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provoca tensioni e rischi di eversione il prolungarsi della crisi economica

di ANTONIO MARINI

Il prolungarsi della crisi economica aumenta i fattori di rischio sul fronte dell’eversione e del terrorismo. A lanciare l’allarme sono i Servizi segreti nella relazione annuale sulla politica dell’informazione per la sicurezza, presentata al Parlamento nel marzo scorso. Se la situazione economica non migliora, si scrive nella relazione 2012, c’è il rischio concreto di un innalzamento delle tensioni sociali e dell’intensificazione delle contestazioni nei confronti di esponenti di Governo e di personalità di rilievo istituzionali, nonché di rappresentanti politici e sindacali, ritenuti incapaci di risolvere i gravi problemi che affliggono il Paese.
Il massiccio ricorso agli ammortizzatori sociali contribuisce indubbiamente a contenere le tensioni, ma non basta a spegnere la protesta che si va espandendo in diversi ambiti, dagli autotrasportatori in Sicilia alla campagna contro Equitalia, dalla TAV alla scuola. In assenza di segnali di un’inversione del ciclo congiunturale, si sottolinea nella relazione, l’innalzamento delle difficoltà occupazionali e delle situazioni di crisi aziendali potrebbe minare progressivamente la fiducia dei lavoratori nelle rappresentanze sindacali, alimentare le rivendicazioni spontanee e acuire la tensione sociale, offrendo nuove opportunità ai gruppi dell’area antagonista per intercettare il malessere e il dissenso, incanalandolo verso ambiti di più elevata conflittualità.
In particolare, l’inasprimento delle tensioni sociali legate al perdurare della crisi potrebbe indurre le componenti eversive dell’estremismo di sinistra ad intensificare gli sforzi per superare le attuali divergenze e frammentazioni interne, e ad inserirsi strumentalmente in tutte quelle realtà caratterizzate da forte disagio sociale, cogliendo nella congiuntura economica un’occasione propizia per il rilancio della lotta armata. Significativa al riguardo è la produzione ideologica di matrice brigatista, specie quella che proviene dagli irriducibili in carcere, nella quale si sollecita un più incisivo attivismo per incanalare le diffuse istanze di proteste in una prospettiva rivoluzionaria.
E ciò in un’ottica che individua quale potenziale bacino di reclutamento, oltre alla storica classe operaia, anche il nuovo proletariato, tra le cui fila particolare attenzione viene riservata ai lavoratori extracomunitari. Secondo i Servizi, il rischio maggiore per la sicurezza delle istituzioni proviene comunque dai gruppi estremisti dell’anarco-insurrezionalismo, la cui minaccia resta potenzialmente estesa e multiforme, suscettibile di tradursi in una gamma di interventi che può comprendere anche attentati spettacolari.
La gambizzazione dell’amministratore delegato dell’Ansaldo Nucleare Roberto Adinolfi, avvenuta a Genova il 7 maggio dello scorso anno, dimostra il salto di qualità di tali gruppi aderenti alla FAI, ossia alla Federazione Anarchica Informale, che raggruppa in sé varie cellule. Per la prima volta in un attentato è stato fatto uso di armi da fuoco e per la prima volta vi è stato un attacco diretto alla persona, per cui si può dire che si sono concretizzate «sul campo» le opzioni di innalzamento dello scontro da tempo teorizzate nei dibattiti interni al movimento antagonista. Al riguardo, vale la pena di ricordare che la FAI ha fatto la sua prima apparizione il 21 dicembre del 2003, con la rivendicazione dell’esplosione avvenuta nei pressi della casa bolognese dell’allora presidente della Commissione Europea Romano Prodi.
Essa si definisce anarchica perché tende alla «distruzione dello Stato e del capitale», ed informale perché priva di meccanismi autoritari e verticistici tipici delle organizzazioni di stampo brigatista. Attraverso la sua struttura «orizzontale» si intende garantire anche l’indipendenza dei gruppi e dei singoli che la compongono, i quali non necessariamente si conoscono tra di loro. Nel volantino di rivendicazione dell’attentato, firmato Nucleo Olga in omaggio ad una militante della formazione terroristica greca «Cospirazione delle cellule di fuoco», detenuta in carcere, gli autori hanno enfatizzato la relativa facilità di esecuzione dell’azione armata proprio per diffondere il messaggio secondo il quale «raggiungere e colpire l’avversario è sempre possibile».
L’attentato ha aperto un acceso dibattito sulle modalità e sulle prospettive dell’anarchismo insurrezionale, facendo registrare un ampio consenso sull’innalzamento del livello di scontro nei principali siti web, anche se non sono mancate le critiche da parte di chi ha accusato gli autori dell’agguato ad Adinolfi di «avanguardismo» e «feticismo armato». Al dibattito sono seguiti reiterati appelli a compiere «interventi più radicali», che non solo abbiano il significato del mero atto di ribellione, ma siano esplicitamente finalizzati al sovvertimento delle istituzioni approfittando della crisi economica, considerata foriera di rilevanti trasformazioni sociali potenzialmente favorevoli al progetto eversivo anarco-insurrezionalista.
Di qui l’esortazione nei confronti di quei soggetti ancora incerti sulla linea da seguire, invitati con forza a superare le esitazioni per cogliere le opportunità offerte dall’inasprirsi del disagio sociale, determinato dal prolungarsi della congiuntura economica. La risposta dello Stato, però, non si è fatta attendere. L’intensificarsi dell’attività investigativa, sfociata nell’arresto di numerosi militanti, ivi compresi i presunti autori dell’attentato di Genova, sembra aver bloccato momentaneamente il piano criminoso. Ma non c’è da stare tranquilli e bisogna stare attenti a non abbassare la guardia.
Sul versante dell’estremismo islamico, la minaccia più concreta resta legata all’eventualità di iniziative autonome da parte di soggetti e microgruppi radicatisi soprattutto nel web. Nella relazione si pone l’accento sulla potenzialità della rete non solo quale strumento di comunicazione e propaganda, ma anche quale foro di indottrinamento operativo. Con particolare riguardo al terrorismo di matrice jihadista, si sottolinea che la strategia mediatica dei gruppi jihadisti è finalizzata da un lato a compensare il significativo ridimensionamento delle capacità operative del nucleo storico di Al Qaeda e, dall’altro, a recuperare terreno rispetto a primavere arabe che mostrano ampi spazi di permeabilità alle istanze salafite più radicali.
In questo senso va interpretata, secondo i Servizi, la messaggistica on-line intesa a strumentalizzare fermenti jihadisti nel Nord Africa e nel Medio Oriente, accompagnata dai reiterati appelli alla jihad di più marcata impronta anti-occidentale. Quanto al territorio nazionale, pur non rilevandosi la presenza di reti autoctone strutturate, né di cellule organiche e di gruppi estremisti attivi all’estero, la maggiore incognita resta legata al fenomeno dei terroristi self starters, singoli soggetti o gruppi isolati che possono decidere di passare all’azione sulla spinta della propaganda che incita al martirio contro cristiani, apostati ed ebrei, specie in relazione ad eventi percepiti come un’aggressione o un’offesa all’Islam.
Un fenomeno, questo, che sembra aver trovato conferma in due distinte operazioni di polizia riguardanti un internauta italofono di origine nordafricana cresciuto nel nostro Paese, e un cittadino italiano convertito alla jihad, entrambi indagati per proselitismo radicale e addestramento operativo sul web.
A livello europeo, la relazione ricorda la vicenda del franco-algerino Mohamed Merah, che nel marzo 2012 si è reso responsabile della strage nella scuola ebraica Ozar Hatorah di Tolosa, nella quale hanno perso la vita tre bambine e un loro insegnante, nonché dell’uccisione di quattro paracadutisti francesi a Montauban in Francia. Il killer è stato poi ucciso il 22 marzo durante un conflitto a fuoco con le teste di cuoio francesi. A quanto pare, il giovane si era recato di recente nella regione densa di campi di addestramento tra il Pakistan e l’Afghanistan, per partecipare alle scuole di formazione jihadista, le cosiddette madrase.
La vicenda di Merah ripropone altresì all’attenzione la minaccia rappresentata dal fenomeno del cosiddetto reducismo, ovvero del rientro in Patria dei volontari di ritorno dai teatri di crisi, i quali, in possesso di un background jihadista, possono trovare impiego sia come reclutatori e istruttori, sia per la condotta di attentati. Alcune pagine della relazione sono dedicate alle nuove forme di finanziamento del terrorismo, con riguardo all’individuazione di attività dirette alla raccolta di fondi destinati al sostegno di organizzazioni o gruppi che potrebbero favorire o alimentare la nascita e la diffusione di ideologie eversive o terroristiche.
In territorio nazionale l’attenzione è stata focalizzata sui flussi finanziari movimentati da soggetti presenti in Italia attraverso: a) pratiche di trasferimento alternative a quella bancaria, quali in particolare il sistematico ricorso al trasferimento di valuta «al seguito» attraverso le dogane aeroportuali; b) operazioni finanziarie sul nostro territorio che hanno manifestato profili anomali in relazione sia alle vigenti restrizioni in campo economico, sia al possibile finanziamento di soggetti contigui all’estremismo islamico; c) movimentazioni di flussi finanziari compiuti con mezzi di pagamento elettronici (carte prepagate); d) attività commerciali e money transfer gestiti da cittadini extracomunitari dediti al trasferimento clandestino di valuta, all’immigrazione clandestina e allo spaccio di stupefacenti.
In questo quadro, sono emerse modalità di trasferimento di valuta per mezzo di SMS inviati attraverso normali cellulari, previa creazione di appositi account (phone account) presso compagnie telefoniche collegate con banche convenzionate o società finanziarie. Il sistema già operativo in diversi Paesi quali l’Afghanistan, il Pakistan e la Somalia, permette di trasferire somme di denaro mediante la semplice trasmissione di un SMS dal cellulare del mittente a quello del destinatario che, in tal modo, si vede accreditare la somma indicata all’interno del messaggio. La semplicità del sistema e la discrezione dell’operazione possono trasformare questo strumento in un canale privilegiato di trasferimento di fondi a sostegno di attività eversive o terroristiche.  

Tags: Maggio 2013 terrorismo Antonio Marini Islam

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