INDUSTRIA ED ECONOMIA: DIFESA COMUNE EUROPEA, UN SOGNO ANCORA ATTUALE?
Come ci confermano oggi giorno gli allarmanti resoconti dei media, la crisi economica investe ormai tutti i settori. La stima del Pil nell’Eurozona (Ue-17) e nell’Europa a 27 Paesi (Ue-27) resa nota a marzo 2012 da Eurostat, conferma un calo dello 0,3 per cento nel quarto trimestre 2011, anche nell’intera Ue a 27. E per l’Italia è confermato il calo dello 0,7 per cento. Questo è il mero linguaggio dei dati. Ma le conseguenze politiche e sociali della crisi vanno ben oltre l’oggettività dei numeri. In gioco è lo stesso sistema europeo, e la messa in discussione del lungo e complesso percorso che ha portato all’Unione che conosciamo oggi.
Sono in molti a chiedersi se i benefici dell’integrazione economica e monetaria siano superiori ai costi. Del resto, almeno in ambito politico, gli interessi divergono. Ne è un chiaro esempio l’attivismo di Francia e Gran Bretagna in Libia esattamente un anno fa, che ha dilaniato i delicati equilibri istituiti dal Trattato di Lisbona, facendo emergere debolezze e contraddizioni tra Stati membri e tra questi e le fragili istituzioni sovranazionali di Bruxelles in materia di politica estera.
L’assenza di una concreta condivisione della politica internazionale pregiudica inevitabilmente anche una reale politica di Difesa comune. Francia e Gran Bretagna hanno firmato un accordo di cooperazione in materia di difesa che va nella direzione opposta a quella dell’integrazione pan-europea.
Tale asse privilegiato tra Londra e Parigi può essere interpretato come l’applicazione alla politica estera del concetto mutuato dalla collaborazione industriale (nella Difesa) di pooling and sharing: condivisione dei requisiti da parte di più Paesi, ripartendo le spese di sviluppo, industrializzazione e maintenance.
Tuttavia, il pooling and sharing può valere per i programmi industriali e per dei progetti puntuali. Controversa è invece la sua adozione in un settore strategico come la politica estera, la difesa e la sicurezza. In altri termini, il pooling and sharing ha senso solo se le piattaforme sono condivise e la sua efficacia risiede, in ultima analisi, nella volontà politica di ricondurre ad unità esperienze diverse. In questo senso l’industria, per rispondere ad esigenze proprie, anticipa le scelte della politica e prova ad indirizzarle.
La complessiva razionalizzazione dei budget della difesa in Europa impone nuove regole di efficienza a livello sovranazionale; le aziende non possono più sobbarcarsi a spese per la ricerca a fronte di un costante disimpegno dei singoli Stati, con un evidente deficit di competitività nei confronti degli Stati Uniti e dei Paesi emergenti. Solo l’armonizzazione della domanda permetterebbe investimenti più cospicui, efficaci e mirati. Del resto, per non essere condannata all’irrilevanza strategica, la componente europea della NATO deve essere in grado di rispondere nei fatti alle nuove sfide. Non è più tempo di tatticismi, distinguo, regole d’ingaggio differenti sul terreno operativo. Quello che vale, o dovrebbe valere, per l’Afghanistan, vale o dovrebbe valere per il futuro dell’Alleanza nel suo complesso.
In risposta a questo tipo di preoccupazioni, alcuni osservatori si sono espressi in favore dell’accordo anglo-francese ritenendolo potenziale mezzo trainante di successive aggregazioni industriali, intravedendo probabilmente in questo processo uno dei fini fondanti dell’EDA (European Defence Agency). Ma se questo processo virtuoso non dovesse avviarsi, l’EDA ne sarebbe la vittima predestinata e l’asse Londra-Parigi vanificherebbe l’obiettivo di armonizzare e razionalizzare l’industria della Difesa europea, in funzione di requisiti comuni.
Al momento è proprio questo lo scenario che va configurandosi; le carenze di visione politica comune, impongono, all’industria europea nel suo complesso, un ruolo di supplenza, da interlocutore privilegiato delle istituzioni e mediatore tra le parti, consapevole del fatto che, in caso contrario, potrebbe andare incontro ad un rapido ridimensionamento. È dunque necessario che tutti i membri dell’Unione Europea, nonostante la crisi economica, continuino a considerare strategici gli interessi aggregati dell’industria dell’aerospazio e Difesa, rispondendo alle esigenze industriali in termini di regole comuni, finanziamenti per la ricerca, programmi tecnologici condivisi.
D’altronde, in termini di know-how e di trasferimento di tecnologie sensibili tra settore militare, duale e civile, è evidente il peso strategico di questo comparto. Le industrie della Difesa rappresentano un patrimonio di capacità e competenze e di forza lavoro qualificata che non ha pari in Europa. Il raggiungimento di obiettivi così complessi - come la costruzione di una politica comune della Difesa e della Sicurezza a livello europeo - in un momento in cui l’agenda di Bruxelles è dettata dall’emergenza finanziaria e della stabilità dei mercati, è tutt’altro che semplice.
Tuttavia, proprio in virtù delle attuali difficoltà legate alla congiuntura, un serio investimento in una politica comune della Difesa, ed una conseguente razionalizzazione del relativo comparto industriale a livello europeo, creerebbe le basi per un vero e proprio volano della ripresa economica, con positive ricadute sull’occupazione e sull’economia reale. Dunque, è importante che tali temi ritornino con forza nell’agenda delle istituzioni europee, convalidando finalmente gli interessi complessivi che l’industria non ha mai smesso di sollevare, ma che troppo spesso sono stati frustrati da politiche miopi e di breve respiro. In definitiva, il sogno della Difesa comune europea non solo non può tramontare, ma richiede una visione, uno slancio almeno pari a quello che aveva consentito, nel 1957, di creare la Comunità Economica Europea attraverso il Trattato di Roma.
Oltre a un’esplicita volontà di aderire ad un progetto di difesa comune, oltre a un adeguato assetto normativo che consenta all’organizzazione militare di agire in esecuzione di un disegno operativo concertato a livello sovranazionale, risulta indispensabile promuovere una continua sensibilizzazione volta ad agevolare la percezione dei contenuti ideali che ispirano la conformazione di una vera e propria Forza multinazionale, in relazione al progetto che giustifica la difesa comune.
È indubbio, infatti, che solo attraverso la ferma convinzione di operare per la tutela di ideali comuni sia possibile raggiungere livelli di operatività che rendano credibile una strategia di Difesa comune ed affidabile, e una politica di Sicurezza europea, anche nell’ottica di una costante cooperazione atlantica per la garanzia della sicurezza globale. Questo futuro è l’unico possibile. In alternativa, un’Europa priva della dimensione difensiva sarebbe condannata fatalmente al declino e all’irrilevanza.