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GUIDO ALPA: RIFORME, GLI AVVOCATI ASSUMONO UN RUOLO PIù ATTIVO

Il triennio appena avviato si prospetta complesso per il Consiglio nazionale forense come per tutta l’Avvocatura: le riforme in atto, sulla disciplina generale delle professioni nei due versanti di diritto statuale e di diritto regionale, la disciplina della professione forense, il diritto processuale, il processo telematico, la disciplina antiriciclaggio, l’ordinamento giudiziario e le tecniche di amministrazione della giustizia, l’attivazione delle Adr ossia delle tecniche per la risoluzione stragiudiziale delle controversie, per citare alcuni dei temi più rilevanti, impegneranno il Consiglio stesso, gli Ordini e tutte le altre componenti associative dell’Avvocatura su due fronti: mantenere intatto il prestigio e il retaggio storico della categoria, adattare le modalità di esercizio della professione in sede difensiva e in sede stragiudiziale, rafforzare l’organizzazione degli interessi espressi in forma associativa, migliorare i rapporti con le istituzioni per essere pronti a governare una realtà dinamica in costante evoluzione. Una realtà che richiede non solo di essere fronteggiata, ma anche di essere prefigurata in anticipo. «Per dirla in termini semplici, si dovrà fare non solo un gioco di rimessa, ma anche d’attacco», sintetizza il presidente del Consiglio nazionale degli ordini forensi prof. avv. Guido Alpa, che illustra in questa intervista le prospettive del settore che interessano non solo gli operatori della giustizia ma tutti i cittadini.
Domanda. Come potete far fronte a questa massa di problemi emergenti?
Risposta. Innanzitutto, chiamando a raccolta tutte le componenti dell’Avvocatura: gli Ordini e le loro Unioni regionali, l’Organizzazione Unitaria Avvocati, l’Associazione Nazionale Forense e quella dei Giovani Avvocati, l’Unione delle Camere penali e ogni altra aggregazione che si preoccupi di promuovere gli interessi della categoria e gli interessi degli assistiti. Il dialogo serrato su singoli obiettivi, i programmi comuni, i congressi nazionali e locali, hanno proprio lo scopo di porre in evidenza i problemi - concreti, vissuti, impellenti - e le prospettive che si delineano nell’ambito della società. E seguire percorsi concertati, anche in collaborazione con la Cassa di previdenza forense. In questo ambito appare perfino superfluo sottolineare l’alta funzione esercitata dall’avvocato: difensore dei diritti, promotore di rapporti economici. Una funzione che è strettamente legata all’amministrazione della giustizia, ma è anche attiva nello sviluppo dei rapporti economici. Una funzione che si riveste di connotati costituzionali e che si proietta nei nuovi mercati, disciplinati dal diritto comunitario e dagli accordi internazionali.
D. Qual è lo scenario che si apre?
R. Sui grandi temi il Consiglio nazionale forense tende a seguire i problemi che investono l’Avvocatura solo quando essi sono insorti, e quindi la sua azione di intervento prende avvio quando già è tracciato il solco che orienta le istituzioni, le componenti dell’Avvocatura e gli altri attori del processo decisionale verso mete che quest’ultima non ha né presentito né delineato. Si avverte l’esigenza di definire una strategia di intervento che non sia solo orientata ad esprimere il parere del Consiglio sulle iniziative assunte dalle altre istituzioni o dalle altre componenti dell’Avvocatura, ma sia prospettica. Vi sono iniziative che debbono essere meditate e condotte in modo da prevenire, piuttosto che seguire ex post, le vicende che riguardano l’Avvocatura.
D. Quali sono e come attuarle?
R. Alcuni esempi tratti dalla recente esperienza riguardano l’assimilazione dell’avvocato all’imprenditore; i rapporti con i consumatori; la valutazione dell’attività e dell’organizzazione degli studi; i settori del mercato professionale attuale e futuro; l’organizzazione della giustizia ordinaria e il processo telematico; l’attivazione di organismi di Adr e di Odr, tecniche queste ultime per la risoluzione stragiudiziale delle controversie via internet. A questi fini, per la definizione delle strategie appare necessario indire giornate di discussione nell’ambito del Consiglio, eventualmente utilizzando strutture anche fuori sede; ricorrere alle riunioni degli Ordini, dal momento che essi sono i primi interlocutori del Consiglio stesso all’interno dell’Avvocatura; istituire un comitato scientifico costituito dai suoi precedenti presidenti e da eminenti personalità, con cui discutere i grandi temi dell’Avvocatura e porre le basi per delineare le strategie di azione.
D. Come prevedete di rinnovare la cultura, la preparazione e l’aggiornamento degli avvocati?
R. La formazione e l’aggiornamento dovranno costituire uno dei pilastri sui quali si incentrerà l’attività del Consiglio Nazionale Forense, anche grazie al rafforzamento delle sue strutture, alla cooperazione con la Fondazione dell’Avvocatura e con il Centro di aggiornamento, e all’ausilio di un esteso, capillare e solido sistema informatico e telematico. Ma occorre innanzitutto chiarire gli obiettivi della formazione. L’attuale sistema schizofrenico, sorto su un disegno di formazione comune alle professioni legali tradizionali, ha mostrato crepe e insufficienze. Quanto alle Scuole di specializzazione, salve le realtà funzionanti in alcuni grandi centri, si è rivelata la loro carenza dal punto di vista sia dei posti non ricoperti dagli aspiranti, sia della qualità dell’insegnamento, sia del grado di preparazione professionale dei partecipanti. Quanto alle Scuole forensi, malgrado promettenti esperienze, si è dovuto registrare l’incapacità dei centri meno attrezzati e più disagiati.
D. Ci sono rimedi in vista?
R. La Commissione istituita presso il Ministero dell’Istruzione per iniziativa del sottosegretario Maria Grazia Siliquini proporrà soluzioni riguardanti il curriculum degli studi delle Facoltà di Giurisprudenza, modalità di accesso all’esame di Stato e linee guida per il tirocinio. Il Consiglio dovrebbe puntare sulla riorganizzazione delle Scuole gestite dagli Ordini. In questo senso l’impegno può essere condiviso con la Fondazione e con il Centro di aggiornamento che, debitamente sostenuti dal punto di vista finanziario e strutturale, dovrebbero allestire un programma di insegnamento a distanza mediante l’ausilio di videocassette, di teletrasmissioni, di tutors locali e di linee interattive con gli Ordini; e, attraverso questi e i tutors, con docenti e discenti, per assicurare a tutti i centri locali, eventualmente accorpati per distretti, un adeguato livello della formazione di base. Il programma dovrebbe essere suscettibile di verifiche scadenzate, per misurarne l’efficienza e la rispondenza alle elementari necessità.
D. Non pensate di usare il sistema informatico e telematico?
R. Esso può essere attivato per l’aggiornamento professionale, non ricorrendo solo all’attività culturale già svolta dal Centro di formazione o direttamente dal Consiglio e dalla Fondazione attraverso seminari, incontri, ricerche promosse, attività editoriali sostenute. Seminari, relazioni, lezioni magistrali, occasioni di discussione dovranno coprire tutte le esigenze di qualificazione e di aggiornamento relative alla legislazione in atto e, de iure condendo, alla tecnica di difesa e alle tecniche dell’attività stragiudiziale, all’adeguamento degli studi professionali alle nuove esigenze create dal mercato. Per l’aggiornamento, a parte le iniziative dei Consigli degli Ordini degli avvocati locali e i rapporti con le Università, e a parte l’organizzazione a distanza, si potrebbe istituire una Scuola superiore dell’avvocatura, nella quale siano chiamati ad insegnare avvocati di prestigio e docenti iscritti all’Albo degli Avvocati, eventualmente trasferitivi per distacco. Alla Scuola potrebbe essere ammesso, con esame per titoli, un numero chiuso di partecipanti per l’acquisizione di diplomi di specializzazione. Occorre accelerare la realizzazione di una rete di collegamento con gli Ordini, delle tecniche di insegnamento a distanza, della promozione di materiali di studio destinati a migliorare e qualificare l’attività professionale.
D. È prevista l’apertura ai Paesi dell’Unione europea, dell’Est e alle relazioni internazionali?
R. Grazie alla progressiva realizzazione del mercato interno comunitario, alla diffusione delle tecniche di commercio elettronico, alla circolazione delle persone in ambito europeo, agli acquisti e agli investimenti nei Paesi comunitari, l’attività giudiziale e stragiudiziale sul piano transnazionale si è via via diffusa negli studi professionali anche di piccole dimensioni. Appare pertanto necessario sviluppare i rapporti con le istituzioni, con le associazioni internazionali e con quelle nazionali dei Paesi membri dell’Unione europea, con i nuovi Paesi aderenti e con quelli nei quali il commercio italiano ha penetrazione. Grazie alla nuova struttura aperta a Bruxelles sarà possibile rafforzare la presenza italiana in sede comunitaria e promuovere contatti a beneficio dell’Avvocatura italiana. E sarà necessario istituire poli di corrispondenti a Londra per i contatti con il versante dell’Avvocatura proveniente dal «common law», e a Parigi per l’organizzazione dei contatti con l’Avvocatura mediterranea, informata a una concezione codicistica e professionale di stampo tradizionale a noi più congeniale.
D. Che cosa occorre per tutto ciò?
R. Grandi capacità innovative: la diffusione delle lingue straniere, in particolare dell’inglese ormai divenuto «lingua franca»; l’istituzione di stages negli studi stranieri per agevolare i contatti e l’accostamento alle diverse mentalità e modalità professionali; la promozione dell’Avvocatura italiana nei mercati riservati ai grandi studi inglesi, francesi, tedeschi e ovviamente statunitensi.
D. Aiuteranno le nuove tecnologie?
R. L’ammodernamento degli studi e dei mezzi di comunicazione e ricerca richiede una rapida conversione di tutti gli avvocati, compresi quelli dei piccoli centri. Ormai la globalizzazione dei mercati implica l’istituzione di rapporti transnazionali che non sono riservati ai grandi centri ma si estendono in modo capillare ovunque. Pertanto occorre pensare a un forte sostegno degli Ordini minori, che sono prevalenti nella nostra esperienza - più di 100 sui 165 esistenti -, e che costituiscono l’ossatura dell’intera categoria; agli avvocati che si avviano all’esercizio della professione; a quelli della provincia costretti a seguire i diversi settori del diritto non potendo frammentare la loro specializzazione in settori circoscritti.
D. Quali iniziative si prevedono per sviluppare le nuove tecnologie?
R. Occorre accelerare la predisposizione di una banca dati informatizzata per avere l’immediata disponibilità, anche da parte di tutti i consiglieri, del materiale da utilizzare. La banca dati potrebbe contenere una sezione per la giurisprudenza del Consiglio nazionale forense, un’altra per i provvedimenti degli altri Consigli nazionali che si occupano di deontologia - notai, commercialisti, ingegneri, architetti, medici -, una terza per la giurisprudenza della Cassazione. In particolare, seguendo gli orientamenti della Cassazione, oltre al controllo sulle decisioni del Consiglio, si potrebbero enucleare regole con cui predisporre una bozza di proposta legislativa diretta a migliorare la procedura disciplinare.
D. Quali suggerimenti date per snellire l’attività giudiziaria?
R. Un particolare rilievo ha ormai la diffusione delle tecniche di risoluzione stragiudiziale delle controversie con la conciliazione, la mediazione, l’arbitrato non più riservato agli affari internazionali e alle questioni di rilevante valore economico ma destinato anche alle questioni riguardanti rapporti tra imprese di piccole e medie dimensioni, e con consumatori, utenti, risparmiatori. La pratica delle Adr deve essere agevolata e diffusa, contemplandosi corsi di formazione e di simulazione di procedimenti per preparare gli avvocati a fungere da difensori, conciliatori, mediatori e arbitri nell’ambito delle procedure ad hoc e delle cosiddette procedure amministrate.
D. Com’è organizzato il Consiglio?
R. Per realizzare l’ambizioso ma ineluttabile programma d’azione esso deve promuovere la riorganizzazione delle strutture, del personale e delle sedi; istituire un Centro-studi permanente in collegamento stretto con le Commissioni di lavoro, con i gruppi di ricerca, con un comitato scientifico altamente qualificato. Ciò anche attraverso la costituzione di una banca dati; il rilancio dei propri mezzi di comunicazione - le riviste Rassegna forense e Attualità forensi-; la partecipazione ad iniziative promosse all’estero come l’European Law Forum; le riviste che in sede accademica si occupano dei problemi dell’Avvocatura.
D. Sul codice deontologico si prospettano novità?
R. L’attività disciplinare resta in ogni caso espressione della funzione primaria del Consiglio. Tale attività soffre delle ambiguità offerte dalla legislazione vigente. Ciò richiede un’analisi approfondita delle discrasie e delle lacune della procedura attuale per prevedere, se opportuna, la delibazione in via preliminare dei ricorsi inammissibili; per prospettare regole relative alla composizione del collegio giudicante; per integrare le regole attuali in modo da prevenire, applicando le regole giurisprudenziali della Cassazione, la riforma delle decisioni del Consiglio; nonché per uniformare lo stile della redazione delle decisioni. Atteso l’impiego delle nuove tecnologie, occorre meditare sull’opportunità di una revisione del codice deontologico che non ignori le esperienze straniere, in particolare quelle in atto nei Paesi più distanti dalla nostra cultura - come quella inglese -, e tuttavia ora leaders nel settore delle professioni.
D. Quali problemi comporta la liberalizzazione del mercato?
R. L’uso di siti internet, di informazioni e comunicazioni riguardanti gli studi professionali e la loro attività nella rete pone delicati e complessi problemi, come pure lo svolgimento mediante la rete di attività professionale di consulenza, conciliazione, arbitrati. Il divieto di pubblicità costituisce un baluardo dell’etica professionale e un caposaldo delle regole speciali richieste dalla nostra professione. Occorre rendere compatibili questi valori e queste regole con le istanze di liberalizzazione del mercato professionale che provengono dagli ambienti comunitari e dagli orientamenti delle Autorità nazionali di garanzia della concorrenza. In seguito all’introduzione della nuova disciplina sulla riservatezza, si rende necessario anche predisporre l’integrazione con essa del Codice deontologico, in collaborazione con il Garante per i dati personali dotato di poteri ordinanti in materia di deontologia per tutte le categorie di soggetti che trattano dati personali. La redazione delle disposizioni da parte del Consiglio di concerto con il Garante consente di rivendicare il potere autodisciplinare della categoria e di negoziarne i contenuti con l’Autorità di vigilanza.
D. L’Avvocatura italiana riuscirà a superare le tante difficoltà esistenti?
R. Ha superato grandi momenti di difficoltà e anche in questa fase non si lascerà scoraggiare. Con il concorso di tutti, il triennio che si è aperto sarà foriero di innovazioni ma anche di soddisfazioni. È l’augurio che rivolgo al nuovo Consiglio, alle componenti della categoria a tutti i colleghi che con la loro diuturna dedizione si applicano alla difesa del diritti, alla promozione degli interessi degli assistiti, all’evoluzione del diritto italiano nel quadro comunitario, all’affermazione di un ruolo più rilevante e consistente dell’Avvocatura.

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