che pensano gli italiani aspettando la ripresa?
L'editoriale di Victor Ciuffa
Che cosa stanno facendo gli italiani in attesa che i politici riescano ad avviare la ripresa economica, o meglio l’uscita dalla crisi? Sempreché vi riescano con la loro sola azione, il che sembra molto difficile alla luce delle passate esperienze. Però c’è stato qualche periodo, subito dopo la guerra, nel quale, in parte per merito dei politici, ma soprattutto per iniziativa e merito di tutti indistintamente gli italiani, in pochi anni si è superata una crisi molto ma molto più grave di quella odierna: c’era un Paese distrutto, famiglie sconvolte da morti, invalidi e soldati ancora prigionieri in Paesi lontanissimi, come l’India, masse e partiti ideologicamente opposti ed anzi violentemente contrapposti. «Eppur si muove», si sarebbe potuto dire, con Galileo Galilei, dell’Italia.
Che succede ora, si muove o non si muove? Per saperlo basta spulciare il web e i giornali, nell’infinità delle notizie riportate, alcune molto significative in senso positivo ed altre in senso negativo. Tra le prime ne scelgo una a caso. Viene dal Sud, dall’Amministrazione provinciale di Isernia che, in collaborazione con la locale Camera di Commercio e con il Comitato per l’Imprenditoria femminile, ha deciso di attivare a titolo gratuito un corso di 50 ore per la lavorazione del merletto a tombolo finalizzato alla valorizzazione dell’antica attività isernina. Previsti solo 13 partecipanti, perché tante sono le postazioni di lavoro disponibili.
Di tutt’altra opinione è Mino Giachino, responsabile nazionale dei Trasporti e Logistica di Forza Italia, il quale invece, ricorda che 50 anni fa, dopo 8 anni di lavori, venne completata l’autostrada del Sole di oltre 750 km. Oggi, dice, le infrastrutture possono offrire due fattori di crescita poco sfruttati, il turismo e la logistica; ma tutta la società italiana deve mobilitarsi contro i «no» che da anni rallentano lo sviluppo e rischiano di farci perdere il treno del futuro.
Secondo il presidente dell’Associazione delle industrie elettriche Anie, Claudio Andrea Gemme, invece, dinanzi a una domanda interna sempre più debole e ad un mercato domestico da riformare, l’export è una necessaria fonte di sviluppo per le imprese dell’industria elettrotecnica ed elettronica italiana. E per incrementarlo l’Anie ha organizzato una missione imprenditoriale dal 25 al 28 novembre scorsi a Riyadh in Arabia Saudita, per presentare agli operatori locali l’eccellenza dei prodotti made in Italy. Anche per il 2015 l’Anie punta sulle partecipazioni fieristiche nei principali mercati esteri.
Secondo Giovanni Palladino, direttore editoriale di «Libera e Forte», testata giornalistica on line «che non percepisce alcun finanziamento pubblico», l’Italia è giustamente unica al mondo purtroppo non solo nel bene ma anche nel male; e si riferisce alla «disastrosa caduta nella trappola delle tre malebestie tanto criticate e temute da Luigi Sturzo negli anni 50: lo statalismo, la partitocrazia e lo sperpero del denaro pubblico. Qualsiasi altro Paese sviluppato, senza quei sorprendenti talenti dotati di vitalità e di cuore, sarebbe già crollato sotto i colpi della peggiore classe politica del mondo occidentale».
In merito ai disastri ambientali, Francesco Vincenzi, presidente dell’Associazione Bonifiche e Irrigazioni, avanza tre richieste: la creazione di una cabina di regia per monitorare lo stato di avanzamento e l’effettiva realizzazione degli interventi necessari; l’approvazione di una legge contro l’indiscriminato consumo di suolo, causa dell’aumentato rischio idrogeologico; l’impiego delle cooperative sociali nella manutenzione del suolo, anche per ottenere oltre 10 milioni di euro del Fondo Sociale europeo. Ma agli agricoltori chi pensa?
Primo Mastrantoni, segretario dell’Aduc, Associazione Diritti Utenti e Consumatori, osserva: «Aree metropolitane è il nome delle nuove Province. Che bufala! Hanno la stessa delimitazione territoriale e le stesse funzioni. Qual’è la differenza? Nessuna. O, meglio, ora c’è un deficit di rappresentanza perché gli organismi non vengono eletti dai cittadini ma dai consiglieri comunali facenti parte dell’Area metropolitana. Si è proceduto alle elezioni indirette degli organismi rappresentativi delle Province. Ma queste non si dovevano abolire? «Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi», scrisse Tomasi di Lampedusa nel romanzo «Il Gattopardo».
Maurizio Genesini, presidente di Assosistema che raggruppa le imprese che garantiscono la sicurezza igienica dei prodotti tessili e chirurgici usati in ambito sanitario, lamenta che i tagli lineari cedono il posto a quelli semi-lineari, ma il risultato non cambia: il settore dei servizi alla sanità, dice, continua ad essere il principale bersaglio della quadratura dei conti pubblici; ed ancora una volta il Governo si preoccupa più di ridurre la spesa che di attuare interventi di razionalizzazione della stessa.
Il Consiglio di amministrazione della Cassa Depositi e Prestiti ha comunicato che potranno superare i 2 miliardi di euro le risorse che gli Enti locali, aderendo al nuovo programma di rinegoziazione dei prestiti da essa concessi, avranno la possibilità di reperire e destinare a nuovi investimenti o alla riduzione del proprio debito. E quindi anche agli sprechi.
Mirko Coratti, presidente del Consiglio comunale di Roma, ha condiviso con i lavoratori la preoccupazione per l’ipotesi di licenziamento dei 700 dipendenti del call center comunale 060606. Ha auspicato che l’Amministrazione comunale riservi maggiore attenzione alla salvaguardia del posto di lavoro e dei livelli retributivi di questi lavoratori che «in questi anni hanno svolto con competenza e professionalità un servizio prezioso per la nostra città». Non ha precisato quanto sono costati e quale beneficio ne abbiano tratto il Comune e soprattutto i cittadini.
Secondo l’Unimpresa, i dati raccolti dai 900 Caf dell’associazione indicano un aumento delle persone che fanno ricorso a varie forme di sussidi: sostegni pubblici per chi perde il lavoro, finanziamenti personali per spese impreviste e non coperte con i redditi, moratorie sui mutui, richieste di anticipo sulla liquidazione per fare la spesa quotidiana, ritardo nel pagamento delle tasse, crescita di rateizzazioni delle cartelle esattoriali, versamenti fatti con denaro prestato o regalato da familiari. Conclusione: cresce la povertà sommersa.
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