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daniela morgante: l’arduo mestiere di gestire la cassa di una citta' come roma

Daniela Morgante, assessore alle Politiche economiche e al Bilancio del Comune di Roma

Avvocato, magistrato della Corte dei Conti, già magistrato del Tar Piemonte, Daniela Morgante ha fatto parte, in qualità di esperto nazionale, della Divisione di Supervisione finanziaria della Banca Centrale Europea di Francoforte. Ha fatto anche parte del Collegio dei Revisori dei Conti dell’Associazione Magistrati della Corte dei Conti e dal 2012 è stata componente del Collegio dei revisori dei conti del Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria. Docente in corsi post-universitari, ha lavorato come avvocato nella Consob e nella Banca d’Italia dove si è occupata di concorrenza finanziaria. È autrice di numerose pubblicazioni in trattati e riviste specializzate. Attualmente è anche assessore al Bilancio del Comune di Roma nella Giunta guidata dal sindaco Ignazio Marino che le ha affidato la delega alle Politiche economiche, finanziarie, di bilancio, di razionalizzazione della spesa per l’acquisto di beni e servizi, di definizione e verifica degli indirizzi gestionali di «Aequa Roma», società per azioni di proprietà del Comune di Roma, addetta alle entrate finanziarie dello stesso Comune.
Domanda. Quali gli effetti della crisi economica in atto sull’attività del Comune di Roma?
Risposta. Come gli altri Comuni, anche quello di Roma risente della politica, intensificatasi negli ultimi tre anni, di pesanti tagli alla finanza locale. Si è modificato l’assetto dei rapporti finanziari tra lo Stato e le Autonomie, e si è quindi accelerato il disegno federalista che prevede il passaggio definitivo dall’attuale sistema di trasferimento di risorse finanziarie dallo Stato agli enti locali alla autonomia finanziaria, di entrata e di spesa, da parte di questi. Ciò ha comportato una modifica dei rapporti tra Stato e Autonomie e un periodo di problemi derivanti dalla riduzione oggettiva dell’ammontare delle risorse finanziarie a disposizione. Nel caso del Comune di Roma l’azione combinata di questi due fattori ha pesato per varie centinaia di milioni di euro. Tra il 2012 e il 2013 le entrate disponibili sono diminuite di circa 575 milioni; è vero che il bilancio del Comune romano presenta numeri molto elevati, ma tutti gli enti locali si sono trovati in un’analoga situazione.
D. I bilanci sono attendibili?
R. Nella misura in cui il bilancio di previsione ha un effetto sempre più slittato in avanti nel tempo, perde la sua funzione di programmazione, di governo anticipato delle entrate e delle spese, per cui per predisporlo, ci si basa sulla cosiddetta spesa storica, quella che si è verificata l’anno precedente. Inoltre nel 2013, poiché la nuova Amministrazione comunale eletta in giugno è subentrata alla vecchia in luglio, ha avuto un minor numero di mesi a disposizione per prendere in mano le redini della gestione. Nel 2012 la situazione economica avrebbe dovuto indurre la precedente Amministrazione ad adeguare la spesa alle prevedibili minori entrate, ma l’operazione non è stata eseguita in modo sufficiente. Cosicché, quando la nuova Amministrazione si è insediata, già dalla prima ricognizione della situazione finanziaria fatta in luglio feci presente il disallineamento dell’entrata e della spesa per oltre 800 milioni di euro.
D. Quali sono ora le prospettive?
R. Per il 2014 il problema è analogo, le risorse sono minori e si devono definire bene gli effetti dell’introduzione della Tasi, perché, in base alla versione contenuta nella legge di stabilità il Comune di Roma registra una perdita del gettito di ulteriori 186 milioni di euro. Problema non solo del Comune di Roma, tanto che l’Anci, che rappresenta tutti i Comuni, ha fatto presente la situazione al Governo ed è allo studio un’ipotesi correttiva diretta a lasciare un maggior margine di manovra ai Comuni, assicurando quanto meno l’invarianza del gettito rispetto all’anno precedente. Quindi occorre attendere che si definisca l’ultima versione della Tasi altrimenti non è possibile elaborare il bilancio in presenza di variabili così consistenti nell’entrata.
D. Quando avverrà questo?
R. Prima si chiarisce la situazione, meglio si potrà gestire la spesa in un arco di 12 mesi ed evitare quanto è successo l’anno scorso, cioè essere costretti a recuperare in poco tempo. Quanto al bilancio pluriennale che abbiamo impostato sul riequilibrio finanziario, è frutto di un’operazione complessa, perché si tratta di incidere su costi già tagliati nel 2013 e ridurre ulteriormente le spese già ridotte. Ovviamente l’equilibrio dei conti è il primo risultato da assicurare perché il Comune di Roma deve operare in condizioni di sicurezza finanziaria.
D. Come raggiungere questo equilibrio con questi tagli?
R. Il problema è innanzitutto gestionale; la programmazione finanziaria dipende da una cornice di fattori che indicano i limiti del bilancio entro la quale realisticamente ci si può muovere; non si può correre il rischio di spendere tutte le risorse nei primi sei mesi dell’anno per poi trovarsi a non poter pagare gli stipendi. Questo non deve assolutamente accadere, quindi innanzitutto si deve garantire la sicurezza finanziaria, e, all’interno di quella cornice migliorare la gestione. Per esempio, in tal senso abbiamo avviato la centralizzazione degli acquisti, un metodo molto più efficiente dell’attuale, che vede al momento gli acquisti compiuti dal Comune e dalle società da esso partecipate molto frammentati nella gestione, con conseguenti notevoli oneri amministrativi e maggiori prezzi.
D. Come si attua questa procedura?
R. Quando, come ora, manca una struttura che si occupi di centralizzare e razionalizzare la spesa, non si producono economie di scala, poiché ogni centro di spesa deve approvvigionarsi di beni e servizi, determinando costi maggiori in termini sia di gestione amministrativa sia di prezzi. La gestione centralizzata di tutti gli approvvigionamenti comporta invece sia per il Comune sia per le società da esso partecipate vantaggi economici per ottenere i quali vanno sostituiti, però, man mano che scadranno, i vecchi contratti con i nuovi. Impiegando procedure centralizzate si avranno vantaggi significativi per il Comune. Ciò non vuol dire che il risparmio previsto, stimato in 230 milioni annui di cui 50 milioni nelle società partecipate, si verificherà tutto quest’anno; ovviamente sono operazioni che richiedono tempo per entrare a regime, dal momento che occorre sostituire i precedenti contratti ma, man mano negli anni, l’Amministrazione costerà meno e disporrà quindi di maggiori risorse da destinare a spese più proficue, quali quelle per gli investimenti. Un altro fattore significativo è costituito dalla trasparenza perché una struttura dedicata consente di uniformare le procedure, di assicurare che tutto sia acquistato attraverso centrali come la Consip, o il mercato elettronico, o gare gestite in modo professionale e trasparente, attività più complessa in presenza di frammentazione dei centri di costo, che rende certamente i controlli più difficili e costosi essi stessi.
D. Che fare in caso di importi particolarmente bassi per i quali è complicato ricorrere alle gare?
R. Tutto questo dovrebbe scomparire, ma la normativa impone comunque un confronto competitivo anche in caso di importi contenuti; di fatto prevalgono alcune prassi per cui singole strutture amministrative e singole società ricorrono ad affidamenti diretti. Ciò non è corretto per ragioni sia di trasparenza sia di costi, perché si opera senza parametri di raffronto. La centralizzazione consente invece di mettere ordine in questa giungla.
D. Questa nuova struttura avrà un nome particolare?
R. Per il momento sarà inserita nel Dipartimento Razionalizzazione della spesa che ha nel proprio interno uffici appositi; è una grande operazione ed è possibile che poi venga realizzata un’apposita unità. Ma intanto era indispensabile cominciare. Istituire una nuova unità avrebbe richiesto tempo, mentre abbiamo la necessità immediata di recuperare risorse sin dal 2014, un anno che si prospetta molto complesso.
D. Si prevedono nuovi interventi nella tassazione degli immobili?
R. Prima di tutto dobbiamo aspettare decisioni definitive in campo nazionale. Quello che posso dire da osservatore dei bilanci e della realtà è che gli italiani, e in particolare le imprese e le famiglie, sono soggetti ad un prelievo fiscale rilevante, almeno quelli che pagano le tasse. Esiste inoltre un problema di giustizia e di equità fiscale nel quale occorre intervenire per il recupero dell’evasione, area molto consistente. Se tutti pagassero le tasse, la pressione fiscale potrebbe ridursi. Compatibilmente con le esigenze di sicurezza finanziaria, l’Amministrazione comunale di Roma intende mantenere invariata la pressione fiscale; nel 2013 ci siamo riusciti, nonostante le difficoltà incontrate. Dobbiamo porre il massimo impegno per riuscirvi anche nel 2014. Il bilancio non deve costituire soltanto una fonte di spesa corrente, ma deve tornare ad essere quella fonte di investimenti che non è più.
D. Quanta parte delle uscite è destinata agli investimenti?
R. Nel bilancio del 2013 su 7 miliardi soltanto circa 500 milioni erano destinati a tale scopo; questo significa che il bilancio pubblico non aiuta l’economia a crescere sufficientemente, obiettivo non facile in questo momento; comunque esso dovrebbe svolgere una funzione anticiclica. Quindi bisogna evitare aumenti di pressione fiscale ma stimolare la ripresa attraverso gli investimenti. Impresa difficile perché le risorse sono insufficienti e la spesa obbligatoria deve essere comunque coperta. Purtroppo si finisce con il ridurre la spesa produttiva. A mio avviso occorre uno sforzo nella riduzione della spesa corrente, anche perché il problema non è solo quanto si spende, ma anche in che cosa si spende. Tutti insieme, politica, parti sociali e categorie produttive, dobbiamo cooperare per giungere a questo risultato.
D. Nella nuova configurazione delle imposte locali si prevedono agevolazioni per le famiglie numerose e indigenti?
R. L’impostazione del legislatore, che è assolutamente condivisibile perché va verso l’equità fiscale, è quella di sgravare quanto più possibile soprattutto chi ha bisogno. Il Comune di Roma, che già nel precedente regime fiscale prevedeva delle agevolazioni, intende mantenerle per le situazioni più delicate, e non gravare su quei soggetti deboli.
D. Si è parlato di privatizzazione di Ama e Atac. Quale futuro hanno?
R. Tutti dobbiamo agire con grande responsabilità, perché i soldi pubblici devono essere spesi bene. E quando vi sono di mezzo i lavoratori e i servizi ai cittadini, si deve spendere il necessario. Ma non è giusto che il cittadino paghi l’inefficienza. Il settore pubblico non deve rinunciare a priori a fare l’imprenditore, ma deve farlo seriamente, senza distorsioni, che vanno rimosse. Il ripristino di una corretta programmazione finanziaria è fondamentale. Con la delibera di bilancio del 2013 abbiamo rideterminato i corrispettivi e i contributi destinati alle partecipate del Comune di Roma, e a questo punto gli imprenditori conoscono il budget a disposizione e con esso si deve raggiungere il pareggio finanziario. Il settore pubblico deve continuare a fare l’imprenditore, ma non con regole diverse, che hanno contribuito a creare l’attuale situazione. Questo non deve più avvenire, non ci sono i presupposti perché avvenga, è nella responsabilità degli amministratori delle aziende comunali vigilare per il rispetto dei compiti di ciascuno.
D. Nella galassia delle società partecipate dal Comune di Roma ve ne è qualcuna che non ha problemi?
R. Per quanto riguarda l’azienda che seguo io, la Aequa Roma che svolge attività di accertamento e di riscossione dei tributi, quando mi sono insediata ho compiuto una prima verifica in seguito alla quale la società si è adeguata al rispetto di alcuni parametri; già nel 2013 ha ridotto del 10 per cento la spesa. Per il 2014 le ho chiesto di allineare la gestione alla riduzione del corrispettivo. Le riduzioni di risorse nel bilancio di Roma si riflettono sui bilanci delle società partecipate, per cui Assessorato al Bilancio, organi di amministrazione delle aziende, sindacati, tutti devono remare in un’unica direzione.
D. A che punto è il decreto Salva Roma?
R. Il Parlamento ha dettato norme che hanno meglio definito i rapporti tra Roma Capitale e la passata gestione commissariale, cioè tra le partite debitorie e creditorie che il Comune ha accumulato durante tale gestione; questo ci comporta ora un risparmio di interessi e un progressivo abbattimento del debito. Ma il problema è più ampio, Roma deve farsi riconoscere anche dal punto di vista finanziario, il proprio ruolo di Capitale.
D. Quali risorse Roma Capitale potrà fornire al settore occupazionale?
R. Nel bilancio attuale una parte è dedicata ad alleviare situazioni difficili e a stimolare nuove iniziative. Bisognerebbe creare occupazione con investimenti, tornare a un’impostazione keynesiana del bilancio pubblico, quindi non solo spesa corrente e sussidi, ma creazione di posti di lavoro, di nuove imprese, di infrastrutture, di innovazione tecnologica, di quei miglioramenti che possano fare da volano all’economia reale.
D. Come si presenta la città ai turisti se si continua a tagliare le risorse?
R. Più riduciamo la spesa corrente, più troviamo soldi per il resto. Dobbiamo valorizzare la capacità di Roma di attrarre investimenti esteri. Se l’Europa è in crisi, altre aree del mondo crescono, registrano esuberante liquidità, cercano Paesi in cui investire. Roma deve migliorare quanto più possibile le relazioni con l’estero. Dobbiamo essere più imprenditori, vendere meglio la nostra merce che è anche culturale e artistica, la bellezza e il fascino della città.   

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