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SETTIMANA SANTA A IGLESIAS: PROCESSIONI, BABALLOTTIS E MATRACCAS

Cristo Morto Descenso Iglesias

Segno tangibile della cultura aragonese dopo quattro secoli di dominazione, le processioni che hanno luogo a Iglesias durante la Settimana Santa sono tra le più antiche e affascinanti d’Italia. Non poteva che essere così, in questa città del sud-ovest della Sardegna, che anche nelle volte in stile gotico – aragonese dei principali edifici religiosi mostra l’influenza spagnola presente nel nome stesso, derivante dallo spagnolo “iglesias”, ossia “chiese”. Ad aprile qui si vive la storia della Passione e della Resurrezione di Cristo: un susseguirsi di avvenimenti che intrecciano tradizioni antichissime, religione, folklore, pathos e sentimenti, anche dei meno credenti, iniziati sicuramente dopo il 1500. Le processioni che vedono impegnata la Confraternita della Vergine della Pietà del Santo Monte, la più antica della città, sono quattro: la processione dei misteri (martedì), dell’Addolorata (giovedì), del monte e del descenso (venerdì mattina e sera). Seguono le tradizionali processioni pasquali con “su incontru” e “s’inserru”, il martedì successivo alla Pasqua.

Martedì Santo (4 aprile) si comincia con la processione dei Misteri: la croce dell’Arciconfraternita del Monte Santo apre questa processione che insieme a quella del Descenso sono le più antiche. Sette quadri plastici a ricordo della Passione di Gesù: orto degli ulivi, cattura, flagellazione, Ecce Homo, salita al Calvario, crocifissione, Addolorata. I giovani baballottis portano a spalla i simulacri; il primo dei quali è particolarmente pesante ed impegna il Santo Monte con parecchi giorni di preparazione. Alla moda spagnola, un consistente ramo d’ulivo, offerto generosamente, viene issato sulla portantina con il simulacro di Gesù in preghiera e adornato di fiori ed essenze mediterranee. Solamente due bambini, con il tradizionale abito penitenziale dei baballottis, vi partecipano; gli stessi che impersoneranno San Giovanni e la Maddalena nella processione del Descenso del Venerdì Santo. Due momenti di sosta e riflessione con predica si terranno nella cattedrale e nella chiesa di San Francesco a spezzare l’itinerario antico lungo il centro storico.

Giovedì Santo è un giorno tra i più importanti per tutta la cristianità: si commemora l’ultima cena, l’istituzione dell’eucarestia e del sacerdozio, l’inizio della Passione di Gesù. È un giorno denso di avvenimenti e di significati: due messe battono il tempo di questa lunga giornata, al mattino quella del Crisma e alla sera la messa nella Cena del Signore, la “missa in Cœna Domini”. Dopo, in tutte le chiese, si legano le campane che si scioglieranno nel Gloria della veglia pasquale del Sabato Santo; il Santissimo Sacramento viene solennemente riposto in una cappella laterale riccamente addobbata, l’altare della reposizione; infine si esce per la visita alle chiese, o meglio a tali altari dove il Santissimo Sacramento è solennemente esposto (l’andare a “fare i sepolcri” che tutti conosciamo). Oltre a veli, tappeti, fiori e candele l’addobbo prevede “su nènniri”: vasi nei quali all’inizio della Quaresima vengono seminati grano e lenticchie che in perfetta oscurità cresceranno dando un fogliame bianco-giallastro, arruffato e ricadente per le lenticchie ed eretto per il grano. A parte le vecchie reminiscenze che li riporta ai giardini di Adone, l’effetto è mitigare il colore dei fiori e dei tessuti, quasi riordinandone la quantità e rendendola attinente al particolare momento.

I baballottis sono i protagonisti della Settimana Santa: bianchi, incappucciati, senza volto e senza tempo, con un abito penitenziale, si materializzano in questo giorno, di tutte le età, invadendo le vie del centro. “Babballottis” in sardo vuol dire piccolo insetto: il significato è avvolto nel mistero ma il loro abito ricorda molto quello degli antichi disciplinanti. È tarda sera quando dall’oratorio del Santo Monte, la chiesa di San Michele, sortisce la processione dell’Addolorata: la Madonna che cerca Gesù prima di essere arrestato. La croce e il simulacro della Vergine della Pietà fanno una breve sosta nelle chiese del centro storico; fuori il chiasso assordante delle matraccas e del tamburo caratterizzano la parte iniziale e la staccano dall’ultima parte della processione caratterizzata invece da un silenzio altrettanto invadente, della quale i germani (i confratelli) del Santo Monte e la statua della Vergine sono protagonisti.

Venerdì Santo si svolgono due processioni: quella del Monte la mattina e del Descenso il pomeriggio. Al mattino, il quartiere alto de Sa Costera fa da palcoscenico alla processione del Monte, la salita al Calvario. La “via dolorosa” vede protagonisti il simulacro di Gesù con la croce e quello dell’Addolorata che l’accompagna. Si rivisitano le varie chiese con un corteo processionale simile a quello del giorno precedente: matracconis, tamburo, croce dell’arciconfraternita, baballottis, confraternita del Santissimo Sacramento, simulacri e germani del Santo Monte che precedono, come in tutte le processioni scortandola, la statua della loro titolare, la Vergine della Pietà. I piccoli baballottis oltre alla matracca portano una piccola croce. Nel primo pomeriggio si ripete, nel riserbo dell’oratorio del Santo Monte e alla presenza dei soli confratelli, la pia pratica del “su scravamentu”: gli obrieri del Descenso schiodano il bel crocifisso seicentesco, snodabile, dalla croce e lo depongono nella lettiga, “sa lattera”. A tarda sera, la processione del Descenso. Un frammento di sacra rappresentazione del funerale di Gesù viene incastonato nel corpo processionale classico: due grandi stendardi, “is vessillas”, precedono San Giovanni e la Maddalena, due maschietti vestiti con abiti orientaleggianti guarniti di monili d’oro; seguono “is varonis”, i nobili, Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo con due inservienti con le scale della deposizione. Anche la foggia delle loro vesti è orientaleggiante e sia le folte barbe che il loro incedere impettito conferiscono un aspetto grave, serio e signorile. Ancora indietro l’artistico e venerato simulacro del Gesù morto, tra luci e lampioni, ricoperto da un velo di tulle e sotto un baldacchino bianco segno di regalità. Il vero funerale di Gesù fu sicuramente povero e veloce, qui viene però rivisto con occhi spagnoleggianti, barocchi, con pompa e ricchezza di orpelli ma anche con la fede, la devozione e il compianto per il figlio dell’uomo che muore per noi. Seguono i germani del Santo Monte con l’Addolorata che stringe al petto la corona di spine; poi in ultimo, la gran croce nera portata a spalle da penitenti senza abito o segno particolare.

Nella notte del Sabato Santo, al canto del Gloria, viene quindi fatto entrare in cattedrale il Cristo risorto e la domenica mattina, a campane festanti, la sua immagine fa un ingresso trionfale mentre la città è attraversata da due nuove processioni: una parte dalla chiesa di San Giuseppe con il simulacro della Madonna e i ragazzi che impersonano la Maddalena e San Giovanni, l’altra dalla cattedrale stessa con Gesù risorto. I cortei si snodano su itinerari diversi, fino al momento del “su incontru”, quando i due gruppi, man mano che si avvicinano, si inchinano tre volte, fino a formare una processione unica, che ritorna in cattedrale, dove il vescovo attende tutti per la benedizione solenne. In quest’occasione, i fedeli offrono ai confratelli “su coccoi de Pasca”, il pane votivo tipico della tradizione locale.

I riti della Settimana Santa di Iglesias riprendono martedì dopo Pasqua quando, conclusa la messa capitolare in cattedrale, si tiene la processione di “s’inserru”, un rito unico, caratterizzato da tre inchini e tre saluti, man mano che le statue di Gesù risorto e della Madonna si separano per essere accompagnati, rispettivamente, nella chiesa di San Francesco e in quella di San Giuseppe.

Non meno interessanti sono i piccoli riti e le usanze nelle case private: è tradizione, il Giovedì Santo, in segno di penitenza, cucinare e donare anche ai poveri una pietanza a base di fave e carne di maiale, condita con aromi ed erbe fresche. Il sabato, invece, al suono del Gloria, è uso percuotere tutte le cose con una canna, per scacciare eventuali spiriti maligni. E per tutta la Settimana Santa gli unici strumenti musicali permessi sono tamburi, raganelle e matraccas, in attesa delle campane, simbolo di gioia, il giorno di Pasqua.

 

Tags: turismo Pasqua Bambino Gesù Chiesa Sardegna Marzo 2023

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