misure anti-crisi: l’opposto di quelle suggerite da samuelson
L'editoriale di Victor Ciuffa
Sono oltre mille i parlamentari italiani, ma altre decine di migliaia di persone sono addette al Governo, ai Ministeri, alle Autorità Garanti, alla Giustizia, alle Università, alla Ricerca, alle Regioni, alle Province ecc. È ammissibile che tutta questa gente, ampiamente pagata dallo Stato o, meglio, dai contribuenti, non sappia rispondere a domande elementari sulla situazione economica e sociale italiana, e più precisamente su quello che realmente si richiede per superare la crisi, per avviare la ripresa e reinnescare lo sviluppo? Il mondo politico brulica anche di economisti, di professori di università, di esperti in economia, lavoro, consumi, risparmio, moneta, fisco ecc. Ma sembrano due mondi completamente separati: da una parte quello della politica che procede a tentoni, senza sapere e prevedere quello che succederà, e quindi senza scegliere quello che occorre effettivamente per il bene della collettività; dall’altra, il mondo dei veri studiosi ed esperti di economia politica, politica economica, politica monetaria, scienza delle finanze ecc.
Sono materie che si studiano tuttora giornalmente nelle università, che si leggono su infiniti e ponderosi libri di autori famosi, al di sopra anzi lontani dalla politica, e che hanno trascorso la vita non solo ad insegnare ma soprattutto a studiare i fenomeni economici registratisi nelle varie società e nei vari tempi. Esistono intere biblioteche contenenti le analisi e gli studi compiuti da costoro, volumi in bella mostra e in fila negli studi di politici, ministri, parlamentari, ma generalmente intonsi, anzi del tutto ignorati da questi nostri contemporanei cosiddetti «addetti ai lavori».
Ai quali basterebbe aver letto, se non proprio studiato, ad esempio un testo, in verità apparentemente voluminoso perché costituito da oltre mille pagine e quindi impegnativo, intitolato proprio «Economia», stampato a New York, Toronto e Londra nel 1961 e a Torino, la quinta edizione, nel 1964. Un’edizione in cui l’autore, il Premio Nobel per l’Economia Paul A. Samuelson, scomparso nel 2009, introdusse nuovi capitoli e sezioni sui «problemi vitali dei prossimi decenni: lo sviluppo economico in Paesi di economia avanzata; la mutata posizione internazionale degli Stati Uniti, con tutte le complicazioni nella politica dell’oro e in quella interna; e gli imbarazzanti dilemmi introdotti in tutte le economie occidentali con la possibilità di un nuovo meccanismo inflazionistico sul tipo dell’aumento dei costi». Un profeta, quel Samuelson. Certamente più moderno e più contemporaneo dei vari David Ricardo, Karl Marx, Alfred Marshall, Mill John Stuart, forse anche John Maynard Keynes e tanti altri.
Il nuovo meccanismo inflazionistico prospettato da Samuelson si è verificato negli anni che hanno preceduto la presente crisi, a causa soprattutto dei continui, ravvicinati aumenti dei prezzi dei prodotti petroliferi, che hanno notevolmente contribuito al verificarsi della crisi. Ma di una crisi diversa dalle solite, ad esempio diversa da quella del 1974, epoca dell’Austerità che però fu presto superata dai Paesi interessati. Non era, pertanto, quella profetizzata da Samuelson che, volle il caso, morì proprio all’inizio della presente crisi, molto più profonda, lunga e pericolosa.
Gli attuali governanti europei, e in particolare italiani, stanno cercando tutte le soluzioni idonee per superarla? Che cosa avrebbe indicato, se fosse consultato oggi, Samuelson? Che «è fuori realtà aspettare che le espansioni di investimenti e delle altre spese abbiano effetti (positivi) soltanto sull’occupazione e sulla produzione; si possono aspettare anche cambiamenti (negativi, cioè aumenti) nel livello dei prezzi», ossia una vigorosa ripresa di prezzi, tariffe e salari, cioè dell’inflazione, malattia che ha preceduto e causato proprio la grande crisi attuale. Ed ancora: «Al di fuori della Banca centrale, il Governo ha un’altra possibilità per influire sulla spesa corrente. Fa parte della sua politica fiscale la possibilità di espandere le sue spese: costruire necessarie strade pubbliche e scuole, assumere un maggior numero di funzionari, aumentare le spese della difesa, fare mille altre cose utili o insensate, per aumentare la spesa totale». Questo hanno fatto tutti i Governi italiani negli ultimi decenni, accelerando lo sviluppo economico del Paese, aumentando i redditi e il benessere della popolazione, ma anche il debito pubblico, comunque via via eroso dall’inflazione. L’hanno fatto però in maniera «insensata», proprio come aveva previsto Samuelson, rinunciando per di più alla sovranità monetaria con l’adesione a questo imprevisto e incontrollabile tipo di Unione Europea.
E veniamo al fisco, alle imposte e tasse. Avvertiva Samuelson: «Dove è attesa una recessione breve, gli economisti vorranno ora fare molto più assegnamento su una temporanea riduzione delle aliquote delle imposte che sull’aumento dei lavori pubblici». Poiché questi ultimi comunque non sono possibili visti i diktat dell’Unione Europea sull’aumento del debito pubblico, non resta che la prima strada indicata da Samuelson, la riduzione delle imposte. Proprio il contrario di quanto avviene in Italia.
A dispetto dei veri, grandi economisti, si procede così da noi, e non certo per ridurre, con le nuove entrate, il debito pubblico, finanziare gli investimenti in grandi opere pubbliche, immettere liquidità nel sistema e suscitare conseguenti fenomeni positivi. Quanto agli appelli rivolti ai consumatori e alle imprese di investire la loro residua liquidità o addirittura di indebitarsi ulteriormente per rilanciare i consumi e l’economia, che diceva Samuelson riferendosi agli Usa?
Questo: «È ormai di dominio della Storia che la seconda guerra mondiale fu combattuta in patria in questa maniera: col razionamento e diretto controllo sulla disponibilità dei beni. Il consumo negli anni 1941-1945 fu fissato dal Governo ai suoi livelli minimi; con lo stimolo di appelli patriottici ed altri, vi fu un grande aumento nel lavoro della popolazione civile in ore settimanali e in numero di donne e di anziani occupati; finalmente, con un sistema elaborato di controlli diretti su materiali e investimenti, gli investimenti civili furono ridotti all’osso e le scorte furono esaurite». Raggiungendo risultati, aggiunse Samuelson, che non si sarebbero mai ottenuti con soprattasse più elevate.
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