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ansaru, il gruppo terroristico che ha rapito e ucciso silvano trevisan in nigeria

di ANTONIO MARINI

L'efferata strage dei sette ostaggi stranieri, tra cui il nostro connazionale Silvano Trevisan, avvenuta nello scorso mese di marzo in Nigeria, ha riportato alla ribalta sulla scena internazionale il gruppo estremista islamico Ansaru, che si era già reso responsabile del sequestro di un altro nostro connazionale, Franco Lamolinara, e del cittadino inglese Chris Mcmanus, anch’essi rapiti nel nord della Nigeria nel maggio del 2011, e poi uccisi dieci mesi più tardi durante il blitz scattato per la loro liberazione. Nella rivendicazione dell’uccisione sul proprio sito web, Ansaru ha sostenuto, come aveva fatto in precedenza, di aver soppresso i sette ostaggi proprio in seguito al tentativo di blitz organizzato dalle forze nigeriane e britanniche.
Trevisan era stato rapito il 17 febbraio scorso, durante un’azione armata in un cantiere, insieme a due libanesi, a due siriani, a un greco e a un britannico. L’attacco era stato preceduto dall’assalto ad una stazione di polizia e poi da una bomba esplosa vicino al posto di guardia dell’edificio della Setraco, la società di costruzioni libanese per cui lavorava insieme alle altre vittime.
In un comunicato il Ministero degli Esteri ha definito l’uccisione dei sette ostaggi «un atroce atto di terrorismo contro il quale il Governo italiano esprime la più ferma condanna e che non può trovare alcuna spiegazione, se non quella di una violenza barbara e cieca». Il comunicato precisa poi che «nessun intervento militare volto a liberare gli ostaggi è mai stato tentato da parte dei Governi interessati, per i quali l’incolumità dei loro cittadini tenuti sotto sequestro è stata sempre la priorità assoluta», sottolineando che la soppressione degli ostaggi è stata «piuttosto un’aberrante espressione di odioso e intollerabile fanatismo», e aggiungendo che «l’Italia resta fermamente impegnata in tutti i fori internazionali per prevenire e contrastare la piaga del terrorismo, e si adopererà affinché siano assicurati alla giustizia i responsabili di questo brutale atto di violenza».
In un messaggio inviato ai familiari dell’ingegnere Trevisan, il presidente del Consiglio Mario Monti ha definito a sua volta l’uccisione degli ostaggi «un gesto barbaro e codardo, perpetrato contro civili inermi che stavano svolgendo il loro lavoro con grandissima dedizione e professionalità», ribadendo la determinazione del Governo italiano nella lotta senza frontiere contro il terrorismo.
Quanto al gruppo terroristico che si è assunta la paternità dell’attentato non si può fare a meno di rilevare che esso è circondato da un certo alone di mistero. Di sicuro sappiamo che il suo nome completo è «Yama’atu Ansarul Musilimina fi Biladis Sudan», cioè Avanguardia per la protezione dei musulmani nell’Africa nera. Un’altra cosa, che sappiamo con certezza, è che tutti i Servizi segreti occidentali considerano Ansaru uno dei gruppi terroristici più pericolosi nel mondo, e che il Governo britannico l’ha inserito nella lista delle organizzazioni terroristiche allineate ad al Qaeda.
Secondo alcuni analisti, Ansaru rappresenta la formazione scissionista della setta nigeriana dei Boko Haran, considerata una vera e propria organizzazione terroristica di matrice jihadista. Tale termine deriva dalla parola hausa Boko, che significa «educazione occidentale» e la parola araba harman indica figurativamente il «peccato», letteralmente il «divieto». Il nome, liberamente tradotto dalla lingua hausa, significa «l’educazione occidentale è vietata», vale a dire che dura deve essere l’opposizione all’Occidente inteso come corruttore dell’Islam.
Fondato da Ustaz Mohamed Yusuf nel 2002 nella città di Maiduguri con l’idea di instaurare la Sharia nel Borno, il gruppo assurge alla notorietà internazionale dopo le violenze religiose perpetrate contro i cristiani nel 2009. Nel luglio di quello stesso anno Yusuf viene catturato ed ucciso dai militari nigeriani, durante la sua detenzione in carcere. Il suo assassinio segna la deriva violenta di Boko Haran contro le istituzioni nigeriane.
In un recente rapporto del Congresso statunitense, Boku Haran viene considerato una seria minaccia degli interessi degli Stati Uniti, per cui lo stesso Congresso raccomanda all’Amministrazione Obama di prendere le opportune e adeguate contromisure. Presentato alla sub Commissione della Camera dei deputati adibita ad affrontare i temi della lotta al terrorismo, il rapporto evidenzia l’escalation della violenza nella Nigeria dovuta a tale gruppo, le decine di attentati tra i quali quello al Quartiere Generale delle Nazioni Unite di Abujal, avvenuto lo scorso mese di agosto, gli episodi di violenza contro la comunità cristiana, ed infine il pericolo portato da questo gruppo alla stabilità del Paese.
«Boko Haran si è rapidamente evoluto e rappresenta una minaccia emergente per gli interessi degli Stati Uniti», ha detto il relatore Patrick Meehan di fronte ai deputati, aggiungendo poi che «gli Stati Uniti dovrebbero lavorare a fianco del Governo nigeriano per la costruzione di una unità antiterrorismo che possa contrastare adeguatamente, anche con l’uso di moderni apparati di intelligence, l’espansione di Boko Haran. Il rapporto evidenzia, altresì, come Boko Haran acquisti grandi quantità di armi dall’Iran, come dimostra il sequestro del mercantile stracarico di armi di ogni tipo destinate ad esso, avvenuto nel novembre del 2010.
Al riguardo, gli autori del Rapporto, che hanno lavorato in collaborazione con l’Africom, ossia l’United States Africa Command, e con gli apparati di intelligence di vari Paesi, non hanno potuto fare a meno di sottolineare che il Governo di Teheran starebbe tuttora continuando a fornire armi a Boko Haran, facendole transitare per altre strade, presumibilmente attraverso il Banin e il Niger. Ma il fatto più allarmante che emerge dal rapporto è che tale gruppo si starebbe apprestando a portare le proprie azioni terroristiche fuori dai confini nigeriani con l’intento di colpire gli interessi occidentali dell’area, in particolare quelli americani.
Ritornando ad Ansaru, va ricordata la delirante affermazione del suo presunto leader, Abu Usmatul al Ansari, il quale, nell’annunciare il rapimento di Trevisan, ha spiegato di aver compiuto il sequestro «a causa delle violazioni e delle atrocità commesse nei confronti della religione di Allah nei diversi Paesi europei e in altri luoghi, fra cui l’Afghanistan e il Mali». In un video dello scorso anno egli aveva annunciato di aver preso le distanze da Boko Haran perché considerava i suoi metodi «disumani per la comunità islamica», condannando in questo modo la pratica degli attentati con decine di morti che gli integralisti islamici sono soliti realizzare in Nigeria.
L’alone di mistero, di cui si è già fatto cenno, che circonda tale gruppo non fa che alimentare dubbi intorno alla sua attività. V’è chi, come Sahu Sani, influente intellettuale nigeriano e presidente dell’associazione umanitaria «Civil rights Congress», protagonista nel 2011 del più serio tentativo di mediazione per arrivare ad una pacificazione tra il Governo locale e i terroristi, ne nega addirittura l’esistenza, sostenendo che Ansaru è semplicemente un nome dato da Boko Haran ad una propria cellula alla quale è stato attribuito l’incarico di colpire obiettivi occidentali.
Per altri, come il giornalista Hamad Salkida che, a quanto pare, ha avuto la possibilità di avere contatti diretti con il leader di Boko Haran, Abubakar Shekau e con la cerchia dei militanti a lui più vicini, Ansaru sarebbe un’invenzione di Boko Haran per distogliere l’attenzione da sé per quanto riguarda le reazioni che potrebbero recargli troppa pressione da parte delle nazioni occidentali, come il sequestro dei loro concittadini.
L’opinione dei più è, comunque, che all’interno di Ansaru militano guerriglieri che rivendicano legami con i terroristi di al Qaeda, infiltrati in Africa, anche attraverso il movimento terroristico «Agmi» (al Qaeda del Maghreb islamico), attivo nel nord del Mali. Secondo una ricerca del Cesi, Centro Studi Internazionale, in un contesto politico di transizione come quello del Nord Africa, dopo la cosiddetta «Primavera Araba» la spinta destabilizzante di al Qaeda potrebbe trovare altro spazio di azione.
I punti di forza su cui può contare l’organizzazione sono soprattutto due: il primo è «il concetto stesso di qaedismo» che nella regione suscita notevole appeal; il secondo sono «le relazioni transnazionali» con altre organizzazioni terroristiche. Gli autori della ricerca, sottolineano, inoltre, che le formazioni terroristiche ispirate ad al Qaeda sono generalmente in continua espansione, precisando che in determinati contesti le denominazioni tra i vari gruppi perdono di significato e che, a prendere il sopravvento, è quella visione di jihadismo globale che ormai trova in al Qaeda una vera ideologia.   

Tags: Aprile 2013 nigeria sicurezza terrorismo Antonio Marini Islam

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