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CONTRATTI ON-LINE: RAFFORZATA LA PROTEZIONE DEI CONSUMATORI

Con la sentenza emessa il 16 ottobre 2008 la Corte di giustizia dell’Unione Europea ha segnato un punto a favore della tutela dei consumatori che stipulano contratti in rete, rafforzandone la protezione anche in vista dei maggiori rischi che essi corrono usando tale strumento. La vicenda giudiziaria traeva origine dal ricorso della Federazione tedesca dei consumatori contro una compagnia di assicurazioni di autoveicoli che forniva servizi via internet e che si era rifiutata di indicare, oltre al proprio indirizzo postale e a quello di posta elettronica, il numero di telefono, trasmesso invece al cliente solo dopo la conclusione del contratto.
Attraverso una attenta e approfondita analisi della direttiva europea n. 31 del 2000 relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare al commercio elettronico nel mercato interno, la Corte ha stabilito che il prestatore dei servizi è tenuto a fornire ai destinatari del servizio, sin da prima di stipulare qualsiasi contratto con questi ultimi, oltre al proprio indirizzo di posta elettronica, altre informazioni che consentano una presa di contatto rapida, nonché una comunicazione diretta ed efficace. Tali informazioni, sottolinea la Corte, non debbono obbligatoriamente corrispondere a un numero telefonico, ma possono consistere anche in una maschera di richiesta di informazione elettronica, tramite la quale i destinatari del servizio possono rivolgersi via internet al prestatore di servizi, e alla quale quest’ultimo risponde per posta elettronica.
Sono fatte salve le situazioni in cui un destinatario del servizio, che dopo la presa di contatto per via elettronica si trova privato dell’accesso alla rete, chieda a quest’ultimo l’accesso a una via di comunicazione diversa. La conclusione cui è pervenuta la Corte si basa principalmente su una corretta interpretazione dell’articolo 5 della direttiva, che prescrive una serie di obblighi a carico del prestatore di servizi, disponendo che questi deve rendere possibile ai destinatari del servizio l’accesso a talune informazioni minime, tra le quali figurano le sue coordinate, ivi compreso il suo indirizzo di posta elettronica, che consentano a tali destinatari di entrare rapidamente in contatto e di comunicare direttamente e in modo efficace con esso.
Dalla formulazione della norma e in particolare all’espressione «ivi compreso», risulta che il legislatore comunitario ha inteso esigere dal prestatore di servizi, oltre al suo indirizzo di posta elettronica, anche altre informazioni che consentano di raggiungere il risultato fissato dalla direttiva, che si propone l’obiettivo di contribuire allo sviluppo dei servizi della società dell’informazione e alla valorizzazione delle possibilità che il mercato interno offre al commercio elettronico. Una siffatta interpretazione è confermata dal fatto che, tra le informazioni che il prestatore di servizi è tenuto a fornire, figura anche il suo indirizzo postale.
Ciò dimostra che il legislatore comunitario non ha inteso limitare la possibilità di entrare in contatto e di comunicare con il prestatore del servizio, alla sola via di comunicazione costituita dalla posta elettronica escludendo altri tipi di comunicazione non elettronici, utilizzabili in via complementare. Infatti, non potendo ricorrere a un altro tipo di comunicazione, nel caso in cui, dopo una presa di contatto per via elettronica con il prestatore di servizio, il consumatore dovesse trovarsi temporaneamente privato dell’accesso alla rete elettronica, potrebbe essere nell’impossibilità di stipulare un contratto ed essere quindi escluso dal mercato.
Tale esclusione è tale da indebolire e distaccare il settore del commercio on line dal resto del mercato e quindi tale da costituire un ostacolo al funzionamento del mercato interno. Peraltro la direttiva ha anche lo scopo di garantire la tutela degli interessi dei consumatori, che deve essere assicurata in ogni fase dei contatti tra prestatore di servizio e cliente. Sicché una via supplementare di comunicazione può rivelarsi necessaria prima della conclusione del contratto, al fine di evitare taluni errori che possono portare alla stipulazione di uno svantaggioso. Offrire una via supplementare di tipo non elettronico non può essere considerato un grave onere economico per chi offre i propri servizi su internet. Infatti tale prestatore si rivolge normalmente a consumatori che hanno un accesso facile alla rete elettronica e hanno familiarizzato con tale tipo di comunicazione, per cui solo in circostanze eccezionali alla comunicazione elettronica si dovrà sopperire con una comunicazione complementare, non necessariamente telefonica.
Esistono altre vie di comunicazione oltre quelle telefoniche, idonee a soddisfare i criteri di una comunicazione diretta ed efficace, senza intermediari e sufficientemente fluida, come quella effettuata, mediante contatti personali negli uffici del prestatore di servizi con una persona responsabile o mediante telecopia. Quanto alla maschera di richiesta di informazioni elettronica, non v’è dubbio che essa sia in grado di fornire una via di comunicazione diretta ed efficace quando il prestatore del servizio risponde ai quesiti formulati dai consumatori entro un tempo ragionevole.
Tuttavia vi sono situazioni in cui il consumatore può trovarsi privo di accesso alla rete elettronica per varie ragioni (viaggi, congedi, missioni di lavoro), sicché una comunicazione mediante una maschera di richiesta di informazioni elettronica non può considerarsi efficace. Offrire unicamente tale tipo di informazione non è compatibile neppure con la volontà del legislatore comunitario che ha inteso favorire lo sviluppo del commercio elettronico, senza però isolarlo dal resto del mercato interno. Pertanto in tali situazioni il prestatore di servizio su richiesta del consumatore deve fornirgli l’accesso a una via di comunicazione non elettronica, che gli consenta di mantenere una comunicazione efficace.
Una situazione forse eccezionale rispetto a coloro che concludono un contratto in rete, ma che il prestatore di servizi deve prevedere. L’interpretazione data dalla Corte è destinata a produrre conseguenze anche nell’applicazione del decreto legislativo 9 aprile 2003 n. 70, che ha dato attuazione in Italia alla direttiva europea. Dalle disposizioni contenutevi si ricava che il legislatore italiano ha ampliato in taluni casi i requisiti d’informazione previsti dalla soglia minima dell’articolo 5 della direttiva europea, ma per quanto riguarda gli estremi necessari a una comunicazione diretta ed efficace tra prestatore di servizi e consumatori non è andato al di là delle disposizioni comunitarie, che comprendono l’uso di posta elettronica. Ora, grazie all’interpretazione della Corte, anche la lettura delle norme interne deve essere effettuata tenendo conto che i prestatori di servizi, che stipulano contratti in rete agli utenti, non possono limitarsi a indicare l’indirizzo e-mail, ma devono consentire al consumatore di entrare in rapido contatto con essi negli altri modi indicati.

Tags: consumatori contratti internet Antonio Marini Gennaio 2009

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