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ENRICO GIOVANNINI: atti di governo concreti per ridare fiducia alla gente

Enrico Giovannini, ministro del Lavoro e delle Politiche sociali nel Governo Letta

di VICTOR CIUFFA

 

Presidente dell’Istat dal 2009 al 2013, Enrico Giovannini dal 28 aprile scorso è ministro del Lavoro e delle Politiche sociali del Governo Letta. Laureatosi con il massimo dei voti nel 1981 in Economia e Commercio all’Università Sapienza di Roma, nel dicembre del 1982 fu assunto come ricercatore nell’Istituto Nazionale di Statistica dove si occupò di Contabilità nazionale e Analisi economica. Trasferitosi come dirigente di ricerca nel dicembre 1989 all’Isco, Istituto per lo Studio della Congiuntura, assunse la responsabilità delle analisi monetarie e finanziarie, quindi tornò all’Istat come responsabile del Dipartimento di contabilità nazionale e analisi economica. Dal gennaio 1997 al dicembre 2000 diresse il Dipartimento delle Statistiche economiche. Membro della Società Italiana e dell’Istituto Internazionale di Statistica, membro onorario dell’Associazione Italiana degli Studi sulla Qualità della Vita, Giovannini fa parte di comitati scientifici a livello nazionale e internazionale. È stato professore a contratto in varie università italiane, consigliere della Società Italiana di Statistica e del Comitato Interuniversitario di Econometria. Ha partecipato al Comitato per l’introduzione dell’euro in Italia, al Nucleo di consulenti per la regolazione dei servizi di pubblica utilità, a comitati scientifici e istituzioni di ricerca. Professore ordinario di Statistica Economica nell’Università Tor Vergata di Roma, ha diretto il settore statistico dell’Ocse a Parigi. Nel 2004 ha organizzato il primo Forum mondiale su «Statistica, Conoscenza e Politica», ha lanciato un progetto di ricerca globale sulla «Misurazione del progresso delle società» condotto dall’Ocse in collaborazione con la Commissione Europea, la Banca Mondiale e le Nazioni Unite, per promuovere indicatori chiave in campo economico, sociale e ambientale in grado di fornire un quadro completo di come si evolve il benessere di una società. Per tale lavoro ha ricevuto la Medaglia d’oro del Presidente della Repubblica ed è divenuto membro del «Club di Roma».
Domanda. I cittadini si aspettano una grande opera da questo Governo che si è trovato ad affrontare difficoltà politiche ed economiche forse mai verificatesi dal dopoguerra. Gli interventi da compiere sono molteplici, ma in prima linea figura il varo di misure per favorire l’occupazione giovanile. Qualunque provvedimento deve essere però accompagnato, se non preceduto, da un ritorno di fiducia nell’opinione pubblica. Piccole imprese, lavoratori autonomi e famiglie sono sfiduciati, non credono all’avvio di una ripresa in breve tempo; non sarebbe opportuna una massiccia iniezione di fiducia diretta alla massa, basata su provvedimenti concreti, di rapido effetto?
Risposta. L’obiettivo del Governo è quello di affrontare i problemi sul tappeto e così restituire fiducia ai cittadini. Naturalmente questa non si può infondere per decreto, ma iniziano a comparire segnali di un’inversione di tendenza, come l’aumento di fiducia da parte delle famiglie e le migliori prospettive che le imprese, soprattutto quelle manifatturiere, iniziano a intravedere.
D. Che cosa indicano appunto le aspettative?
R. In particolare sembrano migliori le attese rispetto alla disoccupazione. Credo che le famiglie abbiano colto il messaggio lanciato da questo Governo e cioè che la lotta alla disoccupazione, in particolare quella giovanile, è la priorità dell’Esecutivo, il progetto principale per il Paese. E per questo si aspettano che i provvedimenti fin qui approvati inizino a produrre i primi effetti. Questo miglioramento del sentimento di fiducia è fondamentale per la ripresa dei consumi da parte delle famiglie e per la ripresa degli investimenti da parte degli imprenditori. Stiamo quindi lentamente riprendendo la strada della crescita. Anche se la spinta non sarà tale da riassorbire nel breve termine la disoccupazione, la fiducia è un fattore necessario per ritrovare il coraggio di spendere e investire. La riduzione dei redditi che si è prodotta in questi anni di recessione ha ristretto le disponibilità finanziarie di imprese e famiglie, ed anche chi non ha sofferto la crisi in modo grave ha preferito limitare le spese, muoversi con prudenza in attesa del superamento della fase più negativa.
D. In effetti le leggi economiche insegnano che alcuni fenomeni come l’inflazione, la stagnazione e la recessione dipendono non soltanto dalla quantità della moneta in circolazione, ma soprattutto dalla velocità di circolazione. In sostanza bisogna tornare a spendere per contribuire al miglioramento della situazione economica generale?
R. Certamente. Purtroppo però in questo periodo le risorse finanziarie esistenti, cioè i redditi percepiti, i risparmi accantonati, i depositi accumulati, si sono molto ridotti rispetto al passato a causa della perdita di posti di lavoro. A ciò si aggiunga la necessità per lo Stato di reperire risorse necessarie per fare fronte alle esigenze di finanza pubblica. In tali condizioni non è facile per un Governo offrire risultati concreti e creare rapidamente un clima di fiducia senza fare promesse inesaudibili. Per questo il Governo si è concentrato su azioni molto concrete per migliorare il ciclo economico.
D. Può fare un bilancio dell’attività svolta in questo primo arco di tempo dal Governo, in particolare nel settore del lavoro giovanile?
R. Nonostante il tempo limitato e le difficoltà politiche, il Governo ha già compiuto il più grande intervento degli ultimi anni in favore dei giovani: ha stanziato quasi un miliardo di euro per incentivare l’assunzione di giovani con contratti a tempo indeterminato e per favorire l’autoimprenditorialità. Ha messo in campo risorse per 80 mila tirocini formativi per giovani inattivi. Potrei proseguire con l’elenco, ma mi limito a dire, da non politico quale sono, che mai nessun Governo ha compiuto un’operazione del genere in così poco tempo.
D. Spessissimo, però alle leggi varate dal Governo e approvate dal Parlamento non seguono le indispensabili norme di attuazione, o la loro emanazione ritarda moltissimo. In quanto tempo, pertanto, potranno vedersi gli effetti dei provvedimenti adottati?
R. A parte il fatto che molte delle norme approvate sono immediatamente esecutive tanto che, per esempio, per i tirocini formativi si stanno già indicendo i bandi, proprio sui tirocini è in atto una sperimentazione nelle regioni del Mezzogiorno: 10 milioni di euro per l’attivazione di 3 mila tirocini formativi. Se l’iniziativa avrà successo, si potrà pensare di aumentare fino a 80 mila i tirocini nei prossimi anni.
D. E per quanto riguarda invece le assunzioni cosiddette agevolate e incentivate?
R. Il primo di ottobre l’Inps inizierà a raccogliere le domande da parte delle imprese che intendono usufruire degli incentivi per l’assunzione di giovani under 30 a tempo indeterminato. Ci auguriamo che le domande confermino le nostre aspettative. Altro aspetto che ci fa ben sperare nella riuscita di questo provvedimento è il dato che emerge da una rilevazione dell’Unioncamere: circa 180 mila piccole imprese intervistate hanno manifestato interesse ad usare questo incentivo. Certo, non è detto che poi lo facciano davvero, ma se tutte dovessero decidere di usufruirne, gli 800 milioni di euro previsti per questa operazione non sarebbero più sufficienti. E, di fronte alla possibilità di assumere stabilmente migliaia di giovani, non credo che il Governo esiterebbe a considerare un aumento delle risorse da destinare allo scopo.
D. Non esiste la possibilità che alcune imprese, soprattutto quelle piccole e medie, anche nel caso del varo di un ulteriore provvedimento a loro favore, come una riduzione del cuneo fiscale, capitalizzino i risparmi conseguiti grazie al minor prelievo da parte dello Stato sulle retribuzioni ai lavoratori, anziché destinarlo ad investimenti atti a favorire la ripresa produttiva e occupazionale?
R. Proprio per scongiurare questo rischio, la norma prevede che il beneficio venga concesso solo a quelle imprese che assumono a tempo indeterminato o convertano un contratto a termine; e, in ogni caso, le nuove assunzioni devono determinare un aumento del numero degli occupati e non essere sostitutive di lavoratori che abbiano lasciato o stiano per lasciare l’azienda. Abbiamo studiato attentamente lo schema al fine di evitare quanto già accaduto in passato, quando per ottenere gli incentivi le aziende avevano semplicemente convertito contratti a termine in contratti a tempo indeterminato.
D. Insomma ci sarà o non ci sarà una riduzione del prelievo fiscale nella busta paga dei lavoratori?
R. Stiamo considerando una riduzione delle tasse sul lavoro in vista della legge di stabilità. A questo proposito è stato costituito presso il Ministero dell’Economia un gruppo di lavoro per valutare diverse ipotesi in modo da ottenere un risultato immediato che spinga consumi, investimenti e occupazione.
D. Una fonte di notevolissima spesa pubblica sono gli enti locali, Regioni, Province, Comuni, Comunità Montane, enti sovracomunali. Ritiene possibile porre sotto controllo i loro bilanci, nella parte destinata non tanto ai servizi essenziali per i cittadini ma alle spese voluttuarie e ingiustificate?
R. Si tratta di un tema reale e di grande attualità. Questo argomento rientra nel programma di revisione del Titolo V della Costituzione ed è per realizzare tale cambiamento che il Governo ha presentato la proposta di un disegno di legge, attualmente in discussione alla Camera dei Deputati.
D. A partire dalla legge 142 del 1990 sono stati aboliti tutti gli strumenti di controllo e i controlli sugli atti degli enti locali, a cominciare dai Coreco, i Comitati regionali di controllo. Sono stati istituiti gli assessori esterni nei Comuni con oltre 15 mila abitanti, è stato reso intoccabile il sindaco per 5 anni, è stato ridotto il numero dei consiglieri comunali, sono stati depotenziati i dirigenti di ruolo e sostituiti, con lo spoil system, da personale provvisorio e irresponsabile, è stato svalutato il reato di abuso di ufficio e svuotati di potere i segretari comunali e i prefetti. E i responsabili di danno erariale agli enti pubblici, se condannati al risarcimento, non pagano quasi mai od ottengono ingiustificati sconti. Il Governo tiene presente tutto ciò?
R. Questi sono i risultati quando i cittadini non svolgono la funzione di controllo sociale nei confronti dei propri amministratori. Qualcuno direbbe: «È il federalismo, bellezza!». Dal momento in cui certe responsabilità sono state trasferite a Regioni, Province e Comuni, si dovrebbero mettere sotto pressione gli amministratori locali anziché auspicare un intervento dello Stato centrale. Invece ci si aspetta sempre che lo Stato debba fare tutto. Molte competenze sono state assegnate agli enti locali ed è necessario che questi le esercitino in modo efficiente ed efficace. Purtroppo tornare indietro è un po’ difficile. La revisione della Costituzione che proponiamo, e che è allo studio di un gruppo di Saggi, sarà poi discussa in una Commissione ad hoc che le Camere costituiranno e che dovrebbe servire a migliorare l’efficienza complessiva della macchina pubblica.
D. In 20 anni sono state varate tante leggi apparentemente a favore della trasparenza e dei cittadini, ma in effetti risoltesi in risultati diversi mentre il settore pubblico ha trasformato in un gigantesco ammortizzatore sociale la spesa pubblica. Può riuscire il Governo ad imporre tagli nella spesa pubblica proprio ora che la massa percepisce minori redditi?
R. Proprio per questo si dice che le riforme è meglio farle nei periodi di espansione, non in quelli di recessione. Purtroppo questo Paese non le ha fatte quando avrebbe dovuto.
D. Ma le difficoltà non sono comuni a tutta l’Europa?
R. Certo, ma noi stiamo pagando il dissesto della finanza pubblica e dobbiamo scongiurare che quanto accaduto si verifichi di nuovo. Le modifiche apportate alla Costituzione per assicurare il pareggio di bilancio servono proprio ad evitare politiche che diano risultati positivi nel breve termine, ma disastrosi nel lungo. Sono i vincoli che abbiamo concordato in seno all’Unione Europea, anche per evitare che altri cadano nei nostri stessi errori. In questo senso credo sia nel nostro interesse che tutti giochino la partita in modo regolare. Basti pensare a quanto è successo con la Grecia: quando ha truccato i conti della Pubblica Amministrazione ha avviato una crisi di sfiducia che ancora stiamo pagando.
D. Occorrono provvedimenti in seno all’Unione Europea?
R. La buona notizia è che, dopo tutti gli interventi compiuti in questi anni, non siamo più sull’orlo del baratro. Questo ci dà la possibilità di fare scelte che per molti anni sono state rimandate, possibilmente evitando di sbagliare di nuovo. Una cosa che, secondo me, non è ancora sufficientemente chiara alla pubblica opinione è che, grazie agli sforzi di questi anni fatti da tutti i cittadini, non abbiamo più bisogno di un provvedimento al mese che salvi il Paese, ma di approvare provvedimenti che risolvano i problemi esistenti e assicurino lo sviluppo di medio termine. Insomma, dobbiamo capire di essere diventati un Paese «normale», che non ha bisogno di un decreto Salva-Italia a settimana.  

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