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etica in formazione. l’ammiraglio cristiano bettini scrive

L’ammiraglio Cristiano Bettini

Sono stati presentati a Roma, nella sede del Centro Alti Studi per la Difesa i libri «Processi decisionali in ambiente complesso» e «La formazione etica», dell’Ammiraglio Cristiano Bettini, già Sottocapo di Stato Maggiore della Difesa e, tra i vari incarichi, Comandante dell’Accademia di Livorno, Ispettore delle Scuole e Capo dell’Ufficio Generale del Personale della Marina Militare. Attualmente presiede l’Organismo indipendente di valutazione delle performance della Difesa, Oiv, presente in ogni Ministero, che collega l’indirizzo politico-amministrativo del ministro e gli obiettivi di carattere militare-amministrativo del Capo di Stato maggiore della Difesa, con la pianificazione finanziaria.
L’Oiv è erede del servizio di controllo interno di ogni ministero che si chiamava Secin, ma nel 2009, pur mantenendo la natura di organo di diretta collaborazione del ministro, ha assunto una forte autonomia che gli consente di lavorare non solo con il ministro o con la Difesa, ma soprattutto con il Ministero delle Finanze e, in caso di criticità, con la Corte dei Conti a cui vanno rilevate le anomalie sensibili. Produce inoltre, autonomamente o su richiesta politica, degli studi mirati su alcune aree particolarmente critiche.
Spiega l’autore: «La finanza dell’amministrazione ha due vettori: il tradizionale bilancio finanziario e il bilancio economico, che discende dalla contabilità analitica. Ma la Difesa ha un terzo vettore: si parla infatti di bilancio tridimensionale, che ricollega i primi due bilanci agli obiettivi strategici del Paese, incrociando i dati con una macchina informatica molto sviluppata nell’ambito di un organismo autonomo e terzo, per poter dare al ministro e alla politica una consulenza effettiva sulla rispondenza tra gli impegni, le risorse e gli obiettivi che la Difesa si è data. Inoltre il bilancio della Difesa–prosegue l’Ammiraglio– si è ristretto moltissimo e proprio per questo bisogna programmare le spese più di prima, ecco perché il project management ha più significato ora di 20 anni fa».
I due libri sono indirizzati all’uomo, alla formazione dei quadri e soprattutto di quella parte che si candida ad essere dirigente. Il primo, «Processi decisionali in ambiente complesso» è rivolto a funzionari che hanno circa 30 anni, esperti ma ancora privi di un quadro generale, bisognosi dunque di raggiungere risultati ancora migliori, sia nel campo della formazione etica che nel campo del project management, non più quello tradizionale. Come accade in Paesi quali Gran Bretagna, Olanda, Francia, la teoria della complessità deve essere insegnata e deve anche costituire uno strumento e un metodo pratico per ragionare; proprio perché il project management è basato sulla complessità, ovvero sull’analisi dei sistemi critici, esso ha avuto successo nell’economia, nella finanza, nello studio ambientale, e persino negli studi demografici.
La complessità non dà soluzioni, bensì è un metodo per insegnare ai nostri ufficiali come ragionare fuori dagli schemi ordinari. «Prima la situazione era completamente diversa, ma oggi non lavoriamo più in sistemi chiusi–specifica l’autore–e i processi che si sviluppano in tutti i settori non avvengono più secondo logiche lineari. La linearità era un sistema artificiale semplificato, in base al quale noi pensavamo si potesse programmare il futuro; oggi i tempi di trasformazione sono diventati molto brevi. I cicli del cambiamento sono così veloci che lo scenario di domani non può più basarsi sui dati e sui parametri di oggi, e devono prevedersi scenari molto diversi, che vanno studiati prima per poter effettuare scelte con strumenti adeguati e con risorse limitate. Bisogna capire che piccole variazioni, finora trascurate, possono portare a effetti devastanti. L’instabilità ha dentro di sé i segnali delle criticità del futuro, e più si aspetta, più le soluzioni possibili diventano migliaia».
Insegnare ai dirigenti le regole generali con cui ragionare: questo è lo sforzo del libro. L’aspetto formativo lo lega all’altro: oggi il problema non è solo formare un ragazzo, ma formare giovani che lavorano nelle istituzioni o in grandi aziende, facendo loro capire che il patrimonio dell’etica, che vuol dire modi per vivere insieme, è un patrimonio comune e una necessità, non una sovrastruttura. Nel secondo libro, «La formazione etica» l’Ammiraglio Bettini sottolinea che l’etica nasce per salvaguardare due presupposti fondamentali: la necessità e la libertà. L’uomo è libero di fare le proprie scelte morali ed etiche. L’etica vive moltissimo del linguaggio che utilizziamo ed è costituita da due componenti, una descrittiva e una razionale. I nostri modi di pensare sono differenziati in base alle lingue, 18 civiltà mediterranee non hanno il verbo «essere»: una civiltà si identifica con il proprio linguaggio.
Ma l’etica è condizionata dalla tecnologia che ha invaso la nostra vita: «Essa, per sua natura, è materia in movimento, prende iniziative e si dà prescrizioni valevoli per un futuro ormai non più lineare, che si sviluppa secondo tempi ormai contratti: l’etica che varrà per i nostri figli sarà fondata su dinamiche sociali che sono già cambiate rispetto a quelle che noi eleggiamo oggi per loro». Quali sono le funzioni rilevanti per l’uomo? «La costruzione dell’identità e l’orientamento al futuro; ma se non si ha un tempo, com’è possibile proiettare la propria identità? Che orientamento posso dare all’etica? La difficoltà di costruire l’identità futura dei giovani di oggi rende ancora più fragili le costruzioni di oggi». (P. N.)   

Tags: Luglio Agosto 2013 libri Ministero della Difesa Difesa

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