratta di una procedura concorsuale, simile al concordato fallimentare, applicata a soggetti non imprenditori commerciali, diretta ad evitare crisi economico-finanziarie per l’impossibilità di pagare i creditori e soprattutto per scongiurare il ricorso al credito illegale e alla criminalità. La norma prevede la possibilità per il debitore di proporre ai creditori un accordo che consenta il pagamento, pur non integrale, dei debiti ai creditori privilegiati e a quelli che non avessero partecipato all’accordo in quanto garantiti da questo e dall’omologazione del giudice più che dalla liquidazione del patrimonio del debitore; sono esclusi i crediti tributari e previdenziali, per i quali non è possibile la riduzione del debito ma solo l’eventuale rateizzazione del rimborso.
Una legge pertanto utilissima in questo periodo anche per non aggravare ulteriormente la crisi con il dissesto di tante imprese e famiglie. La proposta del debitore deve essere sostenibile e in grado di garantire il pagamento regolare del piano e la sua attuazione. Rispetto ai creditori, può prevedere una moratoria dei pagamenti, con esclusione dei crediti impignorabili, sempre che risulti idonea ad assicurare il pagamento alla scadenza del nuovo termine e l’esecuzione del piano sia affidata a un liquidatore nominato dal giudice che deve omologare l’accordo in base alla condotta del debitore, alla ragionevolezza del piano di ristrutturazione e alla mancanza di colpa per la situazione di sovraindebitamento.
Ulteriore principio cui dovranno attenersi i giudici è la ragionevole convinzione che il piano di ristrutturazione del debito consenta, per i creditori, un risultato migliore rispetto alla liquidazione del patrimonio del debitore. La proposta deve essere accettata da creditori rappresentanti almeno il 70 per cento dei debiti. La stessa legge prevede l’abbassamento, al 60 per cento dei debiti, della soglia per il raggiungimento dell’accordo in caso di debitore non consumatore, rispetto al 70 per cento previsto dalla legge n. 3 del 2012. Nell’accordo devono essere coinvolti «organismi di composizione della crisi da sovraindebitamento», costituiti da enti pubblici e iscritti in uno specifico registro, che hanno l’incarico di assistere il debitore durante la predisposizione e la gestione dell’accordo. L’alternativa all’accordo, prevista dalla nuova normativa, è la liquidazione di tutti i beni del debitore, consumatore o no, con effetti di esdebitazione ovvero di cancellazione di tutti i debiti.
Entrando nel merito della legge, è stata introdotta l’estensione al consumatore delle procedure di composizione delle situazioni di sovraindebitamento in forza di un piano di ristrutturazione del debito. Il piano deve assicurare il pagamento di quanto proposto - secondo scadenze, forme di pagamento, garanzie, eventuale liquidazione dei beni - e delle somme dovute ai crediti impignorabili, anche attraverso la cessione di crediti futuri o, in caso di reddito insufficiente, la presenza di uno o più garanti che dovranno sottoscrivere la proposta e conferire, in tutto o in parte, propri redditi o beni utili per l’attuazione del piano una volta omologato.
A differenza di quanto previsto originariamente dalla legge 3/12, il debitore potrà rimborsare, secondo le previsioni del piano di ristrutturazione, anche i creditori non partecipanti all’accordo. Per quelli privilegiati e quelli titolari di pegni o ipoteca, infine, è stato reso possibile il rimborso non integrale del credito, ovvero una moratoria di un anno dall’omologazione, ad eccezione della liquidazione dei beni del debitore su cui i creditori in questione hanno diritto di prelazione. Sono previsti i crediti per i quali deve comunque essere garantito il totale pagamento, come i tributi, per i quali è prevista esclusivamente la possibilità di dilazione.
La condizione dirimente per la strutturazione del piano e per la sua realizzazione è che il rimborso consenta ai creditori, che possono essere suddivisi anche per classi omogenee, di avere un risultato migliore di quello ottenibile con la vendita dei beni del debitore, come attestato da uno specifico organismo di composizione della crisi. È anche possibile che il patrimonio del debitore sia affidato a un gestore, nominato dal giudice con i requisiti di curatore fallimentare, per la liquidazione, la custodia e la distribuzione del ricavato ai creditori. Il debitore, infine, dovrà impegnarsi a non accendere nuovi debiti.
Il piano non può essere proposto, in quanto inammissibile, in caso di debitore, compreso eventualmente il consumatore, soggetto a procedure concorsuali, ovvero fallibile, con l’eccezione degli imprenditori agricoli, che abbia già fatto ricorso, nei cinque anni precedenti la domanda, al procedimento di composizione di crisi da sovraindebitamento; ovvero, per cause a esso imputabili, abbia avuto la risoluzione, la revoca e la cessazione del precedente accordo od omologazione; o abbia fornito informazioni insufficienti per la corretta determinazione della situazione debitoria, salvo integrazione della documentazione stessa.
La proposta del piano di ristrutturazione deve essere depositata, a cura dell’organismo di composizione della crisi, presso il Tribunale del luogo di residenza o della sede del debitore con allegato l’elenco di tutti i creditori e di tutte le somme dovute, l’inventario dei beni del debitore, l’elenco dei beni e degli eventuali atti di disposizione degli ultimi cinque anni, le dichiarazioni dei redditi, ovvero, nel caso di attività d’impresa, le scritture contabili degli ultimi tre anni, l’attestazione delle fattibilità del piano, indicazione della composizione del nucleo familiare corredata del certificato dello stato di famiglia e l’elenco delle spese correnti necessarie al sostentamento del debitore e della sua famiglia.
Entro tre giorni dal deposito in tribunale, l’organismo dovrà presentare la proposta di accordo - comprese la posizione fiscale del debitore e l’indicazione di eventuali contenziosi pendenti -, ovvero il piano, all’agente della riscossione (Equitalia), agli uffici fiscali (Agenzia delle entrate) e agli enti locali competenti. Nel caso di consumatore, l’Organismo dovrà allegare al piano di ristrutturazione una relazione contenente le cause dell’indebitamento e la diligenza del consumatore negli impegni assunti, le ragioni dell’incapacità di rispettare gli impegni assunti, la solvibilità negli ultimi cinque anni, la presenza di atti del debitore impugnati dai creditori, nonché una relazione con un giudizio sulla completezza e attendibilità della documentazione depositata dal consumatore e sulla convenienza per i creditori del piano rispetto all’alternativa liquidatoria. È possibile ottenere una proroga di quindici giorni per completare la documentazione presentata.
Dal momento della presentazione del piano sono sospesi gli interessi legali, salvo per i crediti garantiti da ipoteca, pegno o privilegio. Il giudice, verificate l’ammissibilità e la sostenibilità della proposta, fissa la data dell’udienza comunicando ai creditori la proposta di accordo e le forme di pubblicizzazione dello stesso. Da tale momento eventuali frodi ai danni dei creditori comporteranno la cancellazione della trascrizione del decreto che fissa l’udienza. Il decreto è equiparato all’atto di pignoramento. Sino al momento dell’omologazione sono sospesi gli atti prescrittivi e non avranno corso le decadenze. Inoltre sono inefficaci gli atti, non autorizzati dal giudice, che travalicano l’ordinaria amministrazione.
Per il raggiungimento dell’accordo è necessario che i creditori non consumatori rappresentino almeno il 60 per cento dei crediti; nella legge 3/2012 era fissato nel 70 per cento. Non sono calcolati nella percentuale i crediti per cui è previsto il pagamento totale - salvo rinuncia al diritto di prelazione - verso il coniuge del debitore, parenti e affini fino al quarto grado, i cessionari o aggiudicatari dei loro crediti da meno di un anno al momento della proposta. L’adesione o il rigetto di questa da parte dei creditori deve avvenire almeno dieci giorni prima l’udienza; secondo il principio del «silenzio assenso» la mancata risposta è interpretata come adesione alla proposta-piano.
Quest’ultima s’intende risolta con iniziativa d’ufficio del giudice, diverso da quello che l’ha omologata, in caso di mancato pagamento entro 90 giorni dalle scadenze previste alle pubbliche amministrazioni, agli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie, in caso di atti per frodare i creditori. L’organismo di composizione ha il compito di comunicare ai creditori, con una relazione, sui consensi espressi e sul raggiungimento delle percentuali previste 60 ovvero del 70 per cento per i consumatori e il testo dell’accordo.
In mancanza di contestazioni, entro dieci giorni dalla ricezione l’organismo invia la relazione al giudice, unitamente alla dichiarazione definitiva sulla fattibilità del piano e alle eventuali contestazioni ricevute. Il giudice, entro sei mesi dalla presentazione della proposta, procede all’omologazione della stessa e alla sua pubblicazione. In caso di contestazioni di creditori non partecipanti all’accordo, il giudice può omologare comunque la proposta se quest’ultima è migliorativa rispetto alla liquidazione dei beni del debitore.           (continua-1) 

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