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ADEPP, UNA BUONA TOTALIZZAZIONE PER LE CASSE PROFESSIONALI

La riforma generale dell’istituto della totalizzazione, recentemente varata dal Governo, viene valutata in modo estremamente positivo dalle casse professionali e dall’AdEPP perché riesce a conciliare le aspettative di tutela previdenziale di chi abbia maturato più periodi contributivi in enti previdenziali diversi e le esigenze di salvaguardia degli equilibri finanziari dell’intero sistema previdenziale pubblico e privato. Il buon livello di contemperamento degli interessi raggiunto dalla tanto invocata riforma consentirà di superare le enormi disomogeneità del panorama previdenziale italiano garantendo, a una platea di beneficiari ben più ampia rispetto a quella considerata dalla precedente normativa - articolo 71 legge 388 del 2000 e suo regolamento di attuazione -, di percepire prestazioni eque, in quanto commisurate al montante dei contributi versati e, soprattutto, sostenibili finanziariamente dagli enti previdenziali che andranno ad erogarle.

Quest’ultimo aspetto, la cui importanza può sfuggire a un primo, superficiale, commento del decreto, è, viceversa, quello principale da evidenziare e l’unico che garantisca realmente una soluzione del problema nel tempo, anche per gli stessi soggetti interessati ad avvalersi dell’istituto, come hanno sempre sottolineato le casse professionali e l’AdEPP. Con grande favore va, quindi, accolto il decreto legislativo che estende il criterio contributivo a tutti i soggetti previdenziali pubblici e privati che erogano quote di pensione traenti origine dalla totalizzazione, sia pure con un correttivo parametrico previsto per le casse che avvicina il calcolo contributivo a quello retributivo in presenza di elevate anzianità di iscrizione nella medesima cassa.

Il vantaggio della totalizzazione è quello di cumulare i periodi lavorativi senza alcuna contribuzione aggiuntiva e di maturare una pensione sommando i diversi periodi per i quali sono stati versati i contributi, con aliquote anche molto diverse tra di loro, nei vari enti previdenziali. Ottenuto ciò, la pensione complessiva non può essere «premiante» ma deve tener conto dell’entità effettiva dei contributi versati e degli equilibri finanziari delle casse professionali e degli altri enti erogatori.

Qualora, peraltro, l’iscritto volesse ottenere il trattamento, eventualmente più favorevole, garantito a chi abbia maturato l’intero periodo contributivo all’interno del medesimo ente, resta sempre aperta la strada della «ricongiunzione» (onerosa) dei periodi assicurativi con conseguente reintegro all’ente di una somma corrispondente alla cosiddetta «riserva matematica».

Del tutto ingiustificate e strumentali, pertanto, appaiono le critiche al provvedimento da parte di chi pretendeva, attraverso l’introduzione di sistemi di calcolo premianti, di ottenere, mediante la totalizzazione, particolari benefici, con oneri addossati alla collettività per gli enti pubblici, o alla platea dei professionisti iscritti per le casse private. Una simile impostazione, tra l’altro, avrebbe completamente snaturato l’istituto facendolo apparire una sorta di «ricongiunzione gratuita» i cui costi sarebbero stati assolutamente insostenibili, in particolare per enti privati chiamati ad applicare la nuova normativa.

A tal fine va considerato anche che il provvedimento varato dal Governo si rivolge a una platea di possibili beneficiari molto numerosa, comprendendo coloro che, pur avendo già maturato i requisiti per il pensionamento presso una gestione, non siano, però, ancora percettori del trattamento per mancanza del requisito anagrafico. Questa previsione, di gran lunga più ampia di quella contenuta nel vecchio art. 71 della legge 388 del 2000, aumenta notevolmente il numero dei soggetti interessati, ed è quella che ha causato i maggiori problemi di copertura finanziaria del provvedimento.

Essa, peraltro, appare assolutamente in linea con i princìpi enunciati dalla corte costituzionale, che tendono a valorizzare, sotto il profilo previdenziale, periodi contributivi che, non essendo ancora stati utilizzati per conseguire un trattamento previdenziale, ben possono definirsi come «silenti» e, quindi, utilizzabili ai fini del conseguimento di un’unica pensione mediante totalizzazione. In questo modo lo scenario previdenziale italiano si completa, secondo le indicazioni a suo tempo formulate dalla corte costituzionale - sentenza n. 61 del 1999 -, offrendo sostanzialmente una doppia possibilità a coloro che, nel corso della propria vita lavorativa, siano stati iscritti a due o più gestioni previdenziali.

Da una parte sarà sempre possibile ricongiungere la propria posizione contributiva presso l’ultima gestione di appartenenza, corrispondendo l’eventuale riserva matematica dovuta in aggiunta ai contributi previdenziali già a suo tempo versati. Dall’altra, sarà concesso, in alternativa, di chiedere, al raggiungimento dei 65 anni, il cumulo gratuito dei periodi contributivi maturati nelle varie gestioni - cosiddetta «totalizzazione» -, con pagamento, pro quota fra i vari enti interessati, di un unico trattamento pensionistico.

La linearità delle scelte operate, pur nel complesso e variegato panorama previdenziale italiano è di tutta evidenza, ed è in linea con le tesi sempre sostenute dall’AdEPP. Solo dopo un congruo periodo di applicazione della nuova normativa sarà possibile porre allo studio eventuali ritocchi che si rendessero opportuni come, ad esempio, quello al controverso limite minimo di 6 anni per accedere all’istituto.
Per ora l’impegno di tutti deve essere rivolto a rendere pienamente operativa la nuova disciplina, in un quadro normativo finalmente stabile e completo. Un doveroso plauso va rivolto, in particolare, al ministro Roberto Maroni e al sottosegretario Alberto Brambilla, che hanno fortemente voluto il provvedimento che completa, con un importante tassello, lo scenario previdenziale italiano. Ora resta da esaminare il problema dell’iniqua doppia tassazione e gli impegni politici - più volte ribaditi - di accogliere le istanze dell’AdEPP per una revisione del regime fiscale della previdenza privata.

di Maurizio De Tilla, presidente della Cassa Forense e dell'AdEPP

 

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