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RIFORME. TUTTO QUELLO CHE OCCORRE PER UNA GIUSTIZIA EFFICACE

di COSIMO MARIA FERRI, magistrato

Il confronto costruttivo e le incisive proposte recentemente sviluppate da Confindustria sul tema «Le sfide della politica economica» hanno rilanciato il tema della crescita. Anche la magistratura deve sentirsi protagonista e svolgere un ruolo primario perché non si può parlare di ripresa economica e politica industriale se non si ha una giustizia efficiente e rapida. Si parla troppo di giustizia penale e poco di giustizia civile. Credo giunto il momento per la magistratura di aprire un confronto per predisporre modifiche dei processi civile ed esecutivo che possano determinare una svolta. La crisi del sistema giudiziario ostacola lo sviluppo del sistema economico soprattutto per le nuove imprese che preferiscono firmare contratti con partner che conoscono e garantiscono affidabilità.
Vittime dell’inefficienza del processo civile non sono le grandi aziende, che usano l’arbitrato quale mezzo di risoluzione dei conflitti, ma le piccole e medie imprese che sono l’ossatura portante del sistema produttivo del Paese. Un rapporto di un istituto bancario ha evidenziato che l’inefficienza giudiziaria pesa per il 12 per cento sulle piccole e medie imprese collocandosi solo dopo la burocrazia. La concorrenza asiatica incide solo per il 2 e l’inefficienza infrastrutturale per il 7 per cento. Secondo uno studio della commissione tecnica di finanza pubblica del ministero dell’Economia, per l’irragionevole durata dei processi lo Stato dovrebbe pagare un risarcimento di 500 milioni di euro l’anno.
Tutto questo deve fare riflettere legislatore, operatori del settore e soggetti interessati affinché si riprenda un confronto alieno da contrapposizioni ideologiche e ragionamenti di fazione. È auspicabile un clima che veda le parti coinvolte, pur nella distinzione di competenze e responsabilità, discutere sulla qualità di ciascuna proposta piuttosto che criticare le posizioni altrui. L’inefficienza della giustizia civile condiziona la competitività e la capacità di crescita e rende parzialmente inefficaci le riforme realizzate dal Parlamento in diverse materie. Vi è un problema di qualità della giustizia con connessa esigenza di maggiore qualificazione, selezione e continua riqualificazione del personale giudiziario, ma anche un problema di tempestività. Vi è un problema di risorse finanziarie a disposizione della giustizia e di capacità di gestione delle stesse.
Tutto ciò genera costi rilevanti per l’economia. Il rapporto Doing Business della Banca Mondiale e gli studi svolti dalla Commissione europea per l’efficienza della giustizia hanno evidenziato come una non rigorosa applicazione delle leggi determini effetti negativi nei mercati finanziari. Non potendo confidare sulla tutela del proprio capitale, i creditori sono tentati di praticare tassi di interesse più elevati o di concedere minori prestiti condizionando l’accesso degli investitori al mercato dei capitali.
Una giustizia non di qualità scoraggia la creazione di nuove imprese e disincentiva gli investimenti delle imprese industriali, estere o nazionali. L’impossibilità di contare su una pronta tutela in sede giudiziaria distorce la concorrenza perché agevola l’operato di quelle imprese che, radicate nel tessuto economico, offrono una buona reputazione e mantengono o conquistano fette di mercato. L’insicurezza della giustizia induce gli operatori economici stranieri ad evitare l’Italia e quelli italiani ad investire in Paesi terzi, complici l’alto costo del lavoro e una fraintesa tutela costituzionale del lavoratore.
A una giustizia inefficiente corrisponde uno scarso numero di imprese e, in particolare, di società di capitali soprattutto nei settori dipendenti in misura maggiore dalla disponibilità di finanza esterna: in questi casi una tutela adeguata dei finanziatori è essenziale per la crescita. Alcuni rimedi - digitalizzazione del processo civile e rigorosa selezione dei dirigenti degli uffici giudiziari - sono da subito realizzabili senza particolari riforme. In prospettiva si dovrebbe intervenire sulla riduzione e semplificazione dei riti processuali, sulla tecnica di motivazione delle sentenze - da estendere ad esempio solo a richiesta di parte - e sui sistemi formali ormai superati come le notifiche.
La riduzione dei tempi del processo civile richiede quale presupposto indefettibile la possibilità di dotare il giudice di un ufficio costituito da collaboratori qualificati a svolgere le attività preparatorie all’emanazione del provvedimento decisorio, che assorbono tempo all’attività giurisdizionale. La certezza del processo deve essere anche certezza del risultato, ossia attuazione concreta della sentenza quale forma di ristoro del danneggiato e momento essenziale perché tutti comprendano il significato non simbolico della sanzione, percependo la legalità in funzione di orientamento culturale e tavola di valori cui riferirsi nelle relazioni e scambi commerciali.
La riforma del processo civile procede verso la competitività e la celerità. Punta sul ruolo del giudice e sulla sua responsabilità e professionalità. Il numero di fascicoli trattati in udienza dovrà ridursi con effetti positivi per l’organizzazione del lavoro e la produttività: il numero delle cause sarà formalmente inferiore ma sostanzialmente superiore per numero e celerità di decisioni, e imporrà al giudice un studio accurato anche grazie a una maggiore partecipazione dell’avvocato. È necessario chiarire quanto un giudice medio possa effettivamente produrre senza pregiudicare la qualità della sentenza. Sarà indispensabile rivedere l’organico degli uffici giudiziari ridistribuendo il personale in base ai flussi in entrata e ai risultati conseguiti.
Sarà necessario assicurare un’adeguata formazione dei dirigenti chiamati a distribuire le risorse tra i settori civile e penale secondo i flussi in entrata e in uscita. La ragionevole durata del processo civile potrà raggiungersi se i carichi di lavoro dei singoli giudici venissero portati a 300 o 400 cause pro capite. Urge, infine, razionalizzare i troppi modelli processuali esistenti e incentivare forme stragiudiziali di definizione delle controversie. Ed è arrivato il momento di affrontare, con pragmatismo, il problema dell’appellabilità di tutte le sentenze di primo grado.

Tags: investimenti Cosimo Maria Ferri giustizia magistratura Novembre 2010

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