LA GIUNGLA DELLE TV A PAGAMENTO
di MASSIMILIANO DONA, segretario generale dell’Unione Nazionale Consumatori
Alla riapertura dopo le vacanze estive le scrivanie della nostra associazione sono sommerse dalla posta. Ascoltare la voce dei consumatori è un’esperienza stimolante anche perché molti di loro «vedono» cose che possono sfuggire alla nostra osservazione quotidiana. Quest’anno, oltre alla solita miriade di reclami riguardanti disservizi turistici e casi di vacanza rovinata, la piazza d’onore nella classifica delle segnalazioni è stata conquistata dalle pay-tv: forse a causa del recente passaggio al digitale terrestre, o perché durante la stagione estiva si moltiplicano le offerte e la caccia a nuovi abbonati.
Tra quelle che hanno attirato la nostra attenzione, la lettera di un tale che si chiedeva come avremmo reagito «se un cittadino, recandosi al supermercato per acquistare il prosciutto, fosse costretto a prendere anche il formaggio». Evidentemente salteremmo sulla sedia scandalizzati. Ebbene, secondo il nostro amico questa situazione è assai diffusa «perché–prosegue nella lettera–questi filibustieri delle televisioni a pagamento ci ricattano ogni anno, chiedendoci di comperare programmazioni che a noi non interessano».
L’osservazione coglie nel segno: la maggior parte delle persone vorrebbe acquistare solamente il canale al quale è interessata, ma ciò è praticamente impossibile perché ogni anno le pay-tv inventano qualche scusa per fare sì che il calcio (di gran lunga la programmazione che ha la maggiore attrattiva per gli abbonati) non possa essere comprato da solo, ma necessariamente insieme ad altri pacchetti. Del resto il mercato delle pay-tv è davvero una giungla ricca di mirabolanti offerte e promozioni quasi mai vantaggiose, se non per chi le fa. Si pensi alle modalità di pagamento: molti consumatori si lamentano che alcune, come quelle con l’addebito in conto corrente o su carta di credito, siano letteralmente imposte.
«È una vera prepotenza–denuncia un altro nostro iscritto–non solo perché si prevede uno sconto per chi accetta di pagare con addebito automatico (il che sarebbe legittimo), ma per le vessazioni che sono compiute verso chi paga con bollettino postale». E in effetti molti consumatori ci segnalano che può capitare di vedersi sospendere il servizio a causa del «ritardato arrivo del pagamento». A quel punto, il solerte addetto del call-center spiega che, accettando l’addebito si potranno facilmente evitare simili disguidi: il dubbio che si tratti di una vera strategia di marketing scorretto è più che legittimo.
Insomma, si moltiplicano le proteste. Quello delle «tesserine» di Mediaset Premium (dedicate ai singoli eventi) sta diventando un vero e proprio caso: sono improvvisamente «sparite» dal mercato e sostituite da formule di abbonamento poco trasparenti. E naturale, ai signori delle pay-tv conviene assai di più far sottoscrivere gli abbonamenti.
Eppure, a pensarci bene, «pay per view» letteralmente significa «pagare per vedere»: questo era l’intento iniziale della carta prepagata e una delle ragioni del suo successo. Nessun abbonamento, ma una carta da ricaricare periodicamente per poter scegliere, di volta in volta, l’evento televisivo desiderato. Ora la tesserina prepagata non solo ha una data di scadenza (perché mai, viene da chiedersi, se non per derubare il cliente del credito residuo?), ma negli anni ha visto impennarsi i suoi costi. Oggi si acquista a un prezzo iniziale e, successivamente, non basta più ricaricarla per poter vedere una partita di calcio o il film tanto atteso: è necessario acquistare un «Pass Gallery» della durata variabile. Senza la sottoscrizione di questa speciale offerta, la prepagata è inutilizzabile.
Non è finita qui: il catalogo dei reclami si arricchisce delle migliaia di segnalazioni che riceviamo a causa dei numerosi casi di «criptaggio» - l’oscuramento di alcuni canali, come quelli che la Rai mette puntualmente in atto per le partite della Nazionale di calcio - sulle spalle degli utenti: le chiamano «macchie» e continuano ad aumentare per colpa di una strana guerra tra piattaforme. E ancora: ci sono gli addebiti ai clienti senza autorizzazione, il mancato invio della scheda per fruire della visione a consumatori che hanno già pagato, difficoltà per recedere dal contratto, persino i call-center di assistenza ai clienti a pagamento.
Non è piacevole, al ritorno dalle vacanze, fare da cassa di risonanza di tanta rabbia che appartiene alla vita quotidiana di molti italiani. Ma è l’indignazione di chi si vede offeso nei propri diritti nella propria persona. Sono ormai molti i cittadini che non si limitano a scaraventare insulti su un blog, ma ci scrivono perché cessi la prepotenza di chi pensa solo agli affari, consapevole di poter imporre al «popolo» ogni sorta di peripezia: come quel «supermercato della televisione» che vende il prosciutto solo in offerta insieme al formaggio.
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