UNIONE EUROPEA. LA NUOVA PROCEDURA DI ATTUAZIONE DELLA NORMATIVA ANTIRICICLAGGIO
L'11 marzo 2008 è stata emanata dal Parlamento e dal Consiglio europeo una direttiva che ha modificato le norme comunitarie dirette a impedire l’uso del sistema finanziario per il riciclaggio dei proventi di attività criminose e per il finanziamento del terrorismo, con particolare riferimento alle competenze di esecuzione conferite direttamente alla Commissione europea. La nuova direttiva n. 20 del 2008 definisce un diverso metodo per determinare le modalità attuazione della precedente direttiva n. 60 del 2005. Le modifiche apportate a quest’ultima hanno l’obiettivo principale di consentire alla Commissione di aggiornare in modo costante ed efficace la normativa comunitaria antiriciclaggio al fine non solo di adeguarla periodicamente agli sviluppi tecnici della lotta contro il riciclaggio del denaro sporco e contro il finanziamento del terrorismo, ma anche di garantirne l’uniforme applicazione.
Si tratta, precisamente, di misure dirette a chiarire gli aspetti tecnici di alcune definizioni contenute nella direttiva numero 60 del 2005; ad adottare criteri tecnici non solo per valutare se determinate situazioni presentino un rischio contenuto o elevato di riciclaggio o di finanziamento; ma anche a valutare se sia giustificato o meno applicare la normativa prevista a determinate persone che esercitano un’attività finanziaria in modo occasionale o su scala molto limitata; nonché ad adeguare gli importi indicati nella stessa direttiva, tenendo conto degli sviluppi economici e delle modifiche dei parametri internazionali.
Tali misure, di portata generale e dirette ad aggiornare ed anche a completare elementi non essenziali della citata direttiva, devono essere adottate d’ora in poi secondo la procedura di regolamentazione con il controllo previsto nell’articolo 5 bis della decisione n. 468 del 1999, come modificata dalla decisione del Consiglio n. 512 del 2006. Tale norma prevede che la Commissione, nell’emanare misure di attuazione, deve essere assistita da un Comitato di regolamentazione e di controllo, composto dai rappresentanti degli Stati membri e presieduto dal rappresentante della medesima.
Il rappresentante della Commissione sottopone il progetto delle misure da adottare al Comitato, il quale esprime il proprio parere a maggioranza entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell’urgenza della questione in esame. Se le misure previste dalla Commissione appaiono conformi al parere del Comitato, la stessa sottopone senza indugio il progetto al Parlamento e al Consiglio europeo per il controllo. Il Parlamento o il Consiglio può opporsi alla sua adozione da parte della Commissione, motivando la propria opposizione con il fatto che il progetto proposto dalla Commissione eccede le competenze di esecuzione previste nell’atto di base; o che non è compatibile con il fine o il contenuto dell’atto di base; oppure non rispetta i principi di sussidiarietà o di proporzionalità.
Se entro tre mesi da quando è stata avanzata la proposta il Parlamento o il Consiglio europeo si oppone, la Commissione non può adottare le misure proposte; comunque può sottoporre al Comitato misure modificate o una proposta legislativa in base al Trattato. Se tuttavia alla scadenza di tale termine né il Parlamento né il Consiglio europeo si sono opposti al progetto, la Commissione adotta le misure di cui al progetto.
Nel caso in cui, invece, le misure previste dalla Commissione non risultano conformi al parere del Comitato, ed anche in assenza di parere, la medesima sottopone senza indugio al Consiglio una proposta relativa alle misure da adottare e la trasmette anche al Parlamento. Sulla proposta il Consiglio delibera a maggioranza qualificata entro due mesi da quando gli è stata presentata. Se entro questo termine il Consiglio si oppone alle misure proposte, queste non sono adottate; anche in questo caso la Commissione può sottoporre ad esso una proposta modificata o presentare una nuova proposta legislativa in base al Trattato.
Se il Consiglio europeo prevede di adottare le misure proposte, le sottopone senza indugio al Parlamento; se invece non delibera entro il termine di due mesi, a questo punto la Commissione sottopone senza indugio le misure al Parlamento europeo, il quale entro quattro mesi dalla trasmissione della proposta può opporsi alle misure in questione, adducendo a motivo della propria opposizione le ragioni sopra indicate. Se entro questo termine il Parlamento europeo si oppone alle misure proposte, queste non potranno essere adottate ed anche in tal caso la Commissione può sottoporre al Comitato un progetto modificato o presentare una proposta legislativa in base al Trattato. Nel caso in cui allo scadere di tale termine il Parlamento europeo non si è opposto alle misure proposte, queste sono adottate a seconda dei casi dal Consiglio o dalla Commissione.
Un altro punto di rilievo della nuova direttiva è rappresentato dal fatto che le competenze conferite alla Commissione non hanno più limiti di durata. Peraltro, la stessa prevede che, entro il 31 dicembre 2010, e in seguito almeno ogni tre anni, la Commissione deve rivedere le disposizioni relative alle proprie competenze di esecuzione, e presentare al Parlamento e al Consiglio europeo una relazione sul loro funzionamento; in essa va esaminata, in particolare, la necessità che la Commissione stessa proponga nuove modifiche alla direttiva, al fine di garantire l’idonea portata delle competenze di esecuzione ad essa conferite.
In sostanza, la Commissione è tenuta a valutare, ad intervalli regolari, il funzionamento delle disposizioni di attuazione, al fine di consentire al Parlamento e al Consiglio europeo di valutarne l’adeguatezza, e di garantire sia l’efficienza che la responsabilità democratica.
Antonio Marini
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