Il nostro sito usa i cookie per poterti offrire una migliore esperienza di navigazione. I cookie che usiamo ci permettono di conteggiare le visite in modo anonimo e non ci permettono in alcun modo di identificarti direttamente. Clicca su OK per chiudere questa informativa, oppure approfondisci cliccando su "Cookie policy completa".

Bruno Walpoth, a Pietrasanta scultura e silenzio

«Ricordi d’infanzia»

La stagione estiva dell’Accesso Galleria di Pietrasanta si apre con la personale di Bruno Walpoth «L’emozione del silenzio». Dal 14 giugno al 16 luglio una piccola comunità di dieci personaggi accoglie il visitatore nelle sale della galleria: dieci presenze, scolpite nel legno di tiglio, di noce, di olmo, che non interagiscono tra loro, assorte nei loro pensieri e nella loro vita interiore. All’osservatore è richiesto di porsi in ascolto, in silenzio, di quel dialogo interno che le sculture instaurano con loro stesse. Bruno Walpoth proviene dalla lunga e gloriosa tradizione degli scultori della Val Gardena: quattrocento anni di storia che negli ultimi decenni ha ritrovato ampio slancio grazie all’opera di grandi artisti come i Demetz, Willy Verginer, Walter Moroder e lo stesso Walpoth. Come le sue opere, Bruno Walpoth è un artista silenzioso che ama lavorare nella solitudine del suo studio a Ortisei. L’intento delle sue sculture, che si ispirano a modelli reali, amici o sconosciuti, non è la realizzazione di un ritratto di un uomo o di una donna in un dato spazio e in un dato momento, ma il realismo delle sue figure va alla ricerca di una bellezza universale: i corpi o i mezzibusti perfetti nella loro aderenza al reale si sostanziano nel silenzio che l’artista ricerca e si sublimano nella rigorosa pulizia della forma che il legno di tiglio sigilla. Walpoth li pone spesso su di una base colorata che scolla le sagome da qualsiasi riferimento spaziale o temporale oppure circonda le plastiche intere di vuoto assoluto. Ne sono un esempio, tra le opere esposte a Pietrasanta, le opere «Nadia» e «Valentina». Il suo metodo di lavoro è molto lento ed estremamente accurato: nella fase iniziale del lavoro usa una motosega per digrossare la figura, poi passa agli scalpelli. Infine lavora la superficie con una raspa. Una volta terminata la fase scultorea stende sulla pelle delle figure un leggero strato di colore acrilico bianco, che non va a celare la texture del legno sottostante con lo scopo di accentuare la carica espressiva dei lineamenti della scultura. Emblematiche le parole dell’artista a tal proposito: «Preferisco levare materia invece che aggiungerla: il processo che mi porta a togliere un po’ alla volta mi riesce meglio ed è più consono a me».

Tags: Maggio 2015

© 2017 Ciuffa Editore - Via Rasella 139, 00187 - Roma. Direttore responsabile: Romina Ciuffa