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Salvatore Rossi: Ivass, gli italiani si assicurano poco

Salvatore Rossi, presidente dell’lstituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni e direttore generale della Banca d’Italia

L'Ivass, Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni, ente operante per garantire la stabilità del mercato assicurativo e la tutela del consumatore, dal  gennaio 2013 è succeduto in tutti i poteri, funzioni e competenze all’Isvap ed è stato raccordato istituzionalmente con la Banca d’Italia al fine di collegare l’attività di vigilanza nel settore assicurativo con quella di vigilanza nel campo bancario. È presieduto dal direttore generale della Banca d’Italia, incarico da maggio 2013 ricoperto da Salvatore Rossi, in Banca d’Italia dal 1976. Oltre ai diversi incarichi, Rossi ha fatto parte del Gruppo di lavoro in materia economico-sociale ed europea, il cosiddetto «Gruppo dei Saggi» istituito dal precedente presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Domanda. Può delineare un bilancio dell’Ivass dal passaggio alla vigilanza da parte della Banca d’Italia?
Risposta. Sono cambiate molte cose in questi due anni e mezzo. La legge istitutiva dell’Ivass ha stabilito  regole di governo abbastanza peculiari. L’Ivass è governata da due organi collegiali: il Direttorio integrato, costituito dai cinque membri del Direttorio della Banca d’Italia, integrato da due esperti nella materia assicurativa; e il Consiglio, composto dal Direttore generale della Banca d’Italia che è anche Presidente dell’Ivass e dai succitati due esperti consiglieri. Il Direttorio integrato ha competenza sulle attività di indirizzo e di direzione strategica dell’Istituto e sui provvedimenti con rilevanza esterna. Al Consiglio spettano l’amministrazione generale dell’Istituto e le competenze eventualmente delegate dal Direttorio integrato. Sotto il profilo organizzativo, molte novità apportate all’Ivass sono state mutuate dall’esperienza della Banca d’Italia; la vigilanza bancaria e la vigilanza assicurativa sono, in linea generale, distinti, ma ci sono alcune somiglianze, ad esempio il modo di condurre le ispezioni: nel vecchio Isvap l’ispettorato era stato abolito, noi l’abbiamo ripristinato, e abbiamo creato il servizio Normativa di vigilanza che l’Isvap non aveva. Altre novità che abbiamo apportato in materia di organizzazione della vigilanza sono la concentrazione in un unico Servizio della cosiddetta «supervisione a distanza» su gruppi e imprese e l’aver dotato gli analisti di criteri scritti che possano orientarne il lavoro (cosiddetto manuale di vigilanza). Tante novità organizzative, nuove strutture e nuove persone. Devo ammettere in tutta trasparenza e onestà che abbiamo trovato professionalità di alto livello in questo istituto, che abbiamo cercato di valorizzare il più possibile.
D. Avete mai pensato di abolire delle norme o renderne più facile la lettura?
R. «Semplificazione» è una parola chiave che ci siamo data, è quindi un nostro obiettivo. Non è operazione facile. Il Codice delle assicurazioni, assai complesso, richiede in molti casi una norma secondaria, cioè un regolamento che dia attuazione alla norma primaria di legge, e se quest’ultima è complicata è difficile poi che i regolamenti attuativi siano semplici. Bisognerebbe pertanto semplificare dalla testa. Comunque la semplificazione, per quel che possiamo, è un’operazione che abbiamo cominciato proprio con l’aiuto del nuovo servizio Normativa.
D. Come stanno i gruppi assicurativi italiani e in cosa potrebbero migliorare?
R. Il 2013 e il 2014 sono stati anni profittevoli per le compagnie assicurative italiane, in linea con la media europea. Nel 2014 la raccolta premi è cresciuta del 20 per cento fino a 150 miliardi di euro, il 9 per cento del prodotto interno. L’aumento è tuttavia concentrato nel ramo Vita, dopo anni di crisi in cui questo comparto stentava e si erano accumulate perdite. Nel ramo Danni, sia RC auto sia non auto, continua invece il trend lievemente discendente della raccolta premi.
D. Com’è possibile? Forse a causa dell’insicurezza delle persone?
R. Questa è una buona risposta dettata dal buon senso. Nel ramo Vita vi sono prodotti propriamente assicurativi, come la classica polizza vita, ma anche prodotti finanziari e forme di investimento del risparmio: in questi ultimi 3 anni da parte dei risparmiatori c’è stata una ricerca di forme d’investimento più evolute, alternando e combinando la sottoscrizione dell’uno o dell’altro tipo di prodotto. Nel ramo Danni, invece, assistiamo a un fenomeno preoccupante: la cronica mancata assicurazione degli italiani nei danni diversi da quelli automobilistici. Perfino la polizza RC auto, pur obbligatoria, molti non la sottoscrivono.
D. L’Ivass non dovrebbe poter conoscere tutte le automobili sprovviste di assicurazione?
R. Non è compito dell’Ivass; sul piano più generale del contrasto ai fenomeni che impropriamente affliggono il sistema (evasione assicurativa, frodi)  stiamo cercando di dare una mano attraverso la realizzazione di un’articolata banca dati, denominata «Archivio integrato antifrode», che metteremo a disposizione di forze inquirenti e imprese. Tornando al punto, va comunque notato che nei danni non auto quali furto, incendio o catastrofe gli italiani hanno la tendenza ad assicurarsi poco.
D. Forse a causa di alcune compagnie che attuano escamotage per non pagare?
R. Questa può essere parte della spiegazione. Recentemente abbiamo svolto un’indagine per comprendere le ragioni del fenomeno della sottoassicurazione, avendo intuito l’esistenza di problemi nella domanda e nell’offerta di prodotti assicurativi: da una parte vi sono le compagnie che non fanno abbastanza per rendere le polizze comprensibili e attraenti, dall’altra è un fatto storico, la scarsa attitudine degli italiani ad assicurarsi contro i rischi. È un fenomeno riguardo al quale, purtroppo, non registriamo inversioni di tendenza. Osserviamo anche fenomeni di contrazione dell’offerta di alcuni tipi di copertura (ad esempio responsabilità civile medica) sui quali abbiamo dato avvio a specifiche indagini.
D. Quali sono le principali modifiche riguardanti l’Ivass derivanti dal nuovo Codice delle assicurazioni?
R. Il nuovo Codice recepisce la recente direttiva comunitaria Solvency 2, un’autentica rivoluzione normativa che interessa non solo le metodologie di calcolo del requisito patrimoniale delle compagnie assicurative, ma l’intero sistema di vigilanza prudenziale su di esse. Il precedente regime regolatorio, Solvency 1, imponeva un requisito di capitale che non teneva conto dei rischi specifici di una data compagnia. Noi sappiamo che, a parità di premi e di sinistri, la rischiosità di due assicurazioni può essere molto diversa, ad esempio in relazione a una diversa politica di investimento delle risorse. Per Solvency 1 questa diversità non si rifletteva in un maggiore o minore assorbimento di capitale. Diversamente Solvency 2, che entra in vigore a gennaio 2016, richiede a ciascuna compagnia di identificare e misurare i propri rischi e di detenere un ammontare di capitale direttamente correlato alla quantità di rischio a cui è esposta. La misurazione di questi rischi è molto complessa e le compagnie si stanno attrezzando. Le compagnie minori probabilmente utilizzeranno la cosiddetta formula standard mentre quelle maggiori tenderanno ad avvalersi di opzioni più personalizzate, il cui grado di sofisticazione sarà funzionale al maggiore dettaglio nell’analisi del rischio (dai cosiddetti parametri specifici di impresa fino ai cosiddetti modelli interni). Per adesso siamo nella fase preparatoria, in cui le compagnie stanno comunicando alle autorità di regolazione i primi risultati dell’applicazione dei nuovi «algoritmi». E teniamo conto che le autorità di controllo dovranno a loro volta certificarne la validità. Insomma è un periodo intenso sia per le compagnie sia anche per le autorità.
D. Le associazioni dei consumatori possono proporre reclamo all’Ivass?
R. Certo, sempre. Nel 2014 abbiamo gestito 26 mila reclami e 43 mila telefonate al call center.
D. E i consumatori hanno risposta?
R. Sì. È cambiato il metodo di gestione del nostro call center e invito a sperimentarlo come ho fatto io stesso in forma anonima: il servizio è stato eccellente. Per l’Ivass la tutela del consumatore è un elemento di vanto e su di essa stiamo investendo ancora di più; c’è inoltre un ottimo rapporto con le associazioni dei consumatori che incontriamo ogni 3 mesi per affrontare i vari temi che interessano i consumatori.
D. «Sei assicurato e forse non lo sai» è un’indagine da cui è emersa la vendita di polizze abbinate a servizi e prodotti di vario genere, con poco chiare modalità dell’offerta e conoscenza effettiva dell’esistenza della polizza e conseguente azionabilità in caso di bisogno. Cosa fa l’Ivass?
R. È il «cross selling», cioè la vendita di un prodotto con abbinamento di una polizza assicurativa. L’Ivass ha avviato l’indagine al fine di capire le modalità di confezionamento di queste polizze e di vendita alla clientela; l’Antitrust e l’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico sono state pure coinvolte.
D. Il cliente però deve essere avvisato, cosa che non sempre accade.
R. Esattamente questo è il punto, ma non demonizziamo. In generale questi abbinamenti possono essere utili al consumatore se fatti correttamente, e in molti casi ciò avviene. La pratica del «cross selling» riguarda un’ampia gamma di prodotti e di servizi; l’indagine è a tutto campo, ma al momento ci siamo concentrati sulle forniture di energia. Il problema principale è che il fornitore del contratto tende a non dire chiaramente al cliente che cosa sta comprando, con il risultato che forse il cliente è assicurato e nemmeno lo sa, e questo è paradossale.
D. E paga di più, per un accordo tra grandi aziende e società di assicurazioni che fanno il loro business quasi di nascosto.
R. È così. Sono convenzioni che una società stipula con una compagnia assicurativa e quest’ultima fornisce la polizza per una piccola quota dell’importo. Per le assicurazioni è un business accessorio, ci ricavano poco. Si tratta però di una clientela a cui la compagnia assicurativa non arriverebbe, che raggiunge attraverso la rete distributiva di quel certo prodotto. Oltre all’indagine sui contratti d’energia abbiamo poi approfondito la vendita delle polizze abbinate ai mutui bancari, anch’esso un fenomeno molto diffuso. Sfruttando il fatto che Ivass e Banca d’Italia stanno sotto lo stesso ombrello, abbiamo promosso un’azione congiunta mediante un incontro di tutti i rappresentanti delle banche, delle assicurazioni e delle associazioni dei consumatori per arrivare a una soluzione. Per il momento in questa fase di consultazione stiamo raccogliendo commenti e osservazioni, dopodiché ci siamo riservati un’azione ai sensi delle leggi che ci autorizzano ad intervenire in questo campo, sia verso le banche che verso le assicurazioni. Anche in questo caso il grosso del guadagno derivante dalla polizza abbinata va a chi distribuisce il prodotto, nel caso specifico alle banche; alle compagnie di assicurazione si può a volte imputare di avere congegnato un prodotto non sempre adeguato alle esigenze di una clientela molto diversificata, ma la eventuale scorrettezza tipicamente è del distributore.
D. Avete portato avanti altro nel campo della difesa dei consumatori?
R. Un’altra indagine interessante è quella avviata sui siti online comparativi delle diverse offerte di polizze assicurative. Questi siti offrono un servizio gratuito agli utenti: ma come guadagnano? Facendo delle convenzioni con le compagnie e, guarda caso, nelle graduatorie che ciascuno di tali siti stilava, la compagnia che li sovvenzionava era anche quella che risultava essere la più conveniente per il cliente che aveva attivato la comparazione. Abbiamo ottenuto primi, importanti risultati, ma continueremo a monitorare il fenomeno.
D. Perché il dispositivo della scatola nera non è ancora obbligatorio? Forse perché abbasserebbe le tariffe delle assicurazioni?
R. Siamo convinti che la scatola nera faccia comodo a tutti, ma il problema è chi la paga e come i dati in essa contenuti possano essere usati. Compagnie e consumatori concordano sulla reciproca utilità, ma il tema è: chi e in quale misura debba farsi carico dei costi ad essa associati, (ad esempio nel disegno di legge Concorrenza quelli per l’installazione e la portabilità). Il mercato comunque si sta sviluppando, a fine 2014 il 13,4 per cento dei veicoli disponeva di scatola nera. Per la sua ulteriore diffusione il Governo aveva dapprima tentato di imporne l’obbligatorietà e la gratuità per i cosumatori, per poi ripiegare - nel Ddl Concorrenza ora all’esame del Parlamento - su un meccanismo basato su facoltatività dell’offerta e obbligo di sconto. Altro tema,  è come i dati in essa contenuti possano essere usati, alla luce sia dei paletti previsti dal Garante per la tutela dei dati personali sia di perplessità, emerse nell’iter parlamentare del Ddl Concorrenza, sul possibile uso in giudizio delle informazioni contenutevi.  

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