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Lorenzo Sassoli De Bianchi: UPA, è la pubblicità a misurare l’uscita dalla crisi italiana

Lorenzo Sassoli de Bianchi, presidente dell’Upa

Intervista al presidente dell’UPA, Utenti Pubblicità Associati


«Stiamo uscendo dalla crisi: i primi segnali vengono proprio dalla  pubblicità, il 2015 è l’anno di svolta e noi intendiamo costituire il riferimento per accompagnare questa ripresa nel sistema della comunicazione. L’Upa è in buona salute, tanto che negli ultimi anni si sono associate oltre 60 imprese che l’hanno riconosciuta fondamentale per operare al meglio in uno scenario di radicali cambiamenti»

Il mercato della comunicazione torna a crescere. A fine anno è prevista l’attesa inversione con un segno più», ribadisce il presidente di Utenti Pubblicità Associati Lorenzo Sassoli de Bianchi, in apertura dell’assemblea annuale, «e la previsione dell’Upa è che la crescita del 2015 si collocherà fra l’1 e il 2 per cento». Con questa previsione Sassoli ha aperto la sua relazione davanti a una platea di oltre 900 persone, investitori, centri media, agenzie, giornalisti a Milano, nel Teatro Strehler, il primo luglio. La seconda notizia nella relazione del presidente è stata la proposta di quotazione in borsa dell’Auditel entro il 2016. «È il risultato di un lungo processo di innovazione promosso dalla nostra Unione - ha spiegato il presidente - che ha portato all’ingresso di Sky e Discovery nel Consiglio di amministrazione della società, e alla posizione di maggioranza della componente del mercato nello stesso consiglio. Ora per l’Auditel si tratta di fare un ulteriore passo verso la trasparenza e l’indipendenza. Vogliamo fare di Auditel una casa di vetro, e cercheremo la formula migliore per tutelare gli equilibri volti all’indipendenza». Nel frattempo Auditel sta realizzando un «superpanel» costituito da 15.600 famiglie: l’Italia è il primo Paese al mondo a realizzare un tale progetto, con l’obiettivo di rispondere all’estrema frammentazione degli ascolti televisivi e al crescente bisogno di analisi molto dettagliate. A giugno 2016 il superpanel sarà integralmente operativo.

Sassoli ha anche annunciato un nuovo progetto dell’Upa nell’ambito delle sponsorizzazioni culturali, il sito www.upaperlacultura.org: «Il patrimonio artistico italiano ha bisogno di una nuova figura, l’attrattore di investimenti. Il bonus fiscale varato dal governo va in questa direzione». Sarà un portale in cui far confluire le proposte di soprintendenze, musei, parchi archeologici, teatri. Per i temi della banda larga e della riforma Rai, su cui nelle relazioni degli anni precedenti l’Upa aveva sempre lanciato sollecitazioni e proposte, quest’anno Sassoli ha commentato:«Sembra tutto fermo, siamo al palo. L’Italia è ferma al 91esimo posto per velocità di connessione, e il 30 per cento della popolazione non è connessa»

Utenti Pubblicità Associati riunisce le imprese per affrontare e risolvere i problemi comuni in materia di pubblicità e per rappresentare gli interessi delle aziende con univocità, indipendenza e forza presso il legislatore, le agenzie di pubblicità, i mezzi, le concessionarie, i consumatori e tutti gli altri stakeholder del mercato della comunicazione commerciale. Nominato a fine aprile per il triennio 2015-2017 alla guida dell’associazione, Sassoli conferma:«Stiamo uscendo dalla crisi: i primi segnali vengono proprio dalla pubblicità. Il 2015 è l’anno di svolta e noi accompagneremo questa ripresa come istituzione di riferimento nel sistema della comunicazione. L’Upa è in buona salute, tanto che negli ultimi anni si sono associate oltre 60 imprese che l’hanno riconosciuta come il riferimento fondamentale per operare in uno scenario di radicali cambiamenti».

Domanda. Cos’è l’Upa, che tipo di aziende riunisce e cosa rappresenta?

Risposta. Costituisce il riferimento associativo delle imprese che investono in pubblicità in Italia. Ne rappresenta circa 500, che costituiscono quasi il 90 per cento degli investimenti in comunicazione nel nostro Paese. Si tratta soprattutto di aziende grandi, multinazionali italiane o estere, o medio-grandi. Negli ultimi anni abbiamo cominciato ad associare anche aziende medio-piccole che si stanno aprendo all’impiego della comunicazione pubblicitaria come strumento strategico di crescita. Rappresentiamo e difendiamo in tutte le sedi opportune i loro interessi di investitori pubblicitari, avendo come costante riferimento tre valori di base: l’innovazione, la trasparenza e la responsabilità.

D. In che modo l’Upa difende e promuove la pubblicità responsabile come veicolo d’informazione per il consumatore, concorrenza per il mercato e benessere per la società?

R. La responsabilità è uno dei valori fondanti della nostra associazione, quindi risponde a una precisa scelta di campo la nostra partecipazione attiva all’Istituto di autodisciplina pubblicitaria, che abbiamo contribuito a fondare quasi 50 anni fa. Lo stesso si può dire per il nostro ruolo istituzionale di interlocutori con le Autority preposte nel nostro ordinamento alle garanzie della comunicazione (AgCom) e della concorrenza del mercato (AgCM).

D. Dopo 7 anni di risultati negativi, il mercato pubblicitario chiuderà il 2015 in crescita del 2 per cento circa. A cosa è dovuta questa inversione di tendenza?

R. La nostra stima sulla chiusura del mercato al 2015 è fra l’1 e il 2 per cento. L’inversione di tendenza che potremo registrare a fine anno sarà dovuta a tre fattori concatenati: l’avvio della ripresa economica, il nuovo clima di fiducia fra i consumatori, la determinazione degli imprenditori a uscire dalla crisi meglio di come si era entrati nel 2008.

D. Quello della comunicazione è di nuovo un settore d’avanguardia; dopo Gutenberg e Marconi, oggi stiamo vivendo il terzo cambiamento radicale in questo campo. In che modo lo affronta la pubblicità?

R. In maniera innovativa e direi anche anticipatoria, il «digital» rappresenta già oggi circa un quarto degli investimenti pubblicitari, e la ricerca delle modalità più efficaci ed efficienti di impiego della piattaforma web a scopi pubblicitari è sempre in effervescenza, dal «search» al «social», dalle modalità di erogazione dei video, sempre più sofisticate, alle modalità di acquisto degli spazi con le piattaforme del «programmatic buying».

D. La televisione resta ancora il canale privilegiato, ma la carta stampata ha margini d’efficacia superiore rispetto al digitale. Perché la pubblicità online non è ritenuta ancora efficace come quella sui mezzi tradizionali?

R. È una questione di peculiarità del rapporto che le persone hanno con le testate che comprano abitualmente. Si tratta di un rapporto intimo, emozionale, che predispone alla lettura lenta e a un maggiore stimolo del ricordo, per non dire del fatto che è operante un circuito virtuoso fra autorevolezza delle testate e valore dei marchi pubblicizzati, e viceversa. Il mondo «digital» è un mare aperto, con poche bussole affidabili, tutto si stempera in un indistinto baluginare di contenuti, dai più alti ai più «bassi» spesso ibridati. Bisogna avere delle credenziali cognitive ben adeguate per sfruttarne tutte le potenzialità.

D. Nonostante la supremazia della tv come veicolo pubblicitario, da sessant’anni è la stessa mentre il mondo è cambiato radicalmente. Si può dire che tutto cambia a una velocitàincredibile, linguaggio compreso, tranne la tv, ancora il mezzo «tradizionale più moderno»?

R. La tradizione è sempre moderna, se non perde di vista la contemporaneità. L’attualità della tv risiede oggi nelle strepitose serie televisive, che hanno superato il cinema nel rigore di sceneggiature sempre avvincenti. Come anche nell’innovazione tecnologica che ne fa un mezzo fluido capace di introdursi in ogni tipo di «device», anche in quelli in mobilità. E nel coraggio di rinunciare alla necessità di un palinsesto lineare, aprendosi alla grande sfida del «video on demand», di contenuti prettamente televisivi ma fruiti in assoluta libertà di spazio e tempo. E ciò è vissuto come «contemporaneo» dalle nuove generazioni, proprio quelle più lontane dalla tv tradizionale.

D. E invece la radio?

R. La radio è un mezzo solido, caratterizzato per target e potenzialità, e sempre ben presente per chi deve investire in pubblicità. È infatti uno dei mezzi che più velocemente sta lasciando alle spalle la crisi degli ultimi anni. Se si trovasse un accordo su come misurarla in maniera tecnologicamente avanzata e statisticamente affidabile, sarebbe ancora meglio per chi la inserisce nelle pianificazioni.

D. Non è allarmante il modo in cui alcune aziende possono impiegare internet per autopromuoversi usando in modo distorto ad esempio i social network? Come si muove l’Upa in questo ambito?

R. Credo che tutti siano liberi di affacciarsi nei social network come meglio credono, ma è un ambito a dir poco impietoso con chi sembra non stare alle regole del gioco. Ognuno può calcolare i vantaggi e i rischi connessi. L’Upa per sua natura associativa e statutaria non può dare indicazioni prescrittive, semmai delineare linee guida di contesto.

D. Come considera il modello di Rai emerso dalla riforma Renzi?

R. Da quello che si è capito, sbagliato. Per quattro motivi: non ha senso trasformare il servizio pubblico in un’altra televisione commerciale, non è di questo che il Paese ha bisogno, ci sono già ottimi «broadcaster» nazionali e internazionali in un mercato televisivo ormai aperto alla competizione; dalle nostre ricerche risulta in maniera evidente che tutti vorrebbero che il «servizio televisivo pubblico» restasse tale, perché la sua funzione è insostituibile e fondamentale per la crescita culturale, e non solo, di un Paese; il pagamento del canone sarebbe il giusto riconoscimento di questa funzione di «servizio pubblico» che potrebbe esser svolta in maniera istituzionale da uno dei canali; la governance deve tendere a un assetto più pubblico e meno politico, con una Fondazione che accolga tutte le istituzioni e le rappresentanze culturali, territoriali e politiche.

D. Può sembrare contraddittorio, ma lei ha detto che vuole una Rai senza pubblicità e di qualità sostenuta solo dal canone; basterà solo il canone per sostenere la qualità?

R. Non la Rai senza pubblicità, bensì un canale degli attuali quattordici di cui dispone. Non vedo contraddizione nel tutelare sia lo spazio del mercato e della competizione, sia quello, assolutamente fondamentale, del «servizio pubblico» volto esclusivamente alla crescita culturale e all’unità del Paese.

D. Come evolverà e quali sono gli scenari futuri della pubblicità nell’epoca della complessitàdella comunicazione, dei linguaggi e delle nuove tecnologie? Cosa sta facendo l’Upa per restare al passo con i tempi?

R. È senz’altro una sfida avvincente, non solo per le aziende che investono in pubblicità ma anche per tutti gli operatori del mercato della pubblicità, agenzie, centri media, media. L’Upa da parte sua si è dotata di due «asset» fondamentali: in primo luogo realizza percorsi di formazione di alto livello manageriale per le aree del marketing e dei media al fine di coadiuvare lo sforzo di mantenersi costantemente aggiornati sull’evoluzione della complessità della comunicazione. In secondo luogo l’innovazione delle ricerche che presidiano la misurazione delle audience; Auditel sta realizzando il primo «superpanel» del mondo con 15.600 famiglie per rispondere alla frammentazione degli ascolti; Audipress e Ads si sono aperte alla misurazione delle copie replica digitali, e a breve anche ai «device» su cui sono sfogliate; AudiOutdoor sta varando una nuova ricerca in cui sarà possibile pianificare in maniera integrata, oltre alla statica, anche la dinamica (tram e bus), le metropolitane, gli aeroporti e le stazione di servizio autostradale; AudiWeb sta avviando un processo di rimodellamento della ricerca verso una misurazione 2.0 del nuovo web di cui facciamo esperienza; AudiMovie sta pensando a una ricerca che valorizzi il mezzo; e anche per la radio si sta cercando una strada di evoluzione della misurazione delle audience.

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