Papa Francesco, scarpe vecchie da risuolare, modi di vita sfondati da riparare
L'editoriale di Victor Ciuffa
All’indomani dell’esordio del nuovo Papa Francesco, atteso e acclamato da centinaia di migliaia di fedeli in Piazza San Pietro, ma sicuramente da decine di milioni in Italia e da chissà quanti altri in tutto il mondo, qualcuno ha già cominciato a criticare il suo nuovo stile camuffando la propria innata ostilità verso il Vaticano e la Chiesa con un ragionamento pseudo-economico. «Il pauperismo non può mortificare la crescita», è stato il titolo di un articolo di fondo pubblicato da un quotidiano romano il 21 marzo scorso. In esso l’articolista, definendo tutt’altro che spiritosamente il nuovo pontefice «papa low cost», afferma che, invece di «riparare le strade della crescita», gli italiani si sono «lasciati travolgere da una irresistibile onda di pauperismo».
Una posizione nella quale non è difficile vedere la solita, vecchia ostilità verso la Chiesa, attaccata negli ultimi decenni dalla mosche cocchiere dell’anticlericalismo riuscite a diffondere, in larghi strati della popolazione, l’avversità al clero in generale. Non è stata certo la Chiesa cattolica a creare la crisi economica internazionale, europea e italiana; semmai questa è stata causata proprio dallo scostamento, dall’inosservanza, dalla dimenticanza dei valori morali predicati nel bene e nel male da essa, dalle sue decine di migliaia di vescovi, parroci e sacerdoti, a prescindere dai comportamenti di pochi o molti di essi.
Quanto predicato da Gesù Cristo, contenuto nel Vangelo e tuttora diffuso ogni giorno, non solo la domenica, ad oltre duemila anni di distanza, non è la causa di tutti i vizi, i difetti, le colpevolezze che hanno condotto all’attuale crisi economica; semmai è il contrario. Chi scrive di economia dovrebbe soprattutto conoscere le leggi economiche fondamentali. Una delle quali riguarda proprio l’inevitabilità di crisi cicliche dopo un lungo periodo di sviluppo economico.
Non si tratta di fenomeni analizzati e classificati da economisti moderni negli ultimi due o tre secoli. Un economista ante litteram, racconta l’Antico Testamento ovvero la Bibbia, fu, secoli prima di Cristo, Giuseppe figlio di Giacobbe, che interpretò il sogno del faraone d’Egitto predicendo sette anni di vacche grasse seguiti da altrettanti di vacche magre, e suggerì il rimedio: accantonamento volontario o forzoso nei periodi di abbondanza, ossia di espansione economica, di un risparmio da usare negli anni di carestia.
Sono fenomeni e leggi economiche metaforicamente espresse anche da Esopo nella favola sulla cicala e la formica ripresa poi da La Fontaine. Ma questo non l’ha sempre predicato e insegnato la Chiesa? Buoni o cattivi, bravi o mediocri, i preti non hanno ripetuto, in tutti i secoli seguenti, gli analoghi insegnamenti contenuti nel nuovo Testamento, ossia nei quattro Vangeli? Vogliamo scoprire adesso sui giornali l’acqua calda, o sostenere, come volgarmente si dice, che Cristo è morto di freddo?
Dobbiamo aspettarci altri attacchi ed offensive contro la Chiesa e quindi contro i prìncipi morali da essa predicati, sferrati da chi vede i propri interessi lesi o minacciati dalle parabole del Vangelo, dalle parole e comportamenti di Gesù Cristo in difesa dei poveri e degli umili dall’arroganza, prepotenza, protervia e disonestà di certi crapuloni. Abbiamo assistito negli ultimi anni a un crescendo di offese alla Chiesa individuata nel Vaticano, provenienti da Paesi stranieri e lontani, Stati Uniti e Inghilterra in testa. Ossia dai Paesi non solo più ricchi del mondo, ma che un tempo con le colonie e con la schiavitù, oggi con le multinazionali e la globalizzazione, hanno sfruttato - e continuano a farlo - intere popolazioni, Paesi, Continenti.
Se si vuole parlare di economia e di crescita, si deve riflettere su due aspetti. Il primo consiste nel timore del danno immenso, economico e finanziario, certamente causato alle multinazionali straniere dallo stile seguito da Papa Francesco, stile innato, sincero, non certo falso e ingannatorio come la promozione e la pubblicità dei loro prodotti. In un mondo tutto griffato, incitato al consumismo, ingannato da un sistema mediatico di loro proprietà, «l’anello d’oro che diventa d’argento, il crocifisso di ferro, niente ermellino, niente mocassini rossi ma vecchie scarpe risuolate a Buenos Aires–ha scritto il suddetto opinionista–, non rendono di per sé più forte la Chiesa».
A mio parere invece la risposta è: «Sì, e come». Bastano a dimostrarlo le masse di Piazza San Pietro e tanto altro ancora. Secondo aspetto: la crisi è dipesa proprio dall’inosservanza dei principi predicati dalla Chiesa; se i governanti, una certa classe politica e le mosche cocchiere dell’anticlericalismo avessero agito in base ai principi da essa predicati, non si sarebbe giunti a una crisi economica di tale dimensioni; né, sul piano politico, Beppe Grillo avrebbe ottenuto tanti voti nelle scorse elezioni.
Non si «riparano le strade della crescita», cioè non si avvia la ripresa ritornando ai vecchi metodi: agli sprechi, alla disonestà, ai furti di beni e finanze pubbliche, all’assenteismo e all’improduttività dei pubblici dipendenti, all’ingiustificato e in molti casi illegale garantismo sbandierato da sindacalisti operanti per primi nell’illegalità e nell’inosservanza degli obblighi fiscali che gravano invece sulla classe lavoratrice. Non si avvia la ripresa rialimentando consumi inutili, spese improduttive, riti nati dal boom economico degli anni 50-60, proseguiti ininterrottamente, sempre in crescendo.
Colpa dei governanti, dei poteri economici, delle multinazionali se, negli anni 60, anziché le autostrade e i treni in Italia si sono preferite le automobili, come oggi alla cultura appresa in scuole e università severe si preferisce l’incultura di telefonini e del web. Al punto in cui siamo giunti, la soluzione non può venire né dal Vaticano che non ha poteri, né dalla vecchia classe politica, solo parzialmente e insufficientemente rinnovata. La crisi è destinata pertanto a prolungarsi e ad aggravarsi. Se da parte di singoli, di famiglie e imprese non si può fare altro, è bene apprezzare quanto, malgrado disoccupazione, fallimenti, chiusure di aziende, sacrifici e perfino suicidi, si può trarre da essa di positivo, di insegnamento, di preparazione ad una svolta, a una ripresa: a cominciare dal ritorno a precedenti principi, sistemi e stili di vita. Oltre a risuolare le vecchie scarpe per camminare, bisognerà riparare gli sfondati modi di campare.
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